Chi mi legge con frequenza lo sa. Appena mi è possibile sono per il do it yourself, il cui acronimo è DIY.
Soprattutto al giorno d'oggi, dove l'offerta di cibi già lavorati aumenta sempre più, è il momento di mettersi al lavoro e realizzare il più possibile in casa prelibatezze che un tempo erano confezionate da mani esperte e con materie prime genuine. Adesso pare che 'la domanda' sia arrivata a livelli tali da obbligare a lavorare in grosse quantità anche prodotti una volta di nicchia. Sembra che non bastino mai e, la qualità a questo punto scade.
È il caso dei nervetti. Una volta mio papà li acquistava, in occasioni speciali, da Peck: il tempio gastronomico milanese per eccellenza.
Adesso si trovano confezionati in parallelepipedi pronti da affettare, se non già pretagliati. Peccato che della morbidezza cartilaginea tipica loro abbiano ben poco, senza contare l'aggiunta di glutammato, i nitrati e nitriti coi quali vengono conservati, che ne cambiano invariabilmente il sapore.
Allora, per chi come me, in certe occasioni, li ritiene fondamentali come il cacio sui maccheroni resta ben poco da fare.
Occorre innanzitutto trovare un buon macellaio che, nel senso stretto della parola, macelli in proprio.
A lui si può allora chiedere di conservare le ossa di ginocchia e del piede. Io mi faccio mettere da parte anche il diaframma e le guance, ma questo è un discorso a parte.
Con queste ossa ricche di parti collagenose si preparano i gnervitt, come li chiamano a Milano, e il brodo che ne risulta è ottimo da usare da solo o mescolato a un brodo vegetale. Quando raffredda diventa un unico blocco di gelatina senza grasso, perché quel velo che forma lo si elimina facilmente con una spatolina.
E pure i nervetti sono magri... come nel caso della trippa è il condimento a fare la differenza.
Io comunque li condisco spesso solo con cipolle marinate, sale in fiocchi e ottimo olio evo.
A volte aggiungo anche qualche sottaceto, ma solo se fatto da me.
Vi ho convinto? Chissà. In ogni caso se tra voi ci sono golosi di nervetti, vi esorto a sperimentare il DIY, non ne rimarrete delusi, parola mia. Anzi, resterete sbalorditi dal gusto dolce e dalla morbidezza delle cartilagini.
Altro consiglio: ammesso che troviate le ossa di ginocchia, se ne cuocete in abbondanza potete confezionare mattoncini più piccoli da mettere sottovuoto. In questo modo i vostri nervetti, pronti da affettare e condire, si mantengono anche un paio di mesi.
-ricetta-
ossa di ginocchia di manzo o vitello
1 carota
1 gambo di sedano
1 porro
sale
Come tutti i brodi di ossa, ritenuti ottimi per la salute, anche questo necessita di una lunga cottura.
Metto le ossa assieme alle verdure in una pentola colma di acqua, porto a bollore, schiumo per i primi 10' poi copro e faccio sobbollire lentamente per minimo 3 ore, se non quattro.
Se volete accorciare i tempi usate una capiente pentola a pressione, nel qual caso io mi regolo sulle due ore dal fischio.
Una volta pronto, filtro per eliminare le verdure e lascio intiepidire le ossa per poterle maneggiare.
Allora le spolpo e metto tutte le cartilagini in un contenitore rettangolare, tipo uno da plum cake piccolo, premo e metto un peso sopra, quindi faccio raffreddare in frigorifero per un giorno.
Ottengo un blocco compatto che uso subito oppure confeziono sottovuoto.
Quanto al brodo, rimetto le ossa nella pentola e ne proseguo la cottura per altre 4 ore. Procedimento che si fa tutto da solo da quando ho la nuova pentola per cotture lentissime.
Successivamente lo filtro e lo faccio raffreddare. Questo inverno ci sta aiutando con temperature costantemente rigide, quindi basta lasciarlo fuori casa. Diventa un blocco di gelatina, che uso a pezzi per insaporire un brodo vegetale oppure per fare un risotto che rimane molto pastoso.
O, sciolto e riscaldato, lo bevo a metà pomeriggio come bevanda corroborante. Pochi giorni fa vi ho raccontato delle sue molteplici proprietà salutari.
''invitare qualcuno a pranzo vuol dire incaricarsi della felicità di questa persona durante le ore che egli passerà sotto il vostro tetto'' J.A. Brillat-Savarin- Fisiologia del gusto- 1825
martedì 31 gennaio 2017
domenica 29 gennaio 2017
Torta con formaggio bianco/ricotta e mirtilli rossi
750 g è una rivista di cucina francese e anche un sito internet, che solitamente pubblica ricette facili.
Da loro prendo spesso spunto per qualche torta. Amo soprattutto quelle semplici e infatti questa è molto basic e mi piace perché è priva di burro.
Grazie al formaggio e all'olio di semi viene molto alta e soffice. L'ho provata sia con formaggio tipo quark che con ricotta. Vi metterò entrambe le versioni, la seconda è colorata e adatta al Carnevale perciò la posterò tra qualche settimana.
Le dosi sono per una torta da 22 cm, ossia per almeno 6 persone.
Buona domenica amici gourmand!
-ricetta-
250 g farina 00
175 g formaggio bianco
140 g zucchero
3 uova
60 ml olio semi
8 g lievito
3 g bicarbonato
2 g sale
mirtilli rossi disidratati
zucchero di canna biondo
Sbatto le uova con zucchero, formaggio e l'olio di semi, per i dolci uso sempre quello di vinaccioli.
Poi aggiungo gli altri ingredienti secchi: farina, lievito, bicarbonato e un pizzico di sale.
Imburro e spolvero di zucchero di canna uno stampo da 22 cm.
Verso l'impasto e sulla sua superficie appoggio i mirtilli disidratati.
Inforno a 180° per circa 45'.
Sformo la torta su una gratella perché possa raffreddare.
Da loro prendo spesso spunto per qualche torta. Amo soprattutto quelle semplici e infatti questa è molto basic e mi piace perché è priva di burro.
Grazie al formaggio e all'olio di semi viene molto alta e soffice. L'ho provata sia con formaggio tipo quark che con ricotta. Vi metterò entrambe le versioni, la seconda è colorata e adatta al Carnevale perciò la posterò tra qualche settimana.
Le dosi sono per una torta da 22 cm, ossia per almeno 6 persone.
Buona domenica amici gourmand!
-ricetta-
250 g farina 00
175 g formaggio bianco
140 g zucchero
3 uova
60 ml olio semi
8 g lievito
3 g bicarbonato
2 g sale
mirtilli rossi disidratati
zucchero di canna biondo
Sbatto le uova con zucchero, formaggio e l'olio di semi, per i dolci uso sempre quello di vinaccioli.
Poi aggiungo gli altri ingredienti secchi: farina, lievito, bicarbonato e un pizzico di sale.
Imburro e spolvero di zucchero di canna uno stampo da 22 cm.
Verso l'impasto e sulla sua superficie appoggio i mirtilli disidratati.
Inforno a 180° per circa 45'.
Sformo la torta su una gratella perché possa raffreddare.
sabato 28 gennaio 2017
Il cotechino in galera
Pronti per un nuovo viaggio, il primo di questo duemiladiciassette. Ci spingeremo sino all'Hérault per il salone internazionale dei vini del Sud della Francia. Le ricette non mancheranno grazie alla programmazione. Io spero di divertirmi e di assaggiare buone cose.
Intanto restiamo in Emilia con questa ricetta della tradizione.
Al contrario di quello in camicia, che è rivestito di pasta brisée o sfoglia, quello in galera è fasciato in una fetta di carne.
Lo abbiamo fatto spesso con mio papà, ma poi lo avevo messo nel dimenticatoio sino a che qualche settimana fa lo hanno consigliato nella trasmissione Vito con i suoi, e subito mi sono ricordata tutto.
Il piatto è tipico della cucina emiliana e mio papà ha vissuto a lungo a Piacenza, quindi...
Il procedimento in sé non è affatto difficile, in fondo è un brasato arrotolato come tanti, con la differenza che si cuoce nel Lambrusco e richiede un po' più di tempo perché prima occorre cuocere il cotechino.
Mi hanno regalato due o tre cotechini per Natale e ho scelto tra questi quello proveniente da un macellaio che lavora il più possibile a km zero e nel rispetto della natura. Fresco di insaccatura sono bastate meno di due ore per lessarlo, poi va spellato subito altrimenti l'abbondante collagene cementa la pelle al trito.
Per la carne mi sono fatta consigliare dallo stesso macellaio che mi ha dato un pezzo di noce, che ho aperto a libro allargandola il più possibile.
Le dosi sono per 6 persone.
-ricetta-
1 cotechino
600/700 g noce vitellone
100 g prosciutto crudo
100 g spinaci cotti e ripassati
100 g passata di pomodoro
1 bottiglia di lambrusco
cipolla, sedano e carota per il soffritto
olio evo e burro
sale, pepe
Lesso il cotechino in abbondante acqua. Io prima lo foro qua e là con uno spillo, poi lo avvolgo in cartaforno e lego le estremità, infine lo metto in acqua fredda e da che inizia a bollire abbasso la fiamma in modo che l'acqua possa fremere appena, e calcolo circa due ore, anche tre se è molto grande. Quando è pronto lo estraggo dall'acqua di cottura, elimino la carta e lo spello.
Apro la carne a libro, la ricopro con le fettine di crudo e poi stendo gli spinaci, che ho prima cotto poi ripassato in padella e tritato.
Sopra appoggio il cotechino spellato e avvolgo in un rotolo stretto, che fermo con giri di spago.
Non salo all'interno, cotechino e prosciutto bastano già.
Preparo un trito con le verdure e lo soffriggo in una pentola assieme a una noce di burro e un filo d'olio. Poi ci rosolo la carne da ogni lato e quando è ben colorita la sfumo con un bicchiere di vino, che deve essere lambrusco, possibilmente di quelli scuri e corposi.
Sfumato il primo vino ne metto altro, ce ne vuole circa 600 ml, salo e macino pepe fresco poi aggiungo la passata e quando il vino ha eliminato un po' del suo alcol e bolle allegramente abbasso la fiamma e copro parzialmente, proseguendo la cottura per un'ora almeno.
Se non sono troppo sicura che la carne sia giustamente morbida metto il rotolo in pentola a pressione assieme a un po' del suo succo e calcolo 20' di pressione dal fischio.
A questo punto lo faccio riposare e filtro il sugo passandolo con un setaccio oppure con la frusta a immersione.
Lo porto in tavola affettato e bagnato dalla saporita salsina con lenticchie o patate lesse come accompagnamento.
Intanto restiamo in Emilia con questa ricetta della tradizione.
Al contrario di quello in camicia, che è rivestito di pasta brisée o sfoglia, quello in galera è fasciato in una fetta di carne.
Lo abbiamo fatto spesso con mio papà, ma poi lo avevo messo nel dimenticatoio sino a che qualche settimana fa lo hanno consigliato nella trasmissione Vito con i suoi, e subito mi sono ricordata tutto.
Il piatto è tipico della cucina emiliana e mio papà ha vissuto a lungo a Piacenza, quindi...
Il procedimento in sé non è affatto difficile, in fondo è un brasato arrotolato come tanti, con la differenza che si cuoce nel Lambrusco e richiede un po' più di tempo perché prima occorre cuocere il cotechino.
Mi hanno regalato due o tre cotechini per Natale e ho scelto tra questi quello proveniente da un macellaio che lavora il più possibile a km zero e nel rispetto della natura. Fresco di insaccatura sono bastate meno di due ore per lessarlo, poi va spellato subito altrimenti l'abbondante collagene cementa la pelle al trito.
Per la carne mi sono fatta consigliare dallo stesso macellaio che mi ha dato un pezzo di noce, che ho aperto a libro allargandola il più possibile.
Le dosi sono per 6 persone.
-ricetta-
1 cotechino
600/700 g noce vitellone
100 g prosciutto crudo
100 g spinaci cotti e ripassati
100 g passata di pomodoro
1 bottiglia di lambrusco
cipolla, sedano e carota per il soffritto
olio evo e burro
sale, pepe
Lesso il cotechino in abbondante acqua. Io prima lo foro qua e là con uno spillo, poi lo avvolgo in cartaforno e lego le estremità, infine lo metto in acqua fredda e da che inizia a bollire abbasso la fiamma in modo che l'acqua possa fremere appena, e calcolo circa due ore, anche tre se è molto grande. Quando è pronto lo estraggo dall'acqua di cottura, elimino la carta e lo spello.
Apro la carne a libro, la ricopro con le fettine di crudo e poi stendo gli spinaci, che ho prima cotto poi ripassato in padella e tritato.
Sopra appoggio il cotechino spellato e avvolgo in un rotolo stretto, che fermo con giri di spago.
Non salo all'interno, cotechino e prosciutto bastano già.
Preparo un trito con le verdure e lo soffriggo in una pentola assieme a una noce di burro e un filo d'olio. Poi ci rosolo la carne da ogni lato e quando è ben colorita la sfumo con un bicchiere di vino, che deve essere lambrusco, possibilmente di quelli scuri e corposi.
Sfumato il primo vino ne metto altro, ce ne vuole circa 600 ml, salo e macino pepe fresco poi aggiungo la passata e quando il vino ha eliminato un po' del suo alcol e bolle allegramente abbasso la fiamma e copro parzialmente, proseguendo la cottura per un'ora almeno.
Se non sono troppo sicura che la carne sia giustamente morbida metto il rotolo in pentola a pressione assieme a un po' del suo succo e calcolo 20' di pressione dal fischio.
A questo punto lo faccio riposare e filtro il sugo passandolo con un setaccio oppure con la frusta a immersione.
Lo porto in tavola affettato e bagnato dalla saporita salsina con lenticchie o patate lesse come accompagnamento.
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giovedì 26 gennaio 2017
Dahl di piselli speziati
Il dahl di lenticchie rosse, che ho più volte proposto sul finire dello scorso anno, ha riscosso tanto successo. Quindi mi sono detta che potevo azzardare l'esperimento coi piselli spezzati.
Test riuscitissimo!
E adesso ve lo racconto, così chi ha tanto apprezzato l'altra ricetta potrà cimentarsi anche con questa.
Un contorno saporito e completo, dove non bisogna abbassare la guardia sulla qualità della materia prima. Quando si tratta di legumi accertiamoci della loro provenienza, essendo un prodotto che rende molto stiamo attenti alla sua tracciabilità, verificando la filiera di produzione.
Dosi abbondanti... per giornate ghiacciate.
-ricetta-
300 g piselli spezzati
2 carote
2 gambi di sedano
1 cipolla grande
3 spicchi di aglio
1 pezzetto da 4 cm di zenzero fresco
400 g passata di pomodoro
400 ml brodo vegetale
200 ml latte di cocco
2 cucchiai curry
40 g burro chiarificato
sale
Trito finemente (in mirepoix) le verdure per il soffritto. Le faccio saltare nel burro assieme a una presa di sale per 5', mescolando per non farle bruciare.
Nel frattempo trito nel cutter l'aglio e lo zenzero sbucciato, aggiungo questo trito al soffritto assieme al curry, faccio tostare e lascio rosolare mescolando per ancora 3'.
Poi aggiungo la passata e il latte di cocco.
Verso il brodo vegetale (fatto in casa, vi prego) con altrettanta acqua e porto a ebollizione. Aggiungo i piselli sciacquati, riduco la fiamma e porto a cottura, ci vorrà circa un'ora.
Se dovesse addensare troppo aggiungo altro brodo vegetale.
Spengo quando i piselli sono teneri ma non sfatti.
Lascio riposare un paio d'ore, così i sapori si mescolano bene, prima di servire.
Test riuscitissimo!
E adesso ve lo racconto, così chi ha tanto apprezzato l'altra ricetta potrà cimentarsi anche con questa.
Un contorno saporito e completo, dove non bisogna abbassare la guardia sulla qualità della materia prima. Quando si tratta di legumi accertiamoci della loro provenienza, essendo un prodotto che rende molto stiamo attenti alla sua tracciabilità, verificando la filiera di produzione.
Dosi abbondanti... per giornate ghiacciate.
-ricetta-
300 g piselli spezzati
2 carote
2 gambi di sedano
1 cipolla grande
3 spicchi di aglio
1 pezzetto da 4 cm di zenzero fresco
400 g passata di pomodoro
400 ml brodo vegetale
200 ml latte di cocco
2 cucchiai curry
40 g burro chiarificato
sale
Trito finemente (in mirepoix) le verdure per il soffritto. Le faccio saltare nel burro assieme a una presa di sale per 5', mescolando per non farle bruciare.
Nel frattempo trito nel cutter l'aglio e lo zenzero sbucciato, aggiungo questo trito al soffritto assieme al curry, faccio tostare e lascio rosolare mescolando per ancora 3'.
Poi aggiungo la passata e il latte di cocco.
Verso il brodo vegetale (fatto in casa, vi prego) con altrettanta acqua e porto a ebollizione. Aggiungo i piselli sciacquati, riduco la fiamma e porto a cottura, ci vorrà circa un'ora.
Se dovesse addensare troppo aggiungo altro brodo vegetale.
Spengo quando i piselli sono teneri ma non sfatti.
Lascio riposare un paio d'ore, così i sapori si mescolano bene, prima di servire.
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martedì 24 gennaio 2017
Il brodo di ossa
Pare che uno dei sistemi migliori per prevenire forme influenzali sia assumere almeno una grande tazza di brodo di ossa al giorno. Leggete in rete cercando bone broth, c'è un mondo di interpretazioni sui suoi benefici e non lo sostengono solo i fautori della dieta paleo. Cartilagini e connettivo sono ricchi di minerali come calcio e fosforo, aminoacidi e molto altro che aiuterebbero le articolazioni -quindi è un valido sostegno anche per chi soffre di artrosi- e anche l'intestino, favorendo la riepitelizzazione e le disfunzioni legate a impoverimento della flora intestinale.
Pare proprio che ci siano basi scientifiche dietro questa teoria: posso solo affermare, nel mio piccolo e sinora, che il sistema ha funzionato alla grande.
Ma non solo: renderebbe più forti e lucenti capelli e unghie. E persino la pelle si avvantaggia del collagene. Insomma... perché non ce lo hanno detto prima che l'elisir di giovinezza esiste?
Oltretutto c'è l'indubbio vantaggio di avere sempre a disposizione del buon brodo casalingo a costi irrilevanti, utile in inverno per cuocere risotti, fare zuppe e minestre o buono da solo.
Dopo che da due mesi ne ho fatto uno a settimana utilizzando la pentola a pressione, mi sono persino dotata di un nuovo aggeggio in cucina: una pentola slow-cooker, altro sfizio -un po' ingombrante a dire il vero- che però ha il vantaggio di cuocere durante la notte senza che io debba controllare il tempo.
Con la pentola a pressione calcolavo 4 h dal fischio, con la crock-pot lascio cuocere il tutto per 12/24/36 h a bassa temperatura.
I risultati, con entrambe le pentole, sono entusiasmanti. Ottengo un brodo mai visto, denso e piuttosto scuro, paragonabile a un fondo diluito se prima faccio rosolare ossa, carne e verdure; più chiaro se cuocio tutto a lungo ma a freddo.
È preferibile scegliere ossa con un po' di cartilagine, tipo quelle di ginocchio, che rilasciano un brodo gelatinoso. Ma vanno ugualmente bene anche scarti di pollo, persino la carcassa spolpata di un pollo arrosto. Qualsiasi scarto va bene, anche ossa ricavate da precedenti cotture; mi vengono in mente quei begli ossi che restano dalla cottura di stinchi di maiale o vitello. Oppure le ossa della coda, o degli ossibuchi.
Insomma: vi ho incuriosito con la mia ricetta salva influenza?
Ho usato, in questo periodo di sperimentazione, un po' di tutto: dal pollo al cappone (carcasse e ali), manzo, ossa in genere, ossi di stinchi di maiale precedentemente cotti. Pare che più cuociano a lungo (senza bollire) più sostanze rilascino. Altro trucco che permette di preservare le proprietà intrinseche delle ossa è quello di aggiungere qualche cucchiaio di aceto di mele assieme all'acqua. Tranquilli, il suo sapore è più delicato di quello ricavato dal vino e alla fine della lunga cottura non lo percepirete.
Devo dire che con ossa fresche e scarti di carne crudi preferisco il metodo di rosolatura, ma è un gusto mio, e il procedimento è un po' più elaborato...
In effetti è quello che vedete fotografato. Ho utilizzato ali di pollo e carcasse di costato che ho fatto ben rosolare in una grande padella a fuoco vivace, poi ho aggiunto le verdure a pezzi grandi, facendo caramellare pure loro.
Infine ho travasato tutto nella pentola a pressione, ho riempito la pentola con circa 4 litri di acqua, 4 cucchiai di aceto di mele o sidro e ho messo il coperchio. Naturalmente ho acquistato una slow-cooker molto capiente... dove ci stanno comodi 4 litri di acqua oltre al resto.
Al fischio ho abbassato la fiamma calcolando 4 ore di cottura.
Altra condizione fondamentale è che il tutto cuocia a calore il più moderato possibile, perché una elevata temperatura distruggerebbe a priori il collagene rompendone i legami.
Ma vi spiego meglio qui sotto il procedimento.
Dosi per 3 litri di brodo, concentrato.
-ricetta-
1 kg di ali e scarti di pollo/altri ossi a scelta
2 carote
2 gambi di sedano
1 cipolla grande
aceto di mele/sidro
grani di pepe
sale grosso
Pulisco sommariamente le ali del pollo eliminando le parti di pelle col grasso più evidente. Lavo bene e tampono con carta da cucina.
Con una mazzetta faccio a pezzi le parti e le metto a secco in una grande padella, lascio che rosolino su fiamma vivace, girandoli spesso, fino a che non prendono un bel colore brunito.
Man mano che scuriscono li trasferisco nella pentola a pressione o nella slow-cooker, e al loro posto inserisco le verdure a pezzi. Lascio che anche loro si caramellizzino, non devono bruciare -che si rovinerebbe tutto-, e infine quando ho tutto il pollo e le verdure ben rosolati copro con abbondante acqua, almeno 4 litri, e aggiungo l'aceto, un cucchiaio di sale e alcuni grani di pepe.
Chiudo la pentola e aspetto che inizi a fischiare, abbasso la fiamma e calcolo 240'. Con la slow-cooker imposto su low e la programmo per minimo 12 ore; a seconda delle mie esigenze prolungo la cottura anche oltre le 24 h, portandola a 36 per ottenere un super concentrato di estratti.
Trascorso il tempo elimino il vapore residuo dalla pentola a pressione e con un ragno trasferisco la carne e le verdure in un vassoio.
Filtro una prima volta il brodo e lo metto al freddo, sul davanzale/terrazzo se fa freddo, oppure in frigorifero. Trascorsa una notte, si sarà formata in superficie una crosticina di grasso, poca roba per la verità, che elimino (ma posso ri-usare in un soffritto).
Filtro nuovamente, con una garza o un colino a maglie fittissime, e travaso in bottiglie che conservo in frigorifero sino a una settimana oppure in freezer per qualche mese.
Ne bevo due tazze calde al giorno. Funziona!!!
Consiglio di recupero: spolpo gli avanzi del pollo (scartando la pelle e gli ossicini) e ci faccio una zuppa saporita e ricca.
Li metto in una pentola con una noce di burro, li spolvero di farina e li scaldo con del brodo. Volendo posso aggiungere le carote della cottura oppure patate a tocchetti piccoli.
Una volta cotto il tutto, mescolando e sorvegliando perché non attacchi, regolo di sale e con la frusta a immersione creo una vellutata da servire con crostini di pane abbrustolito.
Se invece ho usato ossa di ginocchio, le scarnifico recuperando tutte le cartilagini che compatto in un contenitore. Poi, dopo che si sono ben raffreddate e sono diventate una mattonella, le affetto sottili facendone un saporito antipasto di nervetti.
Pare proprio che ci siano basi scientifiche dietro questa teoria: posso solo affermare, nel mio piccolo e sinora, che il sistema ha funzionato alla grande.
Ma non solo: renderebbe più forti e lucenti capelli e unghie. E persino la pelle si avvantaggia del collagene. Insomma... perché non ce lo hanno detto prima che l'elisir di giovinezza esiste?
Oltretutto c'è l'indubbio vantaggio di avere sempre a disposizione del buon brodo casalingo a costi irrilevanti, utile in inverno per cuocere risotti, fare zuppe e minestre o buono da solo.
Dopo che da due mesi ne ho fatto uno a settimana utilizzando la pentola a pressione, mi sono persino dotata di un nuovo aggeggio in cucina: una pentola slow-cooker, altro sfizio -un po' ingombrante a dire il vero- che però ha il vantaggio di cuocere durante la notte senza che io debba controllare il tempo.
Con la pentola a pressione calcolavo 4 h dal fischio, con la crock-pot lascio cuocere il tutto per 12/24/36 h a bassa temperatura.
I risultati, con entrambe le pentole, sono entusiasmanti. Ottengo un brodo mai visto, denso e piuttosto scuro, paragonabile a un fondo diluito se prima faccio rosolare ossa, carne e verdure; più chiaro se cuocio tutto a lungo ma a freddo.
È preferibile scegliere ossa con un po' di cartilagine, tipo quelle di ginocchio, che rilasciano un brodo gelatinoso. Ma vanno ugualmente bene anche scarti di pollo, persino la carcassa spolpata di un pollo arrosto. Qualsiasi scarto va bene, anche ossa ricavate da precedenti cotture; mi vengono in mente quei begli ossi che restano dalla cottura di stinchi di maiale o vitello. Oppure le ossa della coda, o degli ossibuchi.
Insomma: vi ho incuriosito con la mia ricetta salva influenza?
Ho usato, in questo periodo di sperimentazione, un po' di tutto: dal pollo al cappone (carcasse e ali), manzo, ossa in genere, ossi di stinchi di maiale precedentemente cotti. Pare che più cuociano a lungo (senza bollire) più sostanze rilascino. Altro trucco che permette di preservare le proprietà intrinseche delle ossa è quello di aggiungere qualche cucchiaio di aceto di mele assieme all'acqua. Tranquilli, il suo sapore è più delicato di quello ricavato dal vino e alla fine della lunga cottura non lo percepirete.
Devo dire che con ossa fresche e scarti di carne crudi preferisco il metodo di rosolatura, ma è un gusto mio, e il procedimento è un po' più elaborato...
In effetti è quello che vedete fotografato. Ho utilizzato ali di pollo e carcasse di costato che ho fatto ben rosolare in una grande padella a fuoco vivace, poi ho aggiunto le verdure a pezzi grandi, facendo caramellare pure loro.
Infine ho travasato tutto nella pentola a pressione, ho riempito la pentola con circa 4 litri di acqua, 4 cucchiai di aceto di mele o sidro e ho messo il coperchio. Naturalmente ho acquistato una slow-cooker molto capiente... dove ci stanno comodi 4 litri di acqua oltre al resto.
Al fischio ho abbassato la fiamma calcolando 4 ore di cottura.
Altra condizione fondamentale è che il tutto cuocia a calore il più moderato possibile, perché una elevata temperatura distruggerebbe a priori il collagene rompendone i legami.
Ma vi spiego meglio qui sotto il procedimento.
Dosi per 3 litri di brodo, concentrato.
-ricetta-
1 kg di ali e scarti di pollo/altri ossi a scelta
2 carote
2 gambi di sedano
1 cipolla grande
aceto di mele/sidro
grani di pepe
sale grosso
Pulisco sommariamente le ali del pollo eliminando le parti di pelle col grasso più evidente. Lavo bene e tampono con carta da cucina.
Con una mazzetta faccio a pezzi le parti e le metto a secco in una grande padella, lascio che rosolino su fiamma vivace, girandoli spesso, fino a che non prendono un bel colore brunito.
Man mano che scuriscono li trasferisco nella pentola a pressione o nella slow-cooker, e al loro posto inserisco le verdure a pezzi. Lascio che anche loro si caramellizzino, non devono bruciare -che si rovinerebbe tutto-, e infine quando ho tutto il pollo e le verdure ben rosolati copro con abbondante acqua, almeno 4 litri, e aggiungo l'aceto, un cucchiaio di sale e alcuni grani di pepe.
Chiudo la pentola e aspetto che inizi a fischiare, abbasso la fiamma e calcolo 240'. Con la slow-cooker imposto su low e la programmo per minimo 12 ore; a seconda delle mie esigenze prolungo la cottura anche oltre le 24 h, portandola a 36 per ottenere un super concentrato di estratti.
Trascorso il tempo elimino il vapore residuo dalla pentola a pressione e con un ragno trasferisco la carne e le verdure in un vassoio.
Filtro una prima volta il brodo e lo metto al freddo, sul davanzale/terrazzo se fa freddo, oppure in frigorifero. Trascorsa una notte, si sarà formata in superficie una crosticina di grasso, poca roba per la verità, che elimino (ma posso ri-usare in un soffritto).
Filtro nuovamente, con una garza o un colino a maglie fittissime, e travaso in bottiglie che conservo in frigorifero sino a una settimana oppure in freezer per qualche mese.
Ne bevo due tazze calde al giorno. Funziona!!!
Consiglio di recupero: spolpo gli avanzi del pollo (scartando la pelle e gli ossicini) e ci faccio una zuppa saporita e ricca.
Li metto in una pentola con una noce di burro, li spolvero di farina e li scaldo con del brodo. Volendo posso aggiungere le carote della cottura oppure patate a tocchetti piccoli.
Una volta cotto il tutto, mescolando e sorvegliando perché non attacchi, regolo di sale e con la frusta a immersione creo una vellutata da servire con crostini di pane abbrustolito.
Se invece ho usato ossa di ginocchio, le scarnifico recuperando tutte le cartilagini che compatto in un contenitore. Poi, dopo che si sono ben raffreddate e sono diventate una mattonella, le affetto sottili facendone un saporito antipasto di nervetti.
Ho aggiornato la ricetta del gennaio 2017 a ottobre 2022, dopo varie sperimentazioni nella sc. Finalmente è giunta la stagione ideale, con temperature più adatte per produrre e conservare il mio brodo di ossa settimanale.
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domenica 22 gennaio 2017
Torta con datteri all'acqua di fiori d'arancio
Ho trovato la ricetta su un sito di pasticceria marocchina e ho subito colto l'occasione, data l'abbondanza di datteri che ho avanzato dal periodo natalizio. Sono sicura che anche voi ne avrete ancora in casa.
È una torta semplice, soffice e delicatamente profumata dall'eau de fleur d'oranger, aroma molto usato in tutta la pasticceria dei paesi che affacciano lungo la costa africana del Mediterraneo, così come è indispensabile nella pastiera napoletana.
-ricetta-
150 g farina 00
100 g zucchero
50 g fecola
200 g datteri denocciolati
100 ml latte
100 ml olio semi
3 uova
8 g lievito
2 cucchiai di acqua di fiori d'arancio
sale
Monto lo zucchero col burro morbido sino a ottenere un composto soffice e gonfio prima di aggiungere un uovo alla volta e poi il latte mescolato all'olio.
Inglobo quindi gli elementi secchi e profumo con l'acqua di fiori d'arancio.
Al composto ottenuto aggiungo i datteri a pezzettini e verso tutto in una teglia da 22/24 cm ben imburrata e infarinata.
Metto a cuocere in forno a 180° per circa 45'.
Sformo la torta su una gratella perché possa raffreddare, quindi la trasferisco nel piatto di servizio e la spolvero di zucchero a velo solo prima di portarla in tavola.
È una torta semplice, soffice e delicatamente profumata dall'eau de fleur d'oranger, aroma molto usato in tutta la pasticceria dei paesi che affacciano lungo la costa africana del Mediterraneo, così come è indispensabile nella pastiera napoletana.
-ricetta-
150 g farina 00
100 g zucchero
50 g fecola
200 g datteri denocciolati
100 ml latte
100 ml olio semi
3 uova
8 g lievito
2 cucchiai di acqua di fiori d'arancio
sale
Monto lo zucchero col burro morbido sino a ottenere un composto soffice e gonfio prima di aggiungere un uovo alla volta e poi il latte mescolato all'olio.
Inglobo quindi gli elementi secchi e profumo con l'acqua di fiori d'arancio.
Al composto ottenuto aggiungo i datteri a pezzettini e verso tutto in una teglia da 22/24 cm ben imburrata e infarinata.
Metto a cuocere in forno a 180° per circa 45'.
Sformo la torta su una gratella perché possa raffreddare, quindi la trasferisco nel piatto di servizio e la spolvero di zucchero a velo solo prima di portarla in tavola.
sabato 21 gennaio 2017
Gnocchi di ricotta e cavolo nero
Le vicende di queste ultime settimane mi hanno insegnato qualcosa. Pare incredibile, ma è proprio vero che c'è sempre qualcosa da imparare. Quello che ho appreso dopo gli ultimi tragici fatti è che non bisogna lamentarsi per futili cose. Quindi faccio un fioretto: d'ora in avanti avrò diritto di lamentarmi solo per cose gravi. Il meteo avverso non vale, le piccole magagne fisiche nemmeno. Fanno parte della vita. Mentre il maltempo persistente, in zone già provate e disagiate dai terremoti, è pur vero che fa parte della vita ma è altrettanto vero che, forse, c'è qualcosa di malvagio e ultraterreno a disegnare queste sciagure. Come non condividere il pensiero del sindaco di Amatrice quando si domanda di quali colpe si siano macchiati in quelle zone per dover sopportare l'insopportabile?
Sono regioni a me molto vicine, avendo parenti sparsi nel quadrilatero appenninico, anche se di quelli più prossimi non ne resta che una manciata, gli altri sono arrivati al terzo/quarto grado di parentela. Ciò non toglie che la sera, quando chiudo gli occhi al caldo e nel comfort della mia casetta, penso a quanto debbano patire il freddo e governare la paura laggiù. E pure al buio. Il mio cuore è lì con loro.
Parlare di cucina in questi frangenti, con giornate serene, sembra una cosa futile. L'importante è non oscurare il cuore e sperare nello Stato, che è parecchio assente o, per meglio dire, inadempiente. Se non fosse per tutti i volontari, militari ecc...
Qualcosa di vegetariano è quasi indispensabile dopo le abbuffate senza fine del mese appena trascorso. Non so voi, ma a me alcune volte prendeva un senso di panico, che sfociava in nausea, alla vista di una cucina piena di ogni ben di dio.
Non nella mia, per fortuna, ma spesso a casa di amici quando vedevo una sfilza di portate che nemmeno io... pur in procinto delle nostre degustazioni. Il pensiero mi riportava alle preparazioni pantagrueliche che organizzava mio padre.
Non fraintendetemi: non che la mia cucina sia vuota in certe occasioni, ma i piatti sono calibrati sul numero dei commensali e le portate pensate e concepite affinché si possano susseguire sino alla fine senza appesantirsi troppo.
Quando invece mi capita di essere ospite... mi prende il panico. Intanto, se sono a casa mia posso tranquillamente eludere l'attenzione di chi condivide la nostra tavola e non assaggiare alcune portate. Invece da ospitata devo onorare tutta la cucina altrui e se, come spesso mi capita, si sommano portate simili per carico di carboidrati una sopra all'altra... il mio stomaco (comandato dal cervello) va in tilt. Subito mi assale una nausea assurda, da rifiuto totale di quello che devo portare alla bocca.
Fortuna che riesco a controllarmi il tempo di arrivare alla fine del 'lauto' pasto. Poi a casa mi riservo almeno tre giorni di dieta liquida, l'unica terapia che funzioni, coi miei amati brodi di ossa. Di cui vi parlerò prestissimo.
Perciò, in caso di incontri conviviali dopo festività, spesso ricorro a portate vegetariane che non hanno nulla di 'ospedaliero'.
La ricotta sceglietela di qualità. Niente pappette dalla consistenza terrosa. Una buona ricotta granulosa e saporita, anche di pecora o capra, meglio se di un caseificio artigianale.
Le dosi di questi gnocchi sono per 4.
-ricetta-
250 g ricotta
200 g farina
100 g parmigiano/grana grattugiato
50 g cavolo nero lessato e tritato
1 uovo piccolo
noce moscata
sale, pepe
sugo leggero di pomodoro fresco per condire
Trito finissimo il cavolo nero e lo mescolo in una boule con la ricotta, il parmigiano, l'uovo e la farina.
Condisco con un pizzicone di sale e una macinata di pepe e noce moscata.
Impasto velocemente, formo salametti con la pasta e ne ricavo gnocchetti che infarino e conservo coperti al fresco sino al momento della lessatura.
Porto a ebollizione abbondante acqua salata in una pentola capiente, verso gli gnocchi e li scolo dopo 1' da quando sono risaliti in superficie.
Li condisco con la salsa di pomodori freschi e li servo subito, con altro formaggio per chi non ne può fare a meno.
Personalmente li adoro anche freddi...
Il sugo di pomodoro lo preparo fresco anche d'inverno. Sbollento e passo o sminuzzo datterini o perini di serre italiane. Ma non pretendo che facciate altrettanto, usate pure il pomodoro che vi fa più comodo, basta che sia italiano!
Sono regioni a me molto vicine, avendo parenti sparsi nel quadrilatero appenninico, anche se di quelli più prossimi non ne resta che una manciata, gli altri sono arrivati al terzo/quarto grado di parentela. Ciò non toglie che la sera, quando chiudo gli occhi al caldo e nel comfort della mia casetta, penso a quanto debbano patire il freddo e governare la paura laggiù. E pure al buio. Il mio cuore è lì con loro.
Parlare di cucina in questi frangenti, con giornate serene, sembra una cosa futile. L'importante è non oscurare il cuore e sperare nello Stato, che è parecchio assente o, per meglio dire, inadempiente. Se non fosse per tutti i volontari, militari ecc...
Qualcosa di vegetariano è quasi indispensabile dopo le abbuffate senza fine del mese appena trascorso. Non so voi, ma a me alcune volte prendeva un senso di panico, che sfociava in nausea, alla vista di una cucina piena di ogni ben di dio.
Non nella mia, per fortuna, ma spesso a casa di amici quando vedevo una sfilza di portate che nemmeno io... pur in procinto delle nostre degustazioni. Il pensiero mi riportava alle preparazioni pantagrueliche che organizzava mio padre.
Non fraintendetemi: non che la mia cucina sia vuota in certe occasioni, ma i piatti sono calibrati sul numero dei commensali e le portate pensate e concepite affinché si possano susseguire sino alla fine senza appesantirsi troppo.
Quando invece mi capita di essere ospite... mi prende il panico. Intanto, se sono a casa mia posso tranquillamente eludere l'attenzione di chi condivide la nostra tavola e non assaggiare alcune portate. Invece da ospitata devo onorare tutta la cucina altrui e se, come spesso mi capita, si sommano portate simili per carico di carboidrati una sopra all'altra... il mio stomaco (comandato dal cervello) va in tilt. Subito mi assale una nausea assurda, da rifiuto totale di quello che devo portare alla bocca.
Fortuna che riesco a controllarmi il tempo di arrivare alla fine del 'lauto' pasto. Poi a casa mi riservo almeno tre giorni di dieta liquida, l'unica terapia che funzioni, coi miei amati brodi di ossa. Di cui vi parlerò prestissimo.
Perciò, in caso di incontri conviviali dopo festività, spesso ricorro a portate vegetariane che non hanno nulla di 'ospedaliero'.
La ricotta sceglietela di qualità. Niente pappette dalla consistenza terrosa. Una buona ricotta granulosa e saporita, anche di pecora o capra, meglio se di un caseificio artigianale.
Le dosi di questi gnocchi sono per 4.
-ricetta-
250 g ricotta
200 g farina
100 g parmigiano/grana grattugiato
50 g cavolo nero lessato e tritato
1 uovo piccolo
noce moscata
sale, pepe
sugo leggero di pomodoro fresco per condire
Trito finissimo il cavolo nero e lo mescolo in una boule con la ricotta, il parmigiano, l'uovo e la farina.
Condisco con un pizzicone di sale e una macinata di pepe e noce moscata.
Impasto velocemente, formo salametti con la pasta e ne ricavo gnocchetti che infarino e conservo coperti al fresco sino al momento della lessatura.
Porto a ebollizione abbondante acqua salata in una pentola capiente, verso gli gnocchi e li scolo dopo 1' da quando sono risaliti in superficie.
Li condisco con la salsa di pomodori freschi e li servo subito, con altro formaggio per chi non ne può fare a meno.
Personalmente li adoro anche freddi...
Il sugo di pomodoro lo preparo fresco anche d'inverno. Sbollento e passo o sminuzzo datterini o perini di serre italiane. Ma non pretendo che facciate altrettanto, usate pure il pomodoro che vi fa più comodo, basta che sia italiano!
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giovedì 19 gennaio 2017
Funghi Portobello al gratin
Se non fosse stato per l'amica Patrizia, che a volte mi manda dei messaggi whatsapp per chiedermi aiuto con ingredienti in cui si imbatte facendo la spesa... (l'ho contagiata, le ho messo il tarlo della curiosità. Adesso non si ferma davanti a nulla!) non avrei mai pubblicato questa ricetta, sperduta nella cartella delle bozze pronte dallo scorso mese di maggio!
Di sicuro molti di voi avranno visto queste enormi cappelle di funghi champignon, prodotti da colture apposite, e si sarà chiesto come cucinarle. Allo scopo ci vengono in aiuto gli inglesi che ne sono grandi consumatori e, azzardo io, li hanno chiamati così proprio per la passione che hanno scatenato tra gli anglosassoni, allo stesso modo che i francesi chiamano 'champignon de Paris' i normali funghi coltivati.
Comunque, una delle ricette più gettonate è di farli gratinati con una béchamel arricchita da salumi e formaggi. È sicuramente un modo goloso di portarli in tavola. Non possono che piacere a tutti.
Quindi eccovi la spiegazione di come li ho cucinati.
Tre funghi Portobello, di cui peraltro vengono confezionate solo le grandi teste, pesano più o meno 500 g e non occorre eliminare la parte di lamelle scure.
-ricetta-
500 g funghi Portobello
100 g formaggio tipo emmental grattugiato
100 g prosciutto cotto
30 g burro
sale, pepe
per la béchamel:
300 ml latte
20 g burro
20 g farina
sale, noce moscata
Parto col preparare la besciamella, facendo il roux con burro e farina che diluisco col latte. Mescolo senza sosta sul fuoco sino a che addensa, quindi salo e gratto un po' di noce moscata.
Poi unisco formaggio e prosciutto, tenendo da parte un po' di emmental da mettere in cima, all'ultimo.
Quanto ai funghi li lavo velocemente alla ricerca di eventuali residui di terra, poi li asciugo con carta da cucina. Li metto su un piatto che possa andare al microonde e verso sul fondo due cucchiai di acqua e uno di olio.
Copro con pellicola e cuocio alla massima potenza per 3'.
Quindi faccio parzialmente intiepidire i funghi ben sgocciolati.
Prendo un piatto da forno e ci appoggio le cappelle che farcisco con la besciamella ben condita che ho preparato prima.
Sopra metto ancora qualche filo di formaggio a filetti, una macinata di pepe e un fiocchetto di burro.
Metto in forno a 180° e faccio cuocere e gratinare per circa 25'.
Li porto in tavola caldi, eventualmente divisi a metà. La porzione è molto generosa, uno intero può contare come secondo.
Di sicuro molti di voi avranno visto queste enormi cappelle di funghi champignon, prodotti da colture apposite, e si sarà chiesto come cucinarle. Allo scopo ci vengono in aiuto gli inglesi che ne sono grandi consumatori e, azzardo io, li hanno chiamati così proprio per la passione che hanno scatenato tra gli anglosassoni, allo stesso modo che i francesi chiamano 'champignon de Paris' i normali funghi coltivati.
Comunque, una delle ricette più gettonate è di farli gratinati con una béchamel arricchita da salumi e formaggi. È sicuramente un modo goloso di portarli in tavola. Non possono che piacere a tutti.
Quindi eccovi la spiegazione di come li ho cucinati.
Tre funghi Portobello, di cui peraltro vengono confezionate solo le grandi teste, pesano più o meno 500 g e non occorre eliminare la parte di lamelle scure.
-ricetta-
500 g funghi Portobello
100 g formaggio tipo emmental grattugiato
100 g prosciutto cotto
30 g burro
sale, pepe
per la béchamel:
300 ml latte
20 g burro
20 g farina
sale, noce moscata
Parto col preparare la besciamella, facendo il roux con burro e farina che diluisco col latte. Mescolo senza sosta sul fuoco sino a che addensa, quindi salo e gratto un po' di noce moscata.
Poi unisco formaggio e prosciutto, tenendo da parte un po' di emmental da mettere in cima, all'ultimo.
Quanto ai funghi li lavo velocemente alla ricerca di eventuali residui di terra, poi li asciugo con carta da cucina. Li metto su un piatto che possa andare al microonde e verso sul fondo due cucchiai di acqua e uno di olio.
Copro con pellicola e cuocio alla massima potenza per 3'.
Quindi faccio parzialmente intiepidire i funghi ben sgocciolati.
Prendo un piatto da forno e ci appoggio le cappelle che farcisco con la besciamella ben condita che ho preparato prima.
Sopra metto ancora qualche filo di formaggio a filetti, una macinata di pepe e un fiocchetto di burro.
Metto in forno a 180° e faccio cuocere e gratinare per circa 25'.
Li porto in tavola caldi, eventualmente divisi a metà. La porzione è molto generosa, uno intero può contare come secondo.
martedì 17 gennaio 2017
Pesto di rucola e spinacini ai pistacchi
Un pesto facilissimo che si fa in 10' di orologio, e in qualsiasi stagione, visto che non è legato alla stagione estiva del basilico, quindi non vale nessuna scusa... tipo 'mi piacerebbe ma non ho tempo'.
Al limite potete trovare la scusa di non avere in casa spinacini e rucola, oppure che non avete i pistacchi. Poco male, usate mandorle o nocciole.
Le scuse si aggirano e, in corsa, si possono cambiare alcuni ingredienti. Basta usare fantasia e avere occhio per gli accostamenti.
Le insalate ora le vendono in comode buste già pronte all'uso, non c'è nemmeno la scusa che bisogna sciacquarle molte volte, anche se io un lavaggio glielo faccio comunque, perché l'acqua dell'ultimo risciacquo mi serve per dare umidità quando li sbollento.
In più, il colore di questo pesto, grazie alla breve sbollentatura, rimane di un verde chiaro e intenso.
Dosi per 2/3 condimenti di pasta per 4 persone.
-ricetta-
150 g rucola
100 g spinacini
50 g formaggio grattugiato
40 g pistacchi pelati, non salati
olio evo
sale
Scotto rucola e spinacini con poca acqua del lavaggio, li sbollento appena per 1 o 2 minuti.
Li travaso con la poca acqua residua nel bicchiere alto della frusta e li faccio intiepidire.
Poi aggiungo i pistacchi -o le nocciole o le mandorle- e il formaggio.
Salo e verso un po' d'olio poi frullo tutto sino ad ottenere una crema densa che verso in barattoli di vetro.
Quando è il momento di usarla diluisco la quantità che mi serve con poca acqua di cottura della pasta ed eventualmente altro olio, se necessita o secondo i gusti.
Nella foto qui sotto un esempio di come lo uso: assieme a un trito di peperonata per condire la pasta. Spettacolare nel sapore!
Al limite potete trovare la scusa di non avere in casa spinacini e rucola, oppure che non avete i pistacchi. Poco male, usate mandorle o nocciole.
Le scuse si aggirano e, in corsa, si possono cambiare alcuni ingredienti. Basta usare fantasia e avere occhio per gli accostamenti.
Le insalate ora le vendono in comode buste già pronte all'uso, non c'è nemmeno la scusa che bisogna sciacquarle molte volte, anche se io un lavaggio glielo faccio comunque, perché l'acqua dell'ultimo risciacquo mi serve per dare umidità quando li sbollento.
In più, il colore di questo pesto, grazie alla breve sbollentatura, rimane di un verde chiaro e intenso.
Dosi per 2/3 condimenti di pasta per 4 persone.
-ricetta-
150 g rucola
100 g spinacini
50 g formaggio grattugiato
40 g pistacchi pelati, non salati
olio evo
sale
Scotto rucola e spinacini con poca acqua del lavaggio, li sbollento appena per 1 o 2 minuti.
Li travaso con la poca acqua residua nel bicchiere alto della frusta e li faccio intiepidire.
Poi aggiungo i pistacchi -o le nocciole o le mandorle- e il formaggio.
Salo e verso un po' d'olio poi frullo tutto sino ad ottenere una crema densa che verso in barattoli di vetro.
Quando è il momento di usarla diluisco la quantità che mi serve con poca acqua di cottura della pasta ed eventualmente altro olio, se necessita o secondo i gusti.
Nella foto qui sotto un esempio di come lo uso: assieme a un trito di peperonata per condire la pasta. Spettacolare nel sapore!
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domenica 15 gennaio 2017
Frollini alle prugne secche
Sulla pagina del Cucchiaio d'argento hanno pubblicato questa ricetta e io, come loro, vi esorto a usare le prugne di Agen, un AOP francese, perché sono morbide e succose, niente a che vedere con certe prugne secche rugose e asciutte -che vanno bene da cuocere nell'acqua per recuperarne il succo, dalle proprietà lassative-.
Io ho aggiunto anche un bicchierino, pari a 40 ml, di rum, perché secondo me con le prugne ci sta bene e i dolcetti non erano destinati a bambini. Sebbene... si avverta appena.
Una ricetta facile per fare dei buoni biscotti da colazione, dove sarete voi a scegliere il burro, la farina e tutto il resto... (frecciatina al mio amico Andreas che mi ha bonariamente rimproverato di aver usato burro industriale e non di malga. Si vede caro A. che non leggi da molto il mio blog perché è tutto il contrario... troppo spesso mi ripeto sull'uso di buon burro prodotto artigianalmente -a trovarlo- e allora non mi resta che lasciare libero arbitrio e smetterla di fare la precisina raccomandando sempre le solite cose. Preferisco che i miei lettori si sentano liberi di scegliere secondo i gusti e le disponibilità).
Diciamo che nei dolci casalinghi va bene un burro di quelli che si trovano un po' dappertutto che, rispetto alla maggior parte dei grassi contenuti nelle merendine e dolci di fabbricazione industriale, ha comunque una qualità migliore. Industriale o meno è pur sempre fatto con latte fresco e adesso possiamo sceglierne anche di latte di capra.
Le dosi sono per due placche, ossia più di 40 pezzi, belli grandi. Sulla grandezza regolatevi, fate conto che lievitano parecchio.
Buona domenica ai golosoni che attendono le giornate festive consacrate ai dolci!
-ricetta-
400 g farina 00
200 g burro morbido
170 g prugne denocciolate
150 g zucchero
20 g zucchero scuro di canna
12 g lievito
2 uova
sale
Sbatto il burro con lo zucchero poi aggiungo le uova e poco alla volta la farina col lievito e un pizzicone di sale. Mescolo senza insistere troppo e infine aggiungo le prugne ridotte e pezzettini e spolverate di farina.
Lascio il contenitore con l'impasto in frigorifero per un'ora, quando è freddo è più facile fare le porzioni.
Stendo i fogli di cartaforno o silpat sulle due placche e divido il composto in palline che appiattisco con una forchetta. Spolvero con un pizzico di zucchero scuro e inforno a 180° per circa 25'.
Regolatevi secondo la dimensione e il calore del vostro forno -non sono tutti uguali- e togliete le placche quando i biscotti sono cotti ma non eccessivamente. Devono rimanere morbidi, non sassosi.
Lasciateli raffreddare su una gratella e poi serviteli.
Io ho aggiunto anche un bicchierino, pari a 40 ml, di rum, perché secondo me con le prugne ci sta bene e i dolcetti non erano destinati a bambini. Sebbene... si avverta appena.
Una ricetta facile per fare dei buoni biscotti da colazione, dove sarete voi a scegliere il burro, la farina e tutto il resto... (frecciatina al mio amico Andreas che mi ha bonariamente rimproverato di aver usato burro industriale e non di malga. Si vede caro A. che non leggi da molto il mio blog perché è tutto il contrario... troppo spesso mi ripeto sull'uso di buon burro prodotto artigianalmente -a trovarlo- e allora non mi resta che lasciare libero arbitrio e smetterla di fare la precisina raccomandando sempre le solite cose. Preferisco che i miei lettori si sentano liberi di scegliere secondo i gusti e le disponibilità).
Diciamo che nei dolci casalinghi va bene un burro di quelli che si trovano un po' dappertutto che, rispetto alla maggior parte dei grassi contenuti nelle merendine e dolci di fabbricazione industriale, ha comunque una qualità migliore. Industriale o meno è pur sempre fatto con latte fresco e adesso possiamo sceglierne anche di latte di capra.
Le dosi sono per due placche, ossia più di 40 pezzi, belli grandi. Sulla grandezza regolatevi, fate conto che lievitano parecchio.
Buona domenica ai golosoni che attendono le giornate festive consacrate ai dolci!
-ricetta-
400 g farina 00
200 g burro morbido
170 g prugne denocciolate
150 g zucchero
20 g zucchero scuro di canna
12 g lievito
2 uova
sale
Sbatto il burro con lo zucchero poi aggiungo le uova e poco alla volta la farina col lievito e un pizzicone di sale. Mescolo senza insistere troppo e infine aggiungo le prugne ridotte e pezzettini e spolverate di farina.
Lascio il contenitore con l'impasto in frigorifero per un'ora, quando è freddo è più facile fare le porzioni.
Stendo i fogli di cartaforno o silpat sulle due placche e divido il composto in palline che appiattisco con una forchetta. Spolvero con un pizzico di zucchero scuro e inforno a 180° per circa 25'.
Regolatevi secondo la dimensione e il calore del vostro forno -non sono tutti uguali- e togliete le placche quando i biscotti sono cotti ma non eccessivamente. Devono rimanere morbidi, non sassosi.
Lasciateli raffreddare su una gratella e poi serviteli.
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