domenica 30 marzo 2014

Pardulas

L'anno scorso non so che mi è preso, ma un giorno mi sono alzata con l'idea di fare le pardulas.
Forse perchè ne avevamo accennato a cena con un collega del consorte che le ama immensamente, o perchè avevo avuto modo di assaggiarle anni fa durante una vacanza elbana a Pasqua, nell'isola c'è una forte presenza sarda, e abbiamo molto amici tra loro.
Vabbè, ricordavo queste paste con tanti becchi, ho subito pensato che mi ero messa in un bel pasticcio, riuscirò mai a rifarle come quelle di Emanuela?
Ma le sfide mi piacciono, quelle culinarie soprattutto.
Chiamai l'amica e le chiesi la sua ricetta, 'mica facile' esordì, 'ci vuole il formaggio fresco sardo, o la ricotta di latteria'...certo, come no?? prendo un volo per Cagliari, anzi no, meglio per Sassari che ci sta la mia amica Vitto, e provvedo per il formaggio.
Ahhahhh! La vera difficoltà è stata fare le proporzioni, perchè loro, essendo famiglie numerose, ne preparano una valanga! Naturalmente presa dall'emozione di essere riuscita a rifarle non le fotografai, ma presi accuratamente nota della ricetta. Non troppo soddisfatta della foto di queste, ho utilizzato quella della placca prima dell'infornata, che cambierò nei prossimi giorni, tanto devo rifarle per una cena.
La ricotta fresca di latteria, con un po' di sforzo, potrei andare in Valtellina a procurarmela in caseificio, di quella buona buona, ma lo scorso weekend in Veneto ho potuto acquistarne di freschissima direttamente al caseificio di Asiago, immaginando di impiegarla proprio per questo scopo.
Voi trovate un valido formaggiaio che ne venda di assolutamente fresca, no ricotte industriali.
Il procedimento è un po' lunghetto ma, alla fine, la soddisfazione di addentare qualcosa di buono, ripagherà lo sforzo.
Certo loro (le amiche sarde) le fanno in famiglia con mamme, nonne, sorelle, zie e cugine che le aiutano. Io ballo da sola.
Comunque, per chi volesse cimentarsi... per gli altri vale un invito sulla terrazza, per gustarle con vista fiume e con un Passito fresco di cantina da assaporare, sardo ovviamente.
In ogni caso auguro una buona domenica a tutti!
Consiglio di iniziare dal ripieno, così mentre riposa si può fare e tirare la pasta.
Dosi per circa 20/24 pezzi

-ricetta-
per la pasta:
250 g semola
50 g fecola
2 albumi
1 cucchiaio colmo di strutto
un po' di acqua, sale
per il ripieno:
600 g ricotta
80 g zucchero
80 g farina
2 tuorli
la buccia di 1 limone e di 1 arancia
2 bustine di zafferano
1 cucchiaino di lievito
Mescolo in una boule, aiutandomi con una spatola, tutti gli ingredienti del ripieno e lo lascio riposare al fresco.
Preparo, anche con l'impastatrice, la pasta che deve risultare morbida ed elastica, lascio che riposi una decina di minuti, sigillandola con pellicola, quindi la faccio a piccoli pezzi che tiro con la macchina fermandomi allo spessore 3, ne ricavo dei dischi di 9 cm di diametro, al centro di ognuno metto un cucchiaio di ripieno (attenzione che in cottura si gonfia un po') e poi sollevo i bordi del disco pizzicandoli, formando 8 becchi per ciascuna pasta.
Le allineo sulla placca rivestita di cartaforno, o dell'apposito foglio di silicone, e le cuocio in forno caldo a 160° per 40/50'.
Il Passito? l'Angialis di Argiolas o il Latinia di Santadi, entrambi ricavati da uve Nasco.
Oppure osare un Chimbanta e Battoro, da uve Monica quindi rosso, di Dettori.
Chissà! dato il ripieno a base di formaggio e non troppo dolce, io un tentativo lo farei, la difficoltà sta nel reperire questo nettare. Ottimo vino da meditazione, se l'abbinamento non fosse perfetto, gustatelo a parte... è divino.


sabato 29 marzo 2014

Spezzatino di vitello con pioppini e patate

Non cucino troppo di frequente la carne, meglio non abusarne e francamente, dato che non amo la fettina in padella, per me sola durante la settimana scelgo una dieta a base di legumi, verdure e carboidrati.
Quando però arriva a casa il consorte alterno carne a pesce, sempre in tagli alternativi.
Quindi, quando sono incappata in un bel pezzetto di polpa di spalla l'ho agguantato al volo pensando subito di ricavarne uno spezzatino.
Avevo già in casa, nel congelatore, una bella vaschetta di pioppini, ho aggiunto qualche patata, del tipo sbagliato perchè si sono disfatte tutte, e via, una cottura lenta e prolungata per rendere la carne tenera e burrosa. Ma si possono accorciare i tempi cuocendo in pentola a pressione.
Mio marito ha apprezzato... strano, no??
Dosi per 4

-ricetta-
700 g polpa vitello un po' mista
300 g pioppini
300 g patate
2 scalogni
olio evo
burro
vino bianco
farina
sale, pepe
prezzemolo tritato
Riduco la polpa a bocconcini, eliminando i nervetti in eccesso se ci sono.
Affetto gli scalogni, pelo le patate e le taglio a tocchi.
Elimino il fondo terroso e pulisco i funghi, dividendo a metà i più grandi, scaldo un velo d'olio e un pezzetto di burro in un tegame assieme agli scalogni, li faccio rosolare piano perchè si carammellizzino gli zuccheri senza bruciare, verso i pezzetti di carne leggermente infarinati, li faccio dorare uniformemente poi li spruzzo con un goccio di vino bianco.
Lascio che evapori, quindi unisco un mestolo di acqua bollente, salo un po' e copro. Continuo la cottura a fiamma moderata per circa 50/60'.
Intanto rosolo a fiamma alta i funghi con un goccio d'olio, in una padella, li salo e gli faccio perdere gran parte della loro acqua. Quindi li aggiungo alla carne.
Dopo 20' che cuoce il vitello unisco anche le patate a tocchi, bagnando con altra acqua se dovesse asciugarsi troppo.
Quando la carne è ben tenera spengo la fiamma e lascio riposare anche per un paio d'ore, dopo aver assaggiato se è giusto di sale e aver macinato un po' di pepe.
Una spolverata di prezzemolo ed è pronto da portare in tavola.

venerdì 28 marzo 2014

Finocchi gratinati ai 4 formaggi

Le settimane scivolano inesorabili, siamo arrivati alla fine di marzo e sta per tornare l'ora legale.
Complice l'inverno non inverno di quest'anno, le peonie in giardino sono pronte per la fioritura, con almeno tre settimane di anticipo. Per fortuna potrò godermi la rigogliosa esplosione dei loro fiori dalle corolle imponenti. Coi petali delicatamente profumati e colorati ho già in mente di preparare una gelatina, come già avevo fatto anni fa, appena abitata questa casa. Vi racconterò.
E poi oggi splende un magnifico sole, evviva! posso lavorare sino allo sfinimento in cucina a patto che questa meravigliosa e calda luce mi riscaldi.
I finocchi sono nel pieno della stagione, se ne trovano di deliziosamente carnosi e croccanti, da farne scorpacciate in pinzimonio. Hanno molte fibre, sono sazianti e praticamente a zero calorie, fatto salvo il condimento del pinzimonio. Io alterno citronette a vinaigrette, oppure li servo come portata accompagnati dalla mia salsina di sardine all'arancia e menta, che è sempre un successone. 
Ve la ricordate la ricetta? No? Vi è sfuggita o non sapete come recuperarla? La trovate  cliccando QUI
Del finocchio non si butta via quasi nulla, le barbine le uso per aromatizzare il pesce in cottura, le foglie più esterne invece le recupero nei gratin al forno. Prima le sbollento, sono parecchio coriacee, poi le stendo a strati in una pirofila con pezzetti di formaggio, recuperati anch'essi in frigorifero, sopra stendo uno sbattuto di uova e latte e via in forno sino a che non si asciuga e si forma una crosticina scura.
Più formaggi userete più sapore avrà il piatto. Se volete, potete ulteriormente arricchire il gratin con salumi, cotto o pancetta o mortadella, tritati. 
Dosi per 4

-ricetta-
le foglie più esterne di 4 finocchi
160 g circa di avanzi di formaggi vari
2 uova
30 ml latte
30 g formaggio grattugiato
20 g burro
sale, pepe
Sbollento le foglie dei finocchi in acqua salata per circa 5', poi le scolo e le faccio asciugare.
Imburro una pirofila quadrata, stendo uno strato di foglie spezzettate, distribuisco pezzetti di formaggi misti e qualche fiocchetto di burro, faccio un secondo strato di finocchi che ricopro col restante formaggio.
In una boule sbatto le uova col latte, sale, pepe e il formaggio grattugiato.
Scaldo il forno portandolo a 180°, verso il composto sopra i finocchi distribuendolo equamente, concludo con qualche altro fiocchettino di burro e inforno per circa 30'.
Ho servito questo gratin caldo come contorno a delle cotolette di lonza di maiale con polenta.

mercoledì 26 marzo 2014

Zucchine alle erbe aromatiche

Il mio erbario sta esplodendo. Salvia, rosmarino, origano, timo e menta stanno mettendo nuove foglie, tenere e profumate.
Cosa meglio di un bel mazzetto odoroso mescolato a semplici zucchine, piccole, dolci e croccanti, prodotte nell'agro romano?
Un veloce passaggio nel wok con appena un goccio d'olio, una breve rosolatura per diventare croccanti e colorate.
Cucina rapida ma saporita, non solo sono ottime come contorno, provatele come condimento a pasta o riso abbinate a qualche scaglietta di formaggio.

-ricetta-
600 g zucchine giovani e tenere
1 cipolla piccola
olio evo
sale
origano, salvia, menta, timo freschi

Lavo, spunto e taglio a rondelle spesse le zucchine, affetto molto sottile la cipolla sbucciata, scaldo un velo d'olio nel wok, ci metto a sudare la cipolla bagnandola con qualche cucchiaio di acqua, quando è tenera e trasparente aggiungo le zucchine, alzo la fiamma e le faccio arrostire velocemente, scuotendo ogni tanto la pentola.
A fine cottura, quando almeno un lato di ogni rondella è ben scurito, correggo il sale e verso le erbe sfogliate e lasciate intere. Mescolo e faccio riposare nella raviera di servizio.
Servo tiepido.

lunedì 24 marzo 2014

Tarassaco bollito, contorno

Oggi niente zuppa, ma un contorno all'antica.
Una volta cotta, questa specie di erba spontanea e selvatica, conditela come vi piace, c'è chi la ripassa in padella con aglio e olio/burro, a me piace semplicemente scolata e condita con olio e limone.
L'altopiano di Asiago è tutto un susseguirsi di dolci colline, che d'estate ospitano mandrie di vacche ovunque, intente a ruminare erba per produrre l'ottimo latte da cui si ricavano i famosi formaggi.
Di questa stagione le mucche sono ricoverate nelle stalle più a valle e i prati ricominciano a rinverdire ricoprendosi di tarassaco, che viene venduto da ogni singolo verduraio e nelle bancarelle dei mercati.
Ne ho acquistato un sacchetto, memore delle erbe che la nonna raccoglieva nei campi dietro la vecchia fattoria e che ci serviva come contorno.
Noi bambini ne andavamo matti, nessuno di noi osava dire che non ci piaceva qualcosa, dopo ore in giro per campi e stradelli di campagna qualsiasi cosa ci mettessero nel piatto era sempre buonissima, non ci vedevamo più dalla fame e mangiavamo con gusto e appetito.
Il tarassaco ha un gusto amarognolo unico, fa bene all'organismo, è diuretico, ricco di vitamine e fibre.

-ricetta-
500 g tarassaco
olio evo
limone
sale
Pulisco bene le pianticelle, eliminando la terra e parte della radice, le lavo più volte sotto acqua corrente poi le metto a lessare in poca acqua bollente, i tempi non sono rapidissimi in quanto è piuttosto coriaceo.
Le scolo quando sono abbastanza tenere, quindi procedo con la rifinitura del piatto.
Posso conservare il brodo di cottura, da aggiungere all'acqua di una minestra oppure per usarlo come decotto depurativo.
Mia nonna strizzava bene le foglie e poi le metteva a rosolare lentamente in padella con un pezzetto di burro e un pizzico di sale, avevano un sapore unico una volte appassite a dovere, che si sposava magnificamente alle uova sode.
Se invece volete fare più velocemente, quando all'assaggio è perfettamente cotto, scolatelo, strizzatelo e servitelo semplicemente condito con sale in fiocchi, ottimo olio extravergine e succo di limone.
Oppure utilizzatelo in zuppe, o anche in risotti, tritato finemente.

domenica 23 marzo 2014

Gelatina o miele di taràssaco

Pochi giorni prima di partire per il week end ad Asiago, camminando la mattina presto lungo l'argine del mio fiume, ammiravo i nasturzi selvatici, i cigni in amore già intenti a costruire il nido (poveri, come al solito si fanno ingannare dalla bassa portata del fiume scegliendo un'area di cannicci affiorata, poi arriverà la solita mini piena dopo piogge abbondanti e si porterà via tutto, nido compreso), le folaghe sempre gracchianti e una moltitudine di gialli fiori di tarassaco.
Sempre previdente, mi ero incamminata con una ciotola e un coltellino, le ortiche non ci sono ancora ma potevo sperare nella fortuna di incappare in germogli di luppolo o asparagi selvatici. Invece mi sono dedicata alla raccolta dei gialli fiori appena sbocciati, ricordandomi di aver letto in un sito di cure officinali con erbe e piante, che si può ricavare uno pseudo miele, che in fondo è una gelatina, dai fiori di dente di leone.
Credevo di averne raccolti un bel po', così mi era sembrato, ma una volta pesati erano solo 3 etti, dose peraltro sufficiente allo scopo, due o tre vasetti ne sono usciti comunque.
Si legge ovunque delle numerose proprietà benefiche del tarassaco, delle sue radici, dei suoi fiori, addirittura i bottoni floreali ancora chiusi si possono conservare sotto sale, come i capperi.
Trovarne moltissimi tutti assieme sarebbe magnifico, mica si può fare la raccolta in due-tre giorni, vanno lavorati subito.
Ebbene, per chi volesse cimentarsi, qualora vi capitasse di passeggiare in prati infestati da questa erba spontanea tanto raccomandata per le due doti diuretiche, digestive e depurative, eccovi il procedimento per ottenere una buona gelatina, ottima abbinata a formaggi freschi o piuttosto saporiti.
Buona domenica di pioggia, eh già, qui ha ricominciato!

-ricetta-
300 g fiori di tarassaco puliti
400 g zucchero grezzo di canna
2 limoni bio
4 chiodi di garofano
1 anice stellato
1, 2 l acqua
Pulisco bene i fiori, fate attenzione perchè tra i fitti petali si nascondono un'infinità di animaletti, poi li sciacquo velocemente più volte, infine li stendo su un telo pulito e li lascio asciugare per almeno 24 ore.
Verso i fiori assieme ai limoni non trattati tagliati a spicchietti in una pentola, li copro con l'acqua e aggiungo le spezie. Porto a ebollizione, lascio cuocere per 30' poi spengo.
Quando il tutto si è intiepidito, scolo i fiori in un colino cinese, conservando il liquido di cottura e strizzando bene la massa solida, schiacciandola con un cucchiaio per estrarre tutti i succhi.
Metto tutto il filtrato e il liquido di cottura di nuovo nella pentola assieme allo zucchero, porto a ebollizione mescolando e quindi faccio restringere a fuoco medio sino a che si addensa leggermente, più o meno ci vorranno 40'.
Intanto lavo e sterilizzo dei vasetti non troppo grandi, verso la gelatina bollente, che sembra liquida ma tirerà raffreddandosi, tappo e capovolgo per 30', poi rigiro i vasetti e li ripongo in cantina solo quando sono completamente freddi.
Meglio attendere una ventina di giorni prima di consumarla.

sabato 22 marzo 2014

Affinity cocktail

Ogni tanto vi descrivo un cocktail, di quelli semplici con pochi ingredienti, in modo che sia più facile realizzarli anche per i non esperti. Sull'uso dello shaker invece bisogna farci un po' la mano...
Mio marito è un bartender perfetto e ama viziarmi, soprattutto quando sto in cucina per ore e ore, allora sa cosa ci vuole per tirarmi un po' su.
Solitamente amo short drink secchi, non troppo femminili.
Questo è una via di mezzo, Whisky e Martini rosso lo addomesticano molto, pensate che la sua nascita risale al 1907, a Broadway, N.Y.C.
Le dosi sono in terzi, originariamente contati in once, ossia circa 30 ml cadauna.
La ricetta prescrive scotch whisky e alcune gocce di Orange Bitter, a volte sostituito con Angostura.
Dosi per 1

-ricetta-
1/3 (30 ml) scotch whisky
1/3 (30 ml) Vermouth Martini Rosso
1/3 (30 ml) Vermouth Martini Dry
2 spruzzi Orange Bitter/Angostura
un pezzetto di scorza di arancia o limone (bio)

Nello shaker versare i liquidi, alcuni cubetti di ghiaccio (almeno 6), quindi tappare e agitare bene.
Versare nella copita da Martini, possibilmente raffreddata, aggiungere la scorza di arancia e servire.

venerdì 21 marzo 2014

Gratin di mezzi rigatoni, salsa Mornay ai porri e filetti di gallinella

Buon primo giorno di primavera! L'equinozio era ieri pomeriggio, oggi siamo ufficalmente entrati nella nuova stagione. E infatti già da domani è prevista pioggia (!) ma uffa (!) si stava così bene...
E' qualche tempo che il pesce capone o gallinella di mare si trova in abbondanza e a buon prezzo al banco del pesce. Pesce piuttosto pregiato e richiesto per la delicatezza delle sue carni bianche, saporite e soffici, è ottimo nelle zuppe ma ancor meglio se sfruttato per sughi di pesce. Ha sempre avuto un prezzo d'acquisto piuttosto elevato, adesso spesso è in offerta tanto che sono andata a documentarmi, domandandomi se, per caso, non fosse d'allevamento.
Appartiene alla famiglia delle triglie, vive nell'Atlantico orientale, dalle coste irlandesi sino al Marocco, ma lo si pesca con reti anche nel Mediterraneo, su fondali sabbiosi piuttosto fondi. Quest'anno persino il consorte ne ha catturati, a traina profonda, due esemplari.
Lo si può acquistare già sfilettato e pronto da cuocere, meglio perchè non c'è lo scarto della grossa testa (a meno che non la si voglia usare per un brodetto) e non si rischia di pungersi con le pinne dorsali.
Per non fare il solito gratin con salsiccia, polpettine, o salumi, ho deciso di impanare nel fioretto di mais i filetti e poi friggerli in olio evo, nel frattempo gratinavo la pasta con una Mornay arricchita da un porro stufato.
Quindi ho estratto le pirofile dal forno e le ho completate coi filetti di pesce. Ne è uscito un piatto di pasta diverso dal solito, ho apprezzato l'accostamento pesce-salsa con formaggio.
Uno sposalizio che va bene anche per i vegetariani ibridi, che spesso accettano di consumare pesce.
Dosi per 4

-ricetta-
400 g filetti di gallinella
320 g mezzi rigatoni o altra pasta corta
50 g burro
40 g parmigiano grattugiato
30 g farina
400 ml latte + 50 ml
3 tuorli
1 porro
fioretto di mais
olio evo x friggere
noce moscata
sale, pepe
Inizio col lavare e spuntare il porro eliminando la parte più verde, quindi lo affetto sottile e lo metto a stufare in una padellina con 20 g di burro e 100 ml di acqua, lo salo un poco lasciandolo appassire per circa 10'.
Quindi preparo la besciamella, sciogliendo 30 g di burro in un pentolino, poi verso la farina e mescolo per tostarla e non farle fare grumi, aggiungo il latte, porto a ebollizione e lascio cuocere circa 10'.
Metto un pizzico di sale, grattugio un po' di noce moscata, verso il formaggio grattugiato e i tuorli, allungo con 50 ml di latte e incorporo tutto.
Da ultimo aggiungo il porro. La salsa Mornay è pronta, la lascio da parte, coperta, e intanto metto a scaldare la pentola con l'acqua per lessare la pasta, quando raggiunge il bollore salo l'acqua, e poi cuocio la pasta molto al dente, la scolo e la condisco con la salsa Mornay.
Nel frattempo infarino col mais i filettini di gallinella, scaldo una padella con olio evo e li friggo facendoli dorare. Li scolo su carta da cucina, li salo un poco e poi li divido in due/tre pezzi con un coltellino affilato.
Divido la pasta in quattro pirofiline individuali ben imburrate, e completo con pezzetti di pesce.
Inforno a 180° per circa 15', poi servo subito in tavola.

mercoledì 19 marzo 2014

Bucatini agli odori e briciole di pandisegale

Della serie, cosa mi cucino oggi? Una robina semplice giusto per terminare il pacchetto avanzato di bucatini, una porzione scarsa. Una ricetta che possono replicare anche i numerosi papà che si dilettano di cucina, così come il mondo della ristorazione ad alto livello è dominato dal sesso maschile, in ambito familiare solitamente sono le mamme le regine della cucina ma, sempre più spesso, si vedono padri ai fornelli, e molti di loro sono ottimi cuochi.
Oggi il calendario festeggia San Giuseppe, auguri a tutti i papà. Spero che in questa giornata di festa, qualcuno cucini per voi. Oppure fatelo voi stessi e stupite i vostri cari con quest'idea semplice ma saporita.
Non occorre granchè in dispensa, cipolla, sedano, porro, capperi e un'idea di zola. Si può fare...
Per dare al tutto un accento croccante, userò briciole di pane di segale (avanzato) abbrustolite.
Vi assicuro, un piatto da re pur nella povertà di ingredienti, saporito e goloso.
Metto comunque le dosi per 4 persone.

-ricetta-
320 g bucatini
80 g zola
1 porro
2 gambi di sedano
1 cipolla
2 cucchiai di capperi al sale
2 o 3 fettine di pane nero di segale
olio evo
sale, pepe
Metto a bagno i capperi in una ciotolina di acqua fresca, e pongo sul fuoco una pentola con abbondante acqua per cuocere la pasta che salerò solo quando bolle.
In una padella capiente scaldo un velo d'olio e ci metto a rosolare piano cipolla e sedano tritati, col porro a fettine, il tutto ben lavato e pulito (oramai non dovrei manco più ripeterlo). Dopo 5' bagno con un mestolino di acqua calda e lascio che le verdure diventino tenere senza disfarsi. Salo pochissimo, dato che poi aggiungerò capperi e zola, devo tenere conto del sale che apporteranno.
Scolo e strizzo i capperi, quindi li unisco alle verdure.
Cuocio la pasta al dente, nel frattempo sbriciolo il pane e lo rosolo in un padellino con appena una goccia d'olio. Spengo quand'è completamente abbrustolito e asciutto.
Verso la pasta nel condimento preparato, la spadello per rivestirla completamente, aggiungo lo zola a pezzettini e salto ancora per mantecare, eventualmente aggiungo un pochina d'acqua di cottura.
Porziono i bucatini nei piatti e li spolvero col briciolame abbrustolito e un po' di pepe macinato fresco, se piace.

lunedì 17 marzo 2014

Semolino per intolleranti e celiaci? col fioretto di mais.

Tanti auguri a tutti i Patrizio e le Patrizia, per gli irlandesi il Saint Patrick's day è festa nazionale.
Io ne conosco solo un paio al femminile, quindi faccio loro tantissimi auguri, la giornata è uno splendore, credo e voglio sperare nell'arrivo della vera primavera. Ciao Patty, un bacione!
Sono rientrata dalla due giorni sull'altopiano di Asiago con un sacco di buoni prodotti, funghi secchi, miele, asparagi, tarassaco, fagioli, formaggi e salumi, dolci e stoffe.
Quasi ovunque in Italia si possono reperire un'infinità di cose buone ma, nell'intera zona dell'altopiano, che si estende per 160 kmq, dovrei girare con gli occhi bendati come un cavallo bizzarro, per controllare le uscite.
Ovviamente abbiamo onorato la tavola locale assaggiando di tutto e di più, regalandoci piatti di uova e asparagi, tosella in padella, canederli al formaggio. La cucina è una commistione di piatti regionali tra Veneto e il confinante Trentino, la lotta tra formaggio Asiago e Vezzena è durissima. Il consorte ha fatto un'intero servizio fotografico in un caseificio del Vezzena, vicino a Lavarone.
Abbiamo dovuto rinunciare all'acquisto delle famose patate di Rotzo per mancanza di spazio in auto. Peccato, ci toccherà tornare apposta...
Non vedo l'ora di realizzare qualcosa di buono con i radicchi matti, alias tarassaco, che viene venduto in abbondanza ovunque nell'altopiano dei 7 comuni, di assaporare con calma una fetta di tosella arrostita in padella con buon burro di montagna, di grattugiare un po' del saporito Asiago stravecchio.
Non mancherà l'assaggio della tipica torta asiaghese, la Monte Ortigara, che strani i corsi e ricorsi della mia vita, la mia prima casa da bambina era situata in via Monte Ortigara.
Ieri sera, piuttosto stanchi e provati dalle 40 ore di bagordi per vista e stomaco, ho fatto un classico semolino per quietare l'appetito senza pesare sulla digestione, sapendo che poco dopo avrei toccato il letto addormentandomi all'istante.
Siccome avevo un resto di fioretto di mais l'ho disciolto nel brodo come fosse semolino, ottenendo una polentina lenta saporita e leggera, quasi da ospedale, adattissima anche ai celiaci perchè non ha glutine.
Perciò eccomi qui a spiegarvi il semolino per intolleranti.
Buona settimana a tutti!

-ricetta-
30 g fioretto di mais per persona
250 g brodo a testa
sale, burro

Scaldo il brodo, al solito io lo conservo pronto in bottiglia, nel congelatore.
Quando arriva a bollire piano verso il fioretto, mescolo cercando di non fare grumi, al limite uso la frusta a immersione per eliminare quelli che si formano nonostante tutto, e poi lascio sobbollire piano per circa 20', girando ogni tanto con un cucchiaio di legno.
Al termine condisco con un pezzetto di burro e con un paio di cucchiai di formaggio grattugiato e servo subito. Se lo lasciate riposare si addensa sempre di più. Se lo preferite più liquido diminuite un pochino la dose di fioretto.

domenica 16 marzo 2014

Torta di mele in padella

Buona domenica a tutti. Con amici e consorte siamo in giro per montagne e altopiani, siamo ad Asiago a fare scorta di formaggi e non solo. Conoscete questa bella cittadina in provincia di Vicenza? Merita una visita, ha un'atmosfera vagamente austro-ungarica nelle case ben tenute, l'aria è pulita, e ci sono un sacco di specialità gastronomiche da accaparrarsi.
In quanto dì di festa, oggi vi lascio una dolce ricetta, e sì! avete letto bene, vi parlo di una vera torta, cotta in padella. A dire il vero in padelle, perchè io uso quelle doppie, avete presente? quelle che abili imbonitori, sulle bancarelle dei mercatini, vantano essere una vera bomba in cucina, e in effetti così è!
Sono antiaderenti, comodissime e assicurano frittate sempre perfette.
Dai, su! tutti a comprarne un paio, oltretutto hanno un costo abbordabilissimo, mai più di 15€, e durano moltissimo se non si graffiano con utensili metallici.
Ne rimarrete soddisfatti assicurandovi frittate favolose e torte perfette. Senza bisogno di usare il forno, esigenza che sento particolarmente quando sono in case di vacanza, che ne sono prive.
La ricetta l'ho scovata girovagando per il web intanto che, due domeniche fa, aspettavo iniziasse la serata degli Oscar, visione abortita dopo una mezz'ora circa di sproloqui vari e poca sostanza. Per la show vero avrei dovuto attendere ben oltre l'una di notte ma, data l'ora cui abitualmente mi sveglio, è già tanto se rimango sveglia sino alle 23. Non mi restava che appellarmi a San videoregistratore...
Per cui annotai l'indirizzo web del blog di Cristina, Kitchen Cri, che aveva postato la soluzione miracolosa. E alcuni giorni dopo mi rilessi con calma dosi e procedimento.
A dire il vero ricordo che nonna Antonina, la mamma di papà, usava un fornetto da appoggio sulla fiamma del gas che si chiamava Petronilla, purtroppo andato perduto svuotando la casa alla morte del nonno e, grosso modo, credo che questa cottura si possa assimilare a quella che si otteneva con quell'arnese che aveva una grossa campana poggiata sopra una pentola.
Brava Cristina, la mia versione è molto diversa, in foto, dalla tua, adesso avrò qualcosa su cui studiare, elaborando altre ricette di torte 'in padella', con nuovi ingredienti. Già nella prossima torta di mele credo che ingloberò la frutta a dadini all'impasto, in modo da averne di più all'interno. La texture del dolce è buona, tenete presente che deve cuocere a fuoco bassissimo sul bruciatore più piccolo, e che magari ci vogliono anche 20' per lato, ma se non volete o non potete accendere il forno, dedicare 40' alla cottura di un dolce è comunque normale.
In più è un dolce privo di burro, al suo posto ho usato olio di vinaccioli.
Ho già in mente una versione con altra frutta, stay tuned.
Usate un set di padelle di 24 cm di ∅.

-ricetta-
375 g farina 00
250 g yogurt bianco
120 g zucchero
60 ml olio di vinaccioli (o altro olio di semi)
3 uova
1 limone, succo e scorza
2 mele
1 bustina di lievito
1 pizzico di sale
cannella e zucchero a velo per spolverare
In una boule sbatto con le fruste le uova e lo zucchero, sino a renderle gonfie, bianche e spumose, poi aggiungo lo yogurt, la farina setacciata col lievito e un pizzico di sale, la buccia grattugiata di mezzo limone e mescolo bene per inglobare tutti gli ingredienti, quindi verso l'olio e una mela sbucciata e fatta a dadini. L'altra la taglio a fettine che spruzzo con succo di limone.
Ungo con un goccio d'olio una delle due padelle, la metto sul gas facendola scaldare molto bene, poi verso l'impasto livellandolo e affondandoci le fettine di mela, quindi pongo la padella sul bruciatore più piccolo a fiamma bassa, e copro con l'altra padella sempre appena unta. Se non ho le doppie uso un coperchio, con cui mi aiuterò per girare la torta a metà cottura.
Lascio cuocere per circa 20', vedrete che la torta lievita occupando anche la parte della padella posta al di sopra. Quindi capovolgo e faccio cuocere anche l'altro lato per ancora 15/20'.
Si dovrà formare una crosticina dorata e quando è cotta emanerà un leggero profumo di dolce.
Trasferisco la torta su una gratella in modo che possa raffreddarsi, quindi la spolvero con un po' di cannella in polvere e con zucchero a velo.
Provate anche voi!! E' ottima a colazione con una tazza di caffelatte oppure per merenda col tè.

sabato 15 marzo 2014

Trippa risottata o grattonato

Nel corso della puntata finale dell'ultima edizione di MasterChef Italia, i tre finalisti si sono dovuti confrontare con piatti della tradizione culinaria regionale, portate servite di norma nelle osterie del belpaese, come le sarde in saor tipiche veneziane, i tortelli di zucca, proposti in tutta la bassa padana e la trippa risottata, antica ricetta lucana.
Appena ho sentito quest'ultima ho fatto un salto in poltrona... mai sentita nominare.
Per forza, è una ricetta tipica della Basilicata, tradizionalmente servita nei pranzi di matrimonio.
A base di trippa ovina, nella ricetta originale, si può e si deve, sempre che si voglia rifare qui da noi, usare trippa bovina.
Rare volte dedico così tanta energia nella ricerca di notizie a proposito di qualcosa che mi interessa. Cosa volete che vi dica, da amante della trippa il solo nome mi aveva stuzzicato, durante una pausa pubblicitaria cercai sul tablet qualche notizia in merito senza trovare alcuna menzione del piatto, due giorni dopo, approfondii la ricerca trovando uno scritto di Federico Valicenti, il cuoco-oste che la presentò in trasmissione, proprietario del locale Luna Rossa a Terranova del Pollino, ultimo comune della provincia di Potenza situato sulle falde del monte Calvario e confinante con la provincia di Cosenza. Nel raccontare dei tradizionali banchetti di nozze, descrive anche come fare questo piatto di trippa. Un po' sommariamente ma, tra le indicazioni scritte e quelle viste in trasmissione mi sono fatta un'idea e mi sono buttata.
Ieri poi, rimettendomi alla ricerca, ho visto spuntare ricette secondo le quali riprodurre la trippa risottata, peccato che, con la versione originale, abbiano ben poco a che spartire.
So che non avrò molto seguito con questa proposta, mi rivolgo agli amanti della trippa cui consiglio vivamente di provare a cucinarla. E' un piatto gustoso e non troppo difficile da fare.
Della ricetta originale ho dovuto omettere la coratella e il fegatello ovino, per motivi di difficile reperimento, però mi sono permessa di aggiungere qualche peperone di Senise, i cosidetti cruschi, prodotti tipici coltivati nella stessa zona e provincia. Nelle indicazioni infatti si fa cenno a polvere di peperone rosso, non piccante proprio come i cruschi, per cui assieme ad un bel cucchiaio di pimento, ho messo tre cruschi a pezzettini.
Dal momento che la trippa si deve tritare a coltello, non occorre che sia del tipo centopelli o foiolo, va benissimo la chiappa o cuffia, e siccome deve cuocere risottandosi mescolata a uova e pecorino, per non allungare troppo la cottura, che comunque è lunga rischiando di stracciare le uova, l'ho ulteriormente bollita in un brodo aromatico che ho poi usato, mescolandolo a brodo di manzo, per ultimare la cottura.
Dosi per 6

-ricetta-
1 kg di trippa di manzo
200 g pecorino
4 uova
3 peperoni cruschi (facoltativi)
1 litro di brodo di carne
1 cucchiaio colmo di polvere di peperone dolce (paprika)
1 cucchiaio di strutto
1 cucchiaio d'olio evo
sale, pepe
sedano, carota, cipolla, alloro per il brodo
Metto a scaldare abbondante acqua con le verdure a tocchi, quando prende il bollore la salo e ci metto la trippa ben lavata. Lascio cuocere per circa un'ora, se voglio dimezzare i tempi faccio tutto con la pentola a pressione, cuocendola per 40' dal fischio.
La scolo e conservo, filtrandolo mezzo litro circa di brodo di cottura, che mescolo ad altrettanto brodo di carne.
Grattugio il pecorino, quindi preparo un composto miscelandolo a 4 uova sbattute, una presa di sale e un'abbondante macinata di pepe nero.
Quando la trippa si è intiepidita la trito a coltello e la mescolo al composto di uova e formaggio.
Scaldo olio e strutto in una pentola capiente, quando sono molto caldi verso il peperoncino in polvere, lo faccio tostare, facendo attenzione a che non bruci, quindi verso la trippa condita, la mescolo per farla tostare, e inizio ad aggiungere il brodo caldo a mestoli, lasciandolo assorbire ed evaporare prima di aggiungerne altro. Dopo un quarto d'ora metto anche i cruschi a pezzetti, così si reidratano.
Dopo circa 30' dall'inizio, il piatto è pronto.
Insolito, saporito, una vera delizia, che il consorte ha voluto accompagnare con un Bordeaux delle Graves, un Grand Vin, corrispondente al second vin, che non ha nulla da invidiare al primo vino dello château di provenienza. Vendemmia 2002, ancora fresco e vivo, con spiccati aromi di frutta matura e una leggera speziatura, un bel colore rubino carico con appena un'unghia granato, davvero elegante e perfetto per accompagnare la sapidità del piatto. Château Crabitey, di Arnaud de Butler, propriétaire viticulteur à Portets.

venerdì 14 marzo 2014

Merluzzo al forno con limoni confit

Una sera ho invitato alcuni amici briviesi a cena, la scusa era di brindare ad anniversari vari, molto vicini tra loro.
So che Angelo e Simona non gradiscono molto la carne, perciò come secondo, in alternativa, ho scelto filetti di merluzzo nordico freschi, esaltandone il sapore con limoni confit, scalogni, cetriolini in agrodolce e insalata di puntarelle.
Una portata fresca e leggera, da gustare anche di sera.
Il merluzzo, diviso a bocconcini, l'ho prima infarinato e dorato in un velo d'olio in padella, in modo che si compattasse per non sfaldarsi in cottura.
I limoni confit, tipica conserva marocchina, me li preparo da sola ogni anno. Se non avete voglia di sfogliare il blog alla ricerca della ricetta, cliccate QUI , procuratevi limoni carnosi e biologici, sale marino integrale e fatevi il vostro barattolo che userete, dopo un adeguato tempo di riposo, per arricchire, con un sapore esotico e unico, piatti di carne o pesce o insalate vegetali.
Un bel mazzetto di scalogni a filetti, saltati nella stessa padella nella quale ho rosolato e sigillato il merluzzo, e una bella e fresca insalata di puntarelle, croccante e verde, condita con uno dei miei oli preferiti, il biologico Carusìa di Viragì, estratto da olive prodotte sui monti Iblei, saporito ma delicato (trovate il link diretto all'azienda nella striscia a lato: alla voce 'vi potrebbe interessare anche...') .
Calcolate circa 150 g di merluzzo per persona, ossia un filetto medio pulito.
Dosi per 6

-ricetta-
800/900 g merluzzo fresco in filetti puliti
4 scalogni lunghi
4 cetrioli in agrodolce
1 limone confit
olio evo
farina
sale, pepe
Riduco a striscioline il merluzzo eliminando con cura le spine residue, se ci sono, sono grandi e si vedono o si percepiscono al tatto accarezzando il filetto. Quindi le passo nella farina eliminando l'eccesso.
Scaldo un velo d'olio in una padella rovente, ci metto il pesce, lo faccio dorare da ogni lato girandolo con una pinza, molto delicatamente per non romperlo.
Lo metto da parte in un piatto e nella stessa padella, rinnovando un goccio d'olio, metto gli scalogni pelati e ridotti a spicchi assieme ai cetrolini, piuttosto grandi, divisi in 4 parti.
Li faccio appena appassire, poi spengo.
Ungo una pirofila in ceramica, ci metto il pesce, gli scalogni e i cetriolini, il limone che ho privato della polpa e ridotto a striscioline, un pizzico di sale e una macinata di pepe e inforno, nel forno già portato a 170°, per circa 25'.
Mentre il tutto si cuoce, pulisco le puntarelle, le divido a filettini e le condisco con una vinaigrette di olio, sale e aceto aromatizzato a piacere.
Servo nei piatti una porzione di pesce col suo profumato contorno di cottura e le puntarelle.

Il vino abbinato? dunque, era un Etna Bianco, il Salisire di Vivera, vendemmia 2010, vino prodotto a Linguaglossa, sul versante nord-est del vulcano a 600 s.l.m. da uve Carricante 100%.
Giustamente minerale, fresco e sapido, affinato sui lieviti senza uso di legno.

mercoledì 12 marzo 2014

Pennoni alla carbonara con cavolini di Bruxelles

In montagna, durante la settimana bianca, usciamo qualche volta a cena ma il più delle volte preferisco cucinare in casa perchè sono stanca e non ho voglia di uscire al freddo. Oltretutto quest'anno quasi ogni sera nevicava fitto, meglio lasciar perdere di avventurarsi per strada.
Accoglievo pertanto gli sciatori indefessi, quelli che anche con visibilità zero e in mezzo alla tormenta di neve si avventuravano sulle piste, con un buon piatto di pasta, sapendo che avevano già abbondato di proteine pranzando nei rifugi, con spezzatini, costine, salsicce o gran piatti di uova (tre per porzione) speck e patate.
Avete mai provato a fare una carbonara con l'aggiunta dei cavolini? è ottima.
Possiamo considerare il tutto un piatto unico, fatta eccezione per gli amici sciatori, infatti hanno proseguito la cena con formaggi e giusto qualche fettina di speck, salamino, kaminwurst, dolcetti, grappa e caffè. Chissà se non avessere pranzato al rifugio.
Dosi per 4

-ricetta-
400 g pennoni
350 g cavolini di Bruxelles
1 cipolla
3 uova
formaggio grattugiato
3 cucchiai d panna
olio evo
sale, pepe
Prima di tutto pulisco i cavolini eliminando le foglie più esterne, li lavo bene e li divido in quattro parti.
Li rosolo in una padella con un velo d'olio e la cipolla tritata, li salo e poi li bagno con un mestolino d'acqua, proseguendo la cottura sino a che sono teneri senza disfarsi.
Scaldo l'acqua salata per far cuocere la pasta e nel frattempo sguscio le uova in una boule, le condisco con un pizzico di sale, una macinata di pepe, il formaggio grattugiato, almeno un cucchiaio a testa e la panna. Lascio il composto da parte.
Cuocio la pasta, la scolo ributtandola nella pentola calda, la condisco con le uova e i cavolini, mescolo bene e porto in tavola

lunedì 10 marzo 2014

Zuppa con orzo, bianco-verde, ceci e cruschi

Lunedì, piatto caldo al cucchiaio. La primavera si avvicina a grandi passi e non piove da... 7 giorni 7. Un record da ottobre. Eppure una bella zuppa di verdure e orzo spezzato ci sta ancora bene.
E se facesse più caldo, la si gusta tiepida.
L'orzo spezzato assomiglia al bulgur ma ha un colore più scuro, evidentemente subisce un processo di tostatura, ha una buona consistenza al palato e, come dice mia mamma, l'orzo rinfresca e fa bene all'intestino. A me piace, punto.
Cosa compone il bianco-verde? Zucchine, cipolle, cavolo nero e topinambur, col loro sapore dolciastro a contrastare il cavolo nero.
In più un po' di ceci, facoltativi, io ho sempre un qualche tipo di legume a disposizione e, come tocco finale, macchie di colore date da una manciata di peperoni cruschi spezzettati, messi a rinvenire nella zuppa durante l'ultimo quarto d'ora di cottura.
Con tutta 'sta verdura calcolate 30 g di orzo a persona, non di più. Se non lo trovate spezzato, usate tranquillamente quello perlato o un altro cereale a vostra scelta.
Dosi per 4

-ricetta-
120 g orzo spezzato
un mazzo di cavolo nero
2 zucchine, solo la parte verde
1 cipolla grande
300 g topinambur
150 g ceci cotti
6 peperoni cruschi
olio evo
sale, pepe
Comincio col preparare tutte le verdure pulite e ridotte a cubetti o striscioline.
Scaldo un velo d'olio in una casseruola capiente, ci rosolo la cipolla per 5' mescolando spesso, poi verso  i topinambur, le zucchine e il cavolo nero. Lascio insaporire qualche minuto poi verso acqua bollente salata a coprire il tutto, metto il coperchio, abbasso la fiamma e lascio sobbollire per 20', quindi aggiungo i ceci e l'orzo, e poi i cruschi spezzettati, con quasi tutti i loro semi.
Diluisco con ancora un po' di acqua bollente, se dovesse addensare troppo, e porto a cottura l'orzo.
Assaggio e regolo il sale.
Scodello la zuppa dopo averla fatta riposare un pochino, e in tavola porto il pepe e del buon extravergine per condire a crudo. Con le verdure non amo molto l'aggiunta di formaggio grattugiato, preferisco che si distinguano i sapori delle singole verdure.

domenica 9 marzo 2014

Tortelli di Carnevale all'ambrosiana

Questa ricetta di fritti carnascialeschi è tipica di Milano e dintorni, basta entrare in qualsiasi panetteria o buttare un occhio alle vetrine delle pasticcerie per vedere enormi vassoi ricolmi di tortelli dall'aria invitante. Fritta è buona anche una suola di scarpa, si dice.
I tortelli buoni lo sono per davvero, ma hanno un difetto, la loro fragranza diminuisce man mano che rimangono lì. Quindi preparateli in tarda mattinata e fatene un'abbuffata come dessert. Dopo sono, diciamo, ''passabili'' per altre 12 ore.
C'è chi farcisce questa pasta bigné con crema pasticcera, ma vi assicuro che sono golosissimi anche vuoti, se freschissimi. Vanno assolutamente rotolati nello zucchero semolato, operazione da farsi appena scolati dalla carta assorbente, lo zucchero si attacca solo se sono ancora tiepidi.
Con mamma li facevamo almeno una volta in stagione, a volte anche con uvetta mescolata all'impasto. Lavorare a 4 mani è diverso, adesso devo accontentarmi delle mie sole forze, qui a casa sul fiume.
Ma adesso quando mai lei arriva da Milano per aiutarmi? caso mai è il contrario, vado io da lei per darle una mano, almeno per la frittura delle chiacchiere, che persiste nel preparare in abbondanza. Massì, si tiene occupata e fa qualcosa di (ultra)buono per gli altri.
Dai dai, fedeli lettori, all'opera! Ciotola, impasto, e padella. In un'oretta sono pronti.
Fine del Carnevale, anche per quest'anno ho dato, e parecchio. Mercoledì scorso, con Le Ceneri, c'è stata la chiusura ufficiale dei bagordi e conseguente ingresso in tempo di Quaresima ma, secondo il calendario ambrosiano, sabato grasso era ieri. Faccio l'ultimo strappo alla regola.
Anyway, buona e golosa domenica a tutti!!
Dosi, ragionevoli, per 4/6 persone

-ricetta-
200 g farina
150 ml latte
150 ml acqua
80 g burro
60 g zucchero
10 g lievito
5 uova
1 limone bio, scorza grattugiata
1 presa estratto vaniglia
1 cucchiaio tavola di rum
sale
olio di semi di arachidi
zucchero semolato
In una pentola verso acqua e latte, aggiungo lo zucchero, il burro a tocchetti, la scorza di limone grattugiata e un pizzico di sale. Porto a ebollizione poi tolgo dal fuoco e verso, tutta in una volta, la farina setacciata col lievito mescolando velocemente per amalgamare senza grumi, poi rimetto sul fuoco girando con un cucchiaio di legno sino a che la massa sfrigola staccandosi dalle pareti.
Spengo, trasferisco il composto nella planetaria e lo faccio intiepidire, poi aggiungo le uova, aspettando a metterne un altro sino a che il precedente non si è ben inglobato all'impasto, azionando l'apparecchio per amalgamare, devo ottenere un impasto fluido ma non troppo liquido.
Lascio riposare l'impasto il tempo di scaldare abbondante olio di semi di arachidi nella padella dei fritti, quando vedo che la temperatura è buona, versando una goccia di impasto questo deve risalire subito in superficie, inizio a mettere nell'olio piccoli cucchiai di impasto, 5 o 6 bigné alla volta, non di più, per non abbassare troppo la temperatura dell'olio. Li rigiro con due forchette, facendoli dorare uniformemente, quindi li scolo su carta da cucina, metto nuovi tortelli a friggere e intanto passo quelli scolati nello zucchero semolato e poi li accumulo su un vassoio.
Li servo entro poche ore dalla frittura.

Mio marito, molto carino come sempre, mentre ero dedita alla frittura mi ha preparato un cocktail, è il suo modo per ringraziarmi. Era un Affinity, ve lo racconterò, magari una delle prossime domeniche.

venerdì 7 marzo 2014

Risotto con vongole e ceci

Buon venerdì! accidenti a Blogger, in questi giorni mi sta facendo impazzire nel caricare le foto, alcune le accetta altre le rifiuta! Come posso fare? Scrivo senza sapere se il post andrà a buon fine.
Per stavolta è andata. Spero sia incantato per problemi di web.
Non me la prendo più di tanto perchè continua a splendere un bel sole... sono giornate bellissime qui sul fiume, la natura si risveglia, il giorno si allunga e la mattina presto è ricominciato il chiacchiericcio allegro e ininterrotto degli uccellini.
Festeggio il bel tempo ritrovato con un piatto che sa di mare.
Mi è venuta voglia di aggiungere i ceci al normale risotto con le vongole solo perchè ne avevo di già cotti.
Per decorare il tutto una pioggia di foglie di prezzemolo e sedano tritate.
Un mix che più vegetariano di così non si può e, come spesso sono i miei primi, anche piatto unico.
Nel mio frigo ci sono sempre legumi cotti, fagioli borlotti, cannellini, o di Lamon, ceci, lenticchie, cicerchie. Li metto quasi dappertutto. Con loro vado sul sicuro, aggiunti a pasta o riso vanno bene nei primi, fungono da ottimi contorni o li abbino a carne e pesce nei secondi.
Fanno bene, sono ricchi di fibre, abbassano i livelli di colesterolo, apportano proteine quasi assimilabili a quelle della carne.
Dosi per 4

-ricetta-
300 g riso Baldo
300 g ceci cotti
500 g vongole veraci
1 spicchio di aglio
1 scalogno
1 ciuffo di prezzemolo
1 ciuffo di tenere foglie di sedano
olio evo
sale, pepe
Inizio con le vongole, che ho messo a bagno in acqua fredda salata per un paio d'ore. Le sciacquo bene sbattendole per capire se non ce ne sia qualcuna farcita di sabbia, il che comprometterebbe tutto il piatto, poi le metto ina pentola con un filo d'olio, lo spicchio d'aglio schiacciato, un rametto di prezzemolo. Faccio scaldare a fiamma alta col coperchio e quando sono tutte aperte spengo, le sguscio lasciandone qualcuna nel guscio per bellezza, e filtro il liquido che hanno emesso.
Soffriggo lo scalogno nella pentola per risotti assieme a un velo d'olio, lo lascio appassire senza che bruci poi verso il riso, lo faccio tostare, lo sfumo con un goccio di vino bianco che deve evaporare completamente, quindi aggiungo i ceci e porto il tutto a cottura con l'aggiunta di acqua bollente a mestoli, quand'è quasi cotto verso il liquido delle vongole, lo faccio assorbire parzialmente e da ultime aggiungo le veraci.
Intanto ho tritato sedano e prezzemolo, copro il riso lasciandolo insaporire per qualche minuto dopo aver verificato se è a posto col sale.
Preparo le porzioni e sopra spargo il trito verde.

giovedì 6 marzo 2014

Piadina cotto, pomodori e formaggio

Vi prende mai quella voglia di raddrizzare un qualcosa che avete mangiato e non vi ha soddisfatto?
A me capita sempre più spesso, persino coi panini degli Autogrill.
Tornando dalla montagna non abbiamo potuto fermarci nel nostro ristorante preferito perchè era chiuso per ferie, giustamente in valle ne approfittano per riposarsi prima che esploda la piena stagione del Carnevale, e chi ci rimette siamo noi che apposta scegliamo di fare la settimana bianca il più possibile distante da questa festa chiassosa.
Non avevamo voglia di cercare una valida alternativa perciò durante la sosta rifornimento sono entrata nell'autogrill sperando di imbroccarne uno con il banco pizza. Invece niente. Solo gran panini, che hanno pensato bene di rinominare Nuovo (Camogli, rustico ecc.).
All'apparenza tutti nuovi, invece sempre le vecchie ricette, molto panosi e con poco ripieno. Se per giunta te lo intiepidiscono appena appena, altro che mappazzone, come direbbe chef Barbieri.
Ho masticato a fatica il mio 'nuovo Camogli', ossia due fettazze di focaccia (aromatizzata al rosmarino?) con un'ostia di prosciutto cotto, una fettina trasparente di formaggio e qualche pezzo di pomodoro.
Per buttarlo giù ho dovuto aiutarmi con quasi un litro d'acqua, alla fine il mio stomaco dilatato mi faceva sembrare un'oca ingozzata.
In auto, appena ripartiti, rimuginavo tra me sulla mia stupidità, potevo acquistare qualche buon panino ai cereali integrali e farmelo farcire dal macellaio, prima della partenza, con vero speck. Sempre meglio di quello schifo.
Perciò arrivata a casa, una delle tante mattine che sono qui sola soletta, mi sono farcita una gran piadina con gli stessi ingredienti, stimando un costo pari alla metà di quello della famosa catena. In fondo si tratterebbe solo di volontà di far le cose per bene, o magari noi utenti finali potremmo rifiutarci di buttare via 5 euro per simile robaccia.
Scegliete la piadina che più vi piace, tradizionale con lo strutto, sfogliata all'olio, integrale, di mais, farro o kamut.
Dosi per 2 piadine, che intere fungono da pasto, a metà da snack o per merenda.

-ricetta-
2 piadine
100 g cotto, 4 fette
100 g robiola
2 pomodori perini
alcune fettine sottili di formaggio (fontina, emmental, provola, toma, pecorino, mozzarella)
Scaldo nella padella antiaderente, o su una piastra, le piadine, ammorbidendole da entrambi i lati.
Quindi le spalmo con la robiola, sopra ci adagio due fette di cotto per ciascuna che ricopro con fettine di pomodoro che spolvero con un pizzico di sale. Completo con uno strato sottile di formaggio, ripiego a metà e rimetto nella padella perchè si scaldino bene.
Le taglio a metà e le servo caldissime assieme a una buona birra, ad esempio una trappista come la Westmalle Tripel, amo le birre di carattere.

mercoledì 5 marzo 2014

Frittata di riso avanzato

Solesolesolesolesolesolesolesolesole! Evviva! Adesso sì che il giardino, tutto decorato dalle macchie colorate delle primule, ha un senso.
Non mi chiedo più come mai mi avanzi sempre del risotto. Lo so perfettamente, ne cuocio sempre in abbondanza per poterlo poi riciclare in tortino oppure al salto o in crocchette.
Di ritorno da una giornata di sci è stato facile e veloce preparare uno spuntino che spezzasse l'appetito sino alla cena della sera.
Con gli scarsi mezzi a disposizione nella pur attrezzata cucina in montagna, ho deciso di fare un tortino in padella, mescolando il risotto avanzato con uova e formaggio.
Chiaro che, per ottenere una ricetta più leggera, si può cuocere in forno, ma la padella appena unta di olio o burro non fa gran differenza.
Poi quand'è ancora caldo, decoratelo con fettine di formaggio a delimitare le porzioni.
Idea superveloce, buonissima.
Dosi per 4

-ricetta-
1 porzione abbondante di risotto avanzato
3 uova
60 g formaggio grattugiato
qualche fettina di formaggio
burro
sale, pepe

In una boule rompo le uova e le sbatto leggermente dopo averle condite con un pizzico di sale e pepe, quindi aggiungo il formaggio grattugiato e il risotto avanzato, mescolo il composto e, se dovesse essere troppo asciutto, lo bagno con qualche cucchiaio di latte (dipende dal risotto che avete avanzato) poi lo verso in una padella calda che ho velato di burro.
Faccio fare una bella crosticina su fiamma piuttosto alta, poi abbasso leggemente e continuo a cuocere per altri 5' circa, quindi rovescio la frittata e lascio che si formi la crosta anche dall'altro lato.
Sformo la frittata nel piatto, sopra appoggio fettine di emmental, fontina o sottilette e lascio intiepidire prima di servire.

Il risotto era alle pere e zola, per cui abbiamo stappato il Kuddia delle ginestre di Abraxas, zibibbo al 100%, con spiccato profumo di moscato di Alessandria ma asciutto e avvolgente in bocca.

lunedì 3 marzo 2014

Zuppa di kamut e crema di peperoni

Non ha ancora smesso di piovere, le cime (bassine) vicine continuano a imbiancarsi ogni notte.
Il giardino è tappezzato di primule e ogni cespuglio è pieno di gemme. Che tempo assurdo.
Mi viene solo voglia di stare in cucina, anche se devo contenermi con lo stare molto ferma in piedi.
Oggi riciclo un avanzo di peperoni rossi brasati. Come?
Li frullo. E li uso per condire kamut lessato, mantecando con zola e rifinendo il piatto con fettine di fiordilatte. Una quasi zuppa, o risotto di kamut, primo piatto quasi unico vegetariano.
Chiaramente al posto dei peperoni rossi potevo avanzarne di gialli, oppure potevano essere erbette, o coste, cime o broccoli. Insomma, l'idea è di usare verdura cotta frullandola in crema, condirla appena per insaporire il cereale scolato, unendo un po' di gorgonzola.
Il kamut andrebbe messo a bagno per un paio d'ore, altrimenti è coriaceo e cuoce per un tempo lunghissimo. In mancanza dell'ammollo si può lessare con la pentola a pressione che dimezza i tempi di cottura, tanto tutti i prodotti integrali non scuociono quasi mai.
Al termine della cottura si scola e lo si condisce con i peperoni resi cremosi con l'aiuto di una frusta a immersione.
Utilizzo molto spesso cereali da agricoltura biologica come il kamut, o grano Khorasan, che ha notevoli proprietà salutari, è altamente proteico e in più è saziante.
Non è privo di glutine quindi è sconsigliato il suo consumo a intolleranti e celiaci.
Dosi per 4

-ricetta-
240 g kamut
300 g peperoni cotti
200 g  fiordilatte
60 g zola dolce
olio evo
semi di papavero
sale
Metto a cuocere il kamut in abbondante acqua bollente e salata, seguendo le indicazioni sulla confezione che suggeriscono i tempi, poi lo scolo lasciandolo un po' umido e riversandolo nella pentola calda.
Intanto che cuoce il Khorasan, frullo l'avanzo di peperoni nel bicchiere del mixer aiutandomi con un goccio d'olio evo.
Mescolo il grana con la crema rossa e lo zola a pezzetti, facendolo sciogliere.
Verso nei piatti e sopra ognuno accomodo fettine di fiordilatte e spolvero con semi di papavero che ho fatto tostare in un padellino senza aggiungere grassi. Daranno una piacevole nota croccantina sotto ai denti.
Completo con un filino d'olio e porto in tavola.

domenica 2 marzo 2014

Frittelle di Carnevale con farina di castagne

Beh, è dall'Epifania che siamo entrati in clima carnevalesco, o perlomeno io continuo a friggere chiacchiere et similia da allora. Adesso ci siamo in pieno, anche se sto maltempo rovinerà, non poco, sfilate e cortei mascherati.
Tanto per cambiare ho variato la scelta, scendendo a un compromesso tra tortelli e frittelle, la pastella è fatta con farine miste di grano e castagne.
I tortelli e le frittelle, al contrario delle chiacchiere che si mantengono alcuni giorni inalterate, è meglio consumarli il prima possibile, tiepidi sono un'apoteosi. Se si lasciano lì un giorno la pasta si ispessisce e perdono fragranza. Problema facilmente aggirabile, basta non prepararne troppi e finirli subito. Non è difficile, vi assicuro. Che poi sembra sempre di mangiarne chissà quanti, ma se si conta bene non sono mai più di 5/6 pezzi per ciascuno.
Calcolando anche il riposo della pastella ci vuole circa un'ora e mezza per fare tutto.
Se cominciate subito per ora di pranzo siete a cavallo e potrete concedervi un dolce fine pasto domenicale da leccarsi i baffi.
Happy sunday to all my friends. Ogni tanto succedono cose, nel blog, che mi lasciano a bocca aperta.
Tipo ieri, giornata in cui non ho pubblicato alcuna ricetta eppure ho ricevuto quasi 1000 visite. Grazie fedelissimi! Vi meritereste tutti un assaggio di queste frittelle. Idealmente ve le offro con tutto il cuore.
Dosi pert 6

-ricetta-
200 g farina 00
100 g farina di castagne
60 g zucchero
100 ml latte
3 uova grandi
3 cucchiai di rum scuro
1 arancia naturale
1 bustina di lievito
sale
olio arachidi
zucchero semolato e a velo
In una boule sbatto con le fruste elettriche, sino a rendere il composto soffice e spumoso, le uova con lo zucchero e un pizzico di sale, diluisco col latte, 3 cucchiai di succo di arancia, il rum e la scorza grattugiata dell'arancia.
Mescolo con cura, a questo composto, le farine setacciate col lievito formando una pastella cremosa e senza grumi, che lascio riposare per mezz'ora almeno, coperta.
Scaldo in una padella per fritti abbondante olio di arachidi, quando è più o meno arrivato a 170° verso la pastella a cucchiaini, le frittelle si gonfieranno e si rotoleranno da sole nell'olio, dorandosi uniformemente. Le scolo su carta da cucina e man mano le passo nello zucchero semolato accumulandole su un vassoio. Quando sono tutte pronte le spolvero con un po' di zucchero a velo. Le servo a fine pasto, possibilmente ancora tiepide.
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