martedì 31 gennaio 2012

Sfilatino di sfoglia con cotto, mozzarella e Auricchio

Chi frequenta queste pagine più assiduamente si sarà domandato che fine abbia fatto!
E' presto detto, il consorte ha dovuto riprendere l'attività lavorativa e io ho mi sono fatta in 12, autista, assistente, infermiera, segretaria, coordinatrice, accompagnatrice, badante, moglie devota, cuoca e amica.
Sono solo 10? Niente altro?? effettivamente ci sarebbero anche santa e martire... embè 48 ore sono bastate, rieccomi a casa a coccolare la pelosina mentre scendono fiocchi leggeri.
Per coronare la mia serata 'lonely' mi sono regalata questo sfizio.
Una cosuccia veloce ma molto comfort food che si prepara in un attimo, ideale se arrivassero ospiti improvvisi.
Un rotolo di pasta sfoglia, un fiordilatte, alcune fettine di Auricchio dolce e prosciutto cotto, il tutto assemblato e cotto in forno.
Una bollicina di Franciacorta, così la bottiglia mi rimane, ben tappata, per qualche giorno e poi... a nanna.

-ricetta-
1 rotolo di sfoglia rettangolare
1 fiordilatte o una mozzarella di bufala ben asciugata
100 g cotto
8 fettine di Auricchio dolce
paprika forte e uovo

Srotolo la pasta e la rivesto con le fettine di provolone, poi sopra ci stendo il prosciutto cotto che ricopro di fettine di fiordilatte.
Una spolverata di pepe, un'idea di origano e arrotolo.


Formo uno sfilatino che incido appena con dei tagli, spalmo un tuorlo d'uovo sbattuto aiutandomi con un pennellino e spolvero di paprika.




Trasferisco il rotolo con la sua cartaforno su una teglia e inforno a 200° per circa 25'.
Dopodichè accendo il grill e lo faccio colorire bene.
Servo appena intiepidito a tranci.

domenica 29 gennaio 2012

Maialino al forno con patate

D'inverno si ammazza il maiale ed è anche la stagione migliore per cucinarlo al forno.
Il macellaio aveva un quarto di maialino e due gambetti perfetti per questa ricetta.
Il tutto si cuoce quasi da solo nel forno, con aromi e poco altro, per la prima mezz'ora ad alta temperatura, poi a fuoco lentissimo per qualche ora.
Fa-ci-lis-si-mo!
Un bel po' di patate cotte insieme o una fresca insalata di cavolo cinese e... un grande vino rosso per brindare, il Barolo Fossati Docg 2000 di Boglietti, considerato un 'modernista'.

-ricetta-
2 kg di carne
rosmarino, salvia, timo, mirto
sale, pepe
100 g miele
3 cucchiai di aceto
olio evo, senape forte, capuliato
50 ml vino bianco
1 kg di patate

Preparo una marinata con gli odori, il miele, sale, pepe, 100 ml di vino, l'aceto, un cucchiaio di capuliato e un cucchiaino di senape forte.
Metto la carne a pezzi in una grande teglia, spargo qua e là qualche pomodorino datterino e verso la marinata lasciando insaporire per tutta la notte al fresco.


Porto il forno a 200°, inforno la teglia e cuocio per 30', rigirando i pezzi dopo 15', quindi abbasso la temperatura a 120° e continuo la cottura per altre 4 ore, smuovendo i pezzi ogni mezz'ora.
La carne cuocendo lentamente diventerà burrosa e la cotenna farà una crosticina dorata.





Se voglio aggiungere le patate come contorno, dopo averle pelate e tagliate a tocchi le metto a cuocere in una wok con un filo di olio evo caldo, appena iniziano a rosolare aggiungo 2 mestolini del fondo di cottura della carne e una spolverata di salamoia bolognese, le rigiro di tanto sino a che non sono perfettamente colorite. Sembreranno arrostite in forno, ma ci saranno voluti solo 20'.

Confettura di Ca-Ki

Appena vedo le mie scorte di confetture assottigliarsi mi prende il panico, mi assale la paura di rimanere senza, caso mai dovessi regalarne qualche vasetto ai nostri ospiti, viziati nel tempo dai miei dolci omaggi.
Con le ultime feste lo stipo dove le conservo si è quasi svuotato, ma per fortuna in questa stagione non mancano tipi di frutta coi quali fare confetture.
Sistemando e abbeverando le piante in giardino che, con queste bellissime giornate calde e ventose, patiscono la sete e desidererebbero tanto un po' di neve, ho scoperto una cassa di cachi che avevo messo al riparo e al fresco in attesa della maturazione ora perfettamente avvenuta.
Ho ancora una cassa di kiwi, e quando mai li finirò?? per cui ho deciso di fare un misto cachi-kiwi, un connubio dolce/aspro, dove comunque ha prevalso il dolce dei cachi...
Quando preparate le confetture ricordate di usare una pentola molto grande, e non usate mai più di 2 kg di frutta per volta, è la misura giusta per non far danni e mescolare senza bisogno di bicipiti da palestrati.
Se stamani non avessi la pentola grande avrei sommerso la cucina di schiuma...vai a capire perchè a volte capita e a volte no, sta di fatto che la schiuma prodotta era davvero inquietante, sembrava blob, dovevo allontanare la pentola dal fuoco per farla ridurre e poi alla ripresa del calore forte risaliva, ma alla fine l'ho domata!
Oggi niente sacchettino con bucce e semi, ho messo direttamente un quarto di renetta affettata sottile insieme all'altra frutta e verso fine cottura mezzo limone spremuto, per correggere l'acidità.
Sarà ottima nelle crostate o su crêpes stile palačinke.

-ricetta-
1 kg di polpa di cachi pulita
1 kg di kiwi pelati
1/2 limone spremuto
1/4 di mela
1 kg di zucchero
1/2 baccello di vaniglia

Pulisco i cachi e li strizzo tra le mani per dividerli. Taglio a pezzetti i kiwi. Taglio a fettine sottili la mela con la buccia.
Prendo la pentola e ci metto frutta e zucchero, scaldo lentamente per far sciogliere lo zucchero poi alzo la fiamma e inizio a farla bollire, metto i semini ricavati dalla stecca di vaniglia e controllo la schiuma che si forma, mescolando in continuazione per non farla debordare.
A 2' dalla fine cottura verso il succo di limone.
In circa 20' la confettura è pronta, comunque fate sempre la prova del piattino, anche se io ormai mi regolo con le gocce che cadono dal cucchiaio di legno, ma è questione di esperienza.
Naturalmente prima di iniziare il tutto mi sono preparata i vasetti puliti e asciutti e il mestolino.
Invaso quando è bollente, tappo e capovolgo i vasetti.
Dopo 15' li rigiro e li lascio raffreddare completamente prima di riporli in dispensa.

sabato 28 gennaio 2012

Riso e prezzemolo

Ris e erborin in lombardo.
Una minestra semplice, che ha il suo punto di forza nel brodo, che dev'essere di quello buono, fatto con carne. Stavolta l'ho fatto semplicissimo senza contaminazioni siciliane.
Un piatto di riso in brodo è proprio quello che ci vuole in una serata fredda e piovigginosa come questa, una pietanza leggera che serve per bilanciare le abbondanti libagioni di ieri sera.
Un bel ciuffo di prezzemolo e una noce di burro al termine della cottura e, a chi piace, tanto formaggio grattugiato.
La versione meneghina è composta solo da riso cotto nel brodo e guarnito di prezzemolo alla fine, ma ci sono alcune varianti che accettano l'aggiunta di una patata e anche di un porro.
Forse non sapete che un cucchiaio di prezzemolo apporta i 2/3 del fabbisogno giornaliero di vit.C, quanto mai utile nella stagione fredda per contrastare le malattie da raffreddamento. Ha inoltre numerose proprietà salutari rivelandosi utile in caso di anemia, di stati di affaticamento e stanchezza. Purchè non si ecceda, perchè a grandi dosi può risultare nocivo, ma qualsiasi cosa in grandi dosi nuoce.

Un'amica mi ha riferito ieri che una sua collega, leggendo qua e là nel blog, le ha fatto notare che uso 'quel tal' tonno, 'quel tal' sale, quella farina di mais ecc. ebbene, è vero che a volte gli ingredienti che indico non sono facili da reperire, il mio messaggio però vuole porre l'accento sulla scelta delle materie prime, è normale che chi non ha un marito pescatore nè va in vacanza fuori stagione non potrà mai avere a disposizione tonnetti o sgombri appena pescati, però può aguzzare la vista e guardare sul banco del pesce se ci fossero per caso catture diverse dai soliti pesci di allevamento, oppure scegliere una polenta di qualità, senza accontentarsi di quella maggiormante distribuita, per esempio.
Scegliere cibi qualitativamente migliori non sempre vuol dire spendere di più, un pizzico di sale di quello buono insaporisce di più e ne basta di meno.
Gli esempi potrebbero essere tanti, il focus è imparare a fare bene la spesa, leggere le etichette guardando le composizioni di ciò che c'è dentro in quello che acquistiamo, e lasciarsi tentare dalla curiosità per prodotti 'diversi' quando si viaggia, riportando a casa delle 'cartoline alimentari'.

-ricetta-
200 g riso
1 litro di brodo
1 ciuffo di prezzemolo
burro e parmigiano

Metto a scaldare il brodo, quando bolle verso il riso e lo faccio cuocere senza che si disfi.
Nel frattempo lavo, asciugo e trito il prezzemolo e lo metto nella minestra solo alla fine per non disperdere aroma, vitamine e colore, aggiungendo anche una noce di burro.
Verso nelle fondine e porto in tavola col formaggio grattugiato.

Bocconcini di sfoglia, wurstel e senape

Altro amuse-bouche da abbinare al Verdicchio Riserva marchigiano.
Quando si è una dozzina a tavola gli 'stuzzichini' abbinati al vino (seppur pochissimo), diviso tra i dodici commensali, vanno via come neve al sole (questa è perlopiù la mia esperienza).
Perciò spesso li raddoppio, gli stuzzichini! non il vino.
Ho scelto di abbinare alle piadine questi salatini homemade, composti da un wurstel (leggero) di pollo, sporcato di senape e avvolto da un velo di sfoglia.
Facilissimo, saporitissimo, velocissimo (perchè acquistare quelli pronti?)

-ricetta-
1 rotolo di pasta sfoglia rettangolare
1 confezione di 3 wurstel di pollo grandi
senape di Digione
1 uovo
semi di sesamo e papavero

Primo: scaldo i wurstel, o in acqua bollente o nel microonde.
Srotolo la pasta sfoglia, la divido in 3 pezzi, spalmo ognuno di senape forte, metto al centro il wurstel tagliato in 8 parti e arrotolo.
Sbatto l'uovo con pochissima acqua e spennello i rotolini. Spargo su ognuno un po' di semi di sesamo o di papavero, poi li taglio in bocconcini, li appoggio sulla placca rivestita da cartaforno e metto a cuocere a 200° per 20' circa.
Li lascio raffreddare e li servo.

Tranci di piadina alla crema di peperoni e caprino

Cosa abbinare a un calice di Verdicchio di Matelica DOC Riserva 2001 di La Monacesca?
Vino importante, interessante, una delle migliori espressioni di Verdicchio mai assaggiate...
Sicuramente una base 'panosa' accompagnata da un forte aroma vegetale, quello dei peperoni gialli più la lieve acidità del caprino.
E' sempre un'impresa abbinare un piatto a un vino, o viceversa, del resto è il compito richiesto a un sommelier, quello dell'abbinamento cibo-vino.
Io ci provo, ogni volta che mio marito mi porta su dalla cantina le bottiglie destinate alla serata di degustazione inizia il lavoro di scelta, che non è sempre facile, soprattutto perchè devo fare un gran lavoro di memoria sulle bottiglie assaggiate e ricordarmi le note caratteristiche di ciascun vino. 
E chiedo sempre la sua collaborazione.
Ci provo è chiaro, molte volte ci azzecco, poche altre un po' meno, anche se quelle volte che l'abbinamento non è esaltante mi appello alla legge di Gualtiero (Marchesi) che una volta disse che i suoi piatti preferiva venissero degustati con un bicchiere di acqua, perchè un piatto è una cosa, il vino abbinato un'altra.
Se gli ospiti sembrano non gradire troppo l'accostamento, raccomando loro di mangiare bevendo acqua e gustare il vino tout court. Fortuna che succede rarissimamente! Pfui!!!
Comunque, tornando all'argomento, secondo me, l'abbinamento con tranci di piada ecc. ecc. ci sta...

-ricetta-
per 12 persone
4 piadine sfogliate all'olio evo
2 peperoni gialli
1 cipolla 
olio evo
2 caprini di capra
150 g prosciutto cotto a fette
sale, pepe

Inizio dai peperoni, li privo del torsolo, di semi e filamenti e li taglio a tocchetti.
Sbuccio e affetto la cipolla che metto a sudare in una padella con un velo di olio evo prima di aggiungere i peperoni e farli saltare a fiamma vivace, poi aggiungo un mestolino di acqua, salo e porto a cottura, ci vorranno massimo 15'.
Spengo, lascio intiepidire poi li frullo a crema. Al composto aggiungo i caprini e frullo ancora.
Scaldo le piadine in una padella (così le arrotolerò meglio) poi le spalmo di crema di peperoni e copro con fette di cotto. Spolvero di pepe e arrotolo stretto.
Procedo allo stesso modo per tutte le piadine.
Avvolgo ciascun rotolo in carta stagnola poi, 10' prima di servire, li scaldo in forno molto caldo, quindi li scarto e li taglio in 4 tranci ciascuno eliminando le punte (mezze vuote che do da assaggiare al consorte o al primo che passa dalla cucina).
Dispongo i tranci in un piatto da portata e servo in tavola.



E' avanzata crema al peperone, so già come recuperarla, la utilizzerò come condimento per pasta o riso, completando con una salsiccia mantovana sgranata e rosolata (ma forse è meglio se ve lo spiego con la ricetta).

Rillettes di petto d'anatra

Stavolta sono partita dal vino, il Gewurtztraminer Kolbenhof 2002 di Hofstätter, pensando ai suoi sapori e al suo profumo intenso e inconfondibile (mio marito lo definisce il vino per non vedenti, nel senso che lo si riconosce appena ci si mette il naso) ho subito realizzato che queste rillettes sarebbero state l'abbinamento ideale.
Ma in dispensa non ne avevo più, quando sono in giro per la Francia ne faccio scorta, ma gli ospiti si susseguono con tale frequenza qui da noi che le scorte non sono mai sufficienti.
Non mi sono persa d'animo e sul sito francese 'notre famille.com' ho trovato la ricetta come quella che intedevo io, semplice, a base di solo petto e grasso d'anatra, di quello per mia fortuna ho sempre la scorta, utilizzandolo spesso al posto dello strutto, che i cuginetti vendono in comodi boccali come questo in foto.


E' meglio prepararle con anche due giorni di anticipo, tanto poi si conservano qualche giorno in frigorifero.
Nulla di difficile, solo i tempi di cottura sono lunghi.
Avevo già scritto quest'estate sulle 'rillettes', un patè sfilacciato da spalmare su fettine di pane tostato o su crackers all'acqua, quando avevo fatto quelle ai due salmoni.
Il grasso in cui cuoce la carne la rende morbida e succulenta, delicata e saporita allo stesso tempo.

-ricetta-
2 petti d'anatra con la loro pelle
1 fetta di pancetta fresca di maiale
3 cucchiai colmi di grasso d'anatra
2 scalogni puliti e tritati
1 cucchiaino di 4 épices
timo, pepe nero, sale grosso

Uso una cocotte in ghisa, conduce meglio il calore per cotture prolungate a fiamma bassissima, ma va bene anche una pentola di acciaio a fondo spesso, o in alluminio pressofuso.
Sul fondo della pentola metto il grasso con gli scalogni, un rametto di timo sfogliato, un po' di pepe macinato grosso (o pestato nel mortaio), le 4 spezie (mix di cannella, zenzero, noce moscata e chiodi di garofano) e una presa di sale grosso. Sopra ci accomodo i petti a pezzi, privati della pelle ma non del grasso che c'è sotto e la pancetta anch'essa a trancetti . La pelle l'accomodo sopra e aggiungo acqua sino a metà altezza.
Metto sul fuoco e porto a ebollizione poi lascio sobbollire coperto a fuoco bassissimo per almeno 3 ore.
E' quello che i francesi chiamano 'confit', cuocere carne e grasso sino a quasi fondere entrambi.
Scolo la carne, elimino la pelle, con due forchette la sfilaccio e raccolgo un po' del fondo di cottura mischiato al grasso, mescolandolo agli sfilacci nella giusta misura per non renderli troppo grassi, ma facilmente spalmabili.
Posso anche aiutarmi con un robot, usandolo a intermittenza per pochi secondi.
Metto il tutto in un barattolo di vetro, ricopro con un cucchiaio di grasso sciolto e chiudo col coperchio, riponendolo in frigorifero per almeno 12 ore.
Per servirle le porto a temperatura ambiente e le spalmo su crackers.

Già che ho fatto tutto il lavoro ne ho preparate un po' di più e ne ho invasato una parte in barattoli più piccoli, poi sterilizzati per conservarli a lungo, coprendo le rillettes di uno strato di grasso sciolto.

venerdì 27 gennaio 2012

Pasta e fasoi

Delle mie parziali origini venete avrete letto.
E' inverno, fa un bel freddo soprattutto la mattina, e mi piace cambiare, al posto del solito primo una minestra, ogni tanto, ci vuole.
Pasta e fagioli alla veneta era uno dei piatti preferiti da mio padre, (beh, a ben guardare gliene piacevano così tanti da riempire un'enciclopedia) purchè fosse densa e piena di cotiche.
Cercherò di ripetere l'impossibile, ovvero di farla come la facevano nonna e zia, una coppia improbabile in cucina, suocera e nuora che si beccavano continuamente.
Mi ricordo a memoria le varie fasi perchè tante volte ho aiutato la nonna a sgranare i fagioli appena raccolti dall'orto, poi raschiavo le carote e toglievo i fili al sedano. Una cuoca in erba in ginocchio sulla sedia per arrivare al piano del tavolo, era destino.
Per questa versione, conoscendo alla perfezione i gusti dei miei commensali, ho eliminato le cotiche perchè non le mangerebbero mai e per insaporire ho usato un battuto di lardo e rosmarino, alla maniera del Cecchini. Unica piccola concessione a palati non avvezzi a certe raffinatezze.
Quasi tutte le regioni italiane hanno una loro versione di questa zuppa, anche se il Veneto vanta una lunga tradizione tramandata per questo piatto, a Venezia e ai suoi mercanti va il merito di aver introdotto i fagioli in Italia (importati nella penisola iberica dalle Americhe, appena scoperte da Cristoforo Colombo).
Vi consiglio di utilizzare i pregiati borlotti di Lamon, una IGP che porta il nome del comune del bellunese dove li coltivano. Sono molto saporiti e hanno la buccia sottile.
Nella foto noterete alcuni fagioli dell'occhio, purtroppo avevo in dispensa solo 500 g di Lamon, ma la zuppa è per 12 persone per cui ho aggiunto quelli per decorare, lasciandoli interi.
E come da tradizione, per la pasta solo spaghetti grossi, meglio ancora i 'bigoli', spezzati con le mani.
E' un piatto abbastanza robusto che ben si sposa con un Bardolino o una Ripassa, ma che non disdegna abbinamenti con bianchi importanti, infatti la scelta è caduta su un doppio abbinamento, Stamas Collio Rosso Doc e Stamas Collio Bianco Doc di Terpin.

-ricetta-
per 4 persone
250 g fagioli borlotti di Lamon, messi a bagno per una notte
200 g pasta
150 g cipolla (una grande)
1 gambo di sedano
100 g carota
1 spicchio di aglio
1 rametto di rosmarino
100 g cotiche, lavate, raschiate e sbollentate
oppure 50 g lardo battuto a coltello con qualche ago di rosmarino
olio evo, sale, pepe, formaggio grattugiato, pane a fettine

In una grande pentola, se è di coccio meglio, metto un giro di olio evo e il battuto di lardo e li faccio scaldare, poi ci metto a rosolare tutte le verdure tritate per circa 10' a fuoco dolce.
Aggiungo quindi i fagioli scolati e sciacquati e le cotenne (se le uso) già sbianchite, copro con 2,5 litri di acqua fredda, alzo la fiamma e porto a bollore, poi copro e lascio appena sobbollire per 3 o 4 ore circa, aggiungendo un po' di sale a metà cottura.
Se le ho messe tolgo le cotiche, le taglio a striscioline e le tengo in caldo.
Tolgo con un mestolo forato una parte dei fagioli, passo col minipimer il resto, rimetto i fagioli interi e un rametto di rosmarino, che lascio intero a insaporire per 20' prima di toglierlo e regolare di sale.
Butto nel passato la pasta spezzata, la cuocio al dente, poi servo in ciotoline di coccio con pepe macinato fresco, un filo di olio evo, abbondante formaggio grattugiato (personalmente la preferisco liscia) ed eventualmente qualche cotica.


Polenta pasticciata con formaggella di capra stagionata di Artavaggio

Noi del nord non a caso siamo chiamati polentoni, conosco persone che abitano la sponda bergamasca qui di fronte che ne consumano quasi ogni giorno, l'inverno.
Artavaggio è famosa per i suoi Piani in provincia di Lecco, situati tra 1600 e 1900 m s.l.m., che si raggiungono da Moggio con una comoda funivia.
Frequentata meta sciistica dai lombardi negli anni '60, quando ancora nevicava tanto, ora ridotta a piste per principianti date le scarsissime precipitazioni nevose degli ultimi anni.
Ma Artavaggio non è famosa solo per la mini stazione invernale, poichè una grande azienda produttrice di formaggi denomina così alcuni suoi prodotti a base di latte di capra, stagionati in grotte della zona.
La formaggella che ho usato per il pasticcio è cremosa e abbastanza grassa, ha uno spiccato accento di latte caprino senza eccedere.
Col calore del forno si scioglierà tra le fette di polenta regalando untuosità al piatto.
Un buon calice di rosso in abbinamento, spostandoci appena sopra la Valsassina rimarrei in Valtellina con un Inferno Superiore prodotto nei terrazzamenti di Poggiridenti.
La polenta pronta che intendo io è quella avanzata da un piatto precedentemente fatto, ovvio! (come per il riso al salto, cerco sempre di cuocere della polenta in più sapendo già che potrò riutilizzarla).
Nulla vieta di usarne di già confezionata tranne il gusto, decisamente migliore in quella fatta in casa, la scelta di farine macinate a pietra fa la differenza per sapore e consistenza ed inoltre, da quando ho scoperto che posso farla con poco sforzo in un paiolo antiaderente, è tutto molto più semplice e ho pensionato il vecchio paiolo con pala elettrica, bello sì ma di rame, con tutto quel che ne consegue per pulirlo.

-ricetta-
polenta già pronta, circa 600 g
formaggella di capra, circa 300 g
burro e formaggio grattugiato

Taglio a fettine la polenta, imburro una pirofila profonda e comincio col fare un letto di polenta.
Copro con fettine di formaggella, spolvero di formaggio grattugiato e rifaccio uno strato di polenta che condirò come il precedente, sino a terminare con l'ultimo strato che condirò solo con formaggio grattugiato e burro a fiocchetti.
Scaldo il forno a 170° e inforno la pirofila, facendola cuocere per circa 25'/30'.
Lascio riposare 5' e poi servo.

giovedì 26 gennaio 2012

Mini penne con carciofi e buzzonaglia di sgombro

Una ricetta saporita, senza la minima ombra di dubbio.
Un piatto unico e sostanzioso.
Un recupero, ancora.
Volevo cuocere un risotto, alla fine ho optato per le piccolissime pennette risottate.
Ma cos'è la buzzonaglia? normalmente sono gli scarti di carne che si trovano accanto alla lisca centrale del tonno più ritagli di ventresca e altri pezzi che si butterebbero ma, considerato che il tonno viene definito il maiale del mare, come avviene per il suino di cui non si butta via nulla, anche gli scarti del tonno vengono recuperati in un prodotto raro quanto buonissimo.


L'ho già scritto a settembre, il 2011 è stato un anno magrissimo per la pesca ma comunque qualcosa ha pur sempre riportato a casa, il consorte.
Quei pochi sgombridi che aveva catturato li ho cotti per servirli ad amici che se li aspettano, e pure da questi, anche se in misura minore, si ricava della buzzonaglia, però oggi mi sono resa conto che sino allo scorso anno era riservata al mio micione bellissimo, lui che solo a sentire l'odore del pesce in cottura non usciva più dalla cucina in attesa del prelibato piattino.
Ma non è più con noi, ahimè, e così mi sono ritrovata con la ciotolina di scarti, edibilissimi, che mi avanzava. Quando pulisco i filetti per conservarli sott'olio li rifilo per bene, togliendo i filettini sanguinolenti e le sbavature della pancia, una buzzonaglia per l'appunto.
E' un lavoro di pazienza, lo so, a volte in cucina ce ne vuole tanta!
Io l'ho potuto fare perchè avevo 6 sgombri da sfilettare, voi potete tranquillamente lessarne in un court bouillon solo due o anche uno ma grande, e sfilettarlo tutto, polpa dei filetti compresa, scartando solo lisca centrale, pelle e lischette piccole.
Ho abbinato i carciofi, sono di stagione e li mangerei in ogni modo.
Abbinamento azzardato con un rosso? neanche tanto, un Südtiroler Lagrein, fruttato e vellutato, ha tenuto la tannicità del carciofo e bilanciato il gran sapore del piatto, in fondo anche il cacciucco si mangia bevendo vino rosso.

-ricetta-
300 g pennette
2 carciofi
sgombri, circa 400 g
1 cipolla piccola
2 pomodori secchi, peperoncino
olio evo, sale
1/2 spicchio di aglio

Sventro gli sgombri, li eviscero e li cuocio in un brodo vegetale fatto con 1 carota, 1 cipolla, 1 gambo di sedano, alcune gambi di prezzemolo, uno spicchio di limone, bolliti in acqua salata per mezz'ora.
Quando sono cotti li lascio intiepidire, poi li spello e li spolpo, ricavando i filetti e tenendo le parti intrise di sangue lungo la lisca centrale, eliminando tutte le lische più piccole. Conservo anche la parte più grassina della ventresca, il tutto sminuzzato con le mani.
Pulisco, spunto e affetto sottili i carciofi.
In una casseruola, coperta da un giro di olio evo a filo, faccio sudare la cipolla tritata, con un pizzico di peperoncino e i due pomodori secchi tritati fini con l'aglio, prima di unire i carciofi facendoli rosolare salandoli leggermente. Quando sono a metà cottura verso le pennette, le mescolo per rivestirle di condimento e per tostarle un po', poi continuo a cuocerle versando acqua calda a mestolini.
Dopo 5' metto la buzzonaglia e finisco di cuocere.
Impiatto lasciando la pasta un po' umida per non seccare troppo il pesce.
Il sapore finale ricorda vagamente quello della pasta con le sarde, dopotutto sempre di pesce azzurro si tratta.

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