domenica 29 novembre 2020

Lo staccante per teglie


Buondì a tutti e buona domenica! Ultima di novembre, chissà che la prossima non ci trovi un po' più liberi, se non altro convinti di esserlo, con le mille limitazioni e tutte le precauzioni del caso che dobbiamo continuare a mantenere. Vietato abbassare la guardia, la stagione non ci viene incontro perciò aiutiamoci da soli come meglio possiamo.

Che si facciano dolci o torte salate lo staccante fa risparmiare tempo e materiali, è fuori di dubbio. Com'è nata l'esigenza di ricorrere a questa scorciatoia? È una storia lunga, che parte da lontano. Siete pronti? Vado a raccontare...

La prima volta che sono stata negli United States of America era il lontanissimo 1992. Mezzo millennio dopo Cristoforo Colombo! È grazie a questa data che ricordo quando ci sono stata. E grazie, anche, all'unico viaggio 'importante', sponsorizzato da una ditta farmaceutica a mio marito (giusto perché i medici viaggiano a destra e a manca per il mondo... panzane! O meglio... i piccoli specialisti, medici di famiglia, non li mandano da nessuna parte se non a congressi interni). E io pagai la mia quota per intero, sia chiaro. Comunque, non volevo essere polemica. È un ricordo emozionante perché era la nostra prima volta nel continente americano. Siamo stati ampiamente coccolati durante il soggiorno a Washington, ospitati in un hotel di charme piccolo e raccolto, dove amavano soggiornare personaggi importanti/famosi -tra i quali Michael Jackson-. Una sera, rientrando da una cena a base di 'Chili con carne' in un ristorantino famoso e carino di Georgetown, arrivati a due passi dall'hotel ci fermarono per far passare un lungo corteo di auto e, al centro di queste, la macchina completa di bandierine come la si vede nei film dell'allora presidente degli USA -George H.W. Bush-, che entrava nel garage sotterraneo dell'adiacente Hyatt Hotel, dove si svolgeva uno dei convegni del G7. Che ricordi strani archiviamo nella nostra memoria!

Per quel congresso abbiamo soggiornato a Washington per 4 giorni. Dietro nostra richiesta l'agenzia che organizzava il tutto ci ha dato modo di integrare 3 giorni a NYC, raggiunta con un breve volo interno. Insomma: oltre allo shopping sfrenato che ho avuto modo di fare a Washington mentre il consorte era impegnato con le sessioni congressuali, ci siamo regalati tre giorni in giro per una New York caldissima -era il 1° maggio e c'erano 30°!!! Potevo secondo voi non prendere d'assalto i templi dello shopping di articoli da cucina? Il primo staccante lo scoprii laggiù, sotto forma di una bomboletta spray che mi riportai orgogliosamente a casa. Finito quello mi sono sempre arrangiata con cartaforno oppure burro e farina, per gli stampi. Una cosa ricordo che non mi era piaciuta: nel lavarli rimaneva sugli stampi una patina appiccicaticcia, difficilissima da eliminare persino con acqua bollente e sapone. Il che mi aveva dato parecchio da pensare nonostante non si sentisse alcun sapore nei dolci.

Ultimamente, per ridurre sprechi e tempo, mi sono risolta a produrre lo staccante da sola. Ci sono millemila tutorial in rete. Ma ne fanno sempre troppo per i miei gusti. Nonostante io prepari molti dolci da forno, ne avanza sempre e dopo massimo 2 o 3 settimane ammuffisce e si deve buttare. Quindi? Ho ridotto le dosi della metà. È un pochino più complicato miscelarne così poco ma si può fare, parola mia.

Va conservato in frigorifero, in un barattolino ben chiuso. Per stenderlo, usate sempre pennelli pulitissimi e asciutti, inutile spiegare che qualsiasi contaminazione esterna lo farebbe degradare più velocemente. In queste dosi sono sicura che mi basta per due settimane e non ne avanza. Prepararlo è semplice, è a base di ingredienti che albergano comunemente nella nostra dispensa.

-ricetta-

35 ml olio semi (arachidi, girasole, mais)

25 g burro morbido

25 g farina

Mescolo il burro a pomata con olio e farina in un piccolo contenitore nel quale entri la frusta a immersione. La aziono e frullo gli ingredienti sino a ottenere una crema. Usando una spatolina, la trasferisco in un piccolo vasetto pulito, tappo e conservo in frigorifero pronta all'uso.


giovedì 26 novembre 2020

Mezze maniche con ciuffi di calamari e pomodori confit



In questo periodo mi sbizzarrisco a inventare un piatto al giorno, che tanto io la sera non ceno mai e sto cercando di portare anche il consorte verso quella sana abitudine. Pertanto a mezzogiorno cerco di preparare piatti completi e stuzzicanti come questa pasta che ha tutto, carboidrati, proteine e fibre. 

Ho solo un grosso limite che non riesco a superare: cucinare per 2 persone. Mi sforzo al massimo ma è sempre troppo quello che faccio. Per fortuna trovo sempre qualche volontario che si porta via gli avanzi.

I ciuffi di calamari si trovano già pronti e puliti e necessitano di pochissimi minuti di cottura. A compensare la loro dolcezza ho aggiunto pomodorini confit e una bella spolverata di prezzemolo. Naturalmente mio marito gli ha abbinato il vino giusto: ha scelto un Riesling dell'Alto Adige di Kofererhof, vendemmia 2013. Era squisitamente perfetto con i suoi sentori aromatici lievi di idrocarburi e frutti esotici. Maturo al punto giusto, gli anni di invecchiamento hanno bilanciato l'acidità innata del vitigno. Le dosi sono per 2.


-ricetta-

250 g ciuffi di calamari

150 g pomodorini confit

180 g mezze maniche

prezzemolo, scalogno, aglio

olio evo

sale, sambal/peperoncino

Lavo i calamari e verifico che non sia rimasto qualche becco. Li scolo bene. Affetto l'aglio e lo scalogno, trito il ciuffo di prezzemolo. Taglio a metà i pomodori confit, che avevo già pronti. Scaldo in una pentolina abbondante acqua pochissimo salata e profumata da un gambo di sedano con le sue foglie. Quando bolle ci tuffo i ciuffi e spengo. Copro e li lascio affogati per 6', poi li scolo.

Intanto che lesso la pasta al dente, in una padella capiente, meglio una sauteuse, scaldo un velo d'olio assieme ad aglio e scalogno. Lascio che si insaporisca bene ed elimino l'aglio, verso nella padella i calamari e i filetti di pomodorini confit assieme al sambal, dosatelo come vi piace, più o meno piccante.

Spadello il tutto a fiamma vivace, sfumando con 50 ml di vino bianco, quand'è evaporato posso aggiungere le mezze maniche scolate molto al dente. Le salto nel condimento aggiungendo poca acqua della lessatura. Per ultimo unisco il prezzemolo. Un'ultima mescolata e servo.

martedì 24 novembre 2020

Cotolette di sarde



Buondì amici gourmand!

La particolarità di queste succulente cotolette di sarde sta nella panatura che è varia; l'ho preparata macinando non troppo fine del pane integrale e bianco mescolati a panko. Il risultato è un film croccante che sotto i denti scrocchia. Le sarde, che trovo perfettamente pulite, eviscerate e senza testa, costano nulla.  Due etti sono tantissime, una porzione abbondante per due persone.

Come al solito mio marito ci ha messo del suo, scegliendo il vino da abbinare. Ha portato su dalla cantina una Corvina in purezza, il MA.GI.CO. di Giovanna Tantini, un rosso sapido e abbastanza leggero in grado di reggere, coi suoi tannini lievi e la sua acidità, la grassezza delle sarde fritte.

-ricetta-

sarde eviscerate e senza testa

pangrattato misto

uovo

olio per friggere, sale

Passo le sarde nell'uovo sbattuto con un pizzico di sale e poi le impano come fossero cotolette.

Quando sono tutte pronte, scaldo dell'olio in una padella e ci friggo 6 sarde alla volta. Le scolo su carta da cucina e le mantengo al caldo sino a che non ho terminato di friggerle tutte. Le mie avevano una pezzatura media, pertanto erano circa 20, che ho fritto in tre riprese.

Le servo calde.


domenica 22 novembre 2020

Pane di cachi


Ennesimo dolce da forno, sono quelli che mi riescono meglio e che mi piace fare. Non posso farci nulla se sono cresciuta in una casa dove, nonostante mia mamma fosse spesso presissima dal lavoro, una torta da credenza non mancava mai per colazione, merenda o alla fine del pasto. Che poi a me non importasse nulla di mangiarle, non fa testo. Erano comunque lì e le assaggiavo curiosa, per sapere che gusto avessero. Ma solo un assaggio, perché io e gli zuccheri non siamo mai stati in amore. Ora anche in casa nostra non ne mancano mai perché il consorte è goloso e a colazione è meglio una fettina di un dolce fatto in casa piuttosto che chissà quali miscugli, anche senza olio di palma. Che fosse solo quello il problema. E poi, ammesso che avesse deciso di farsi un giretto con la scusa di gustarsi un croissant fatto come si deve... non è una necessità, al momento, e non c'è motivo di recarsi in pasticceria nei comuni limitrofi. E poi, volete mettere l'opportunità di scegliere le farine e anche gli zuccheri? Inoltre, sfrutto la frutta di stagione: per esempio mi hanno regalato alcuni cachi stramaturi e circa tre ho avuto modo di consumarli nella torta. Dopo il cocktail di settimana scorsa, oggi non vi faccio mancare il dolce e vi auguro una bella domenica, per quanto può esserlo nel periodo che stiamo vivendo.

Ho tratto la ricetta dal un blog americano, "Amateur Gourmet", correggendo la dose di zucchero. Ce n'era una marea e i cachi sono già parecchio dolci. Ci ho messo un sacco di tempo a preparare la linea, pesando gli ingredienti per convertire le cups in grammi. Usate la frutta secca che avete: noci, mandorle, nocciole, anacardi.

-ricetta-

225 farina multicereali

200 g zucchero

115 g burro morbido

3 cachi maturi

100 g uvetta

100 g frutta secca sgusciata

2 uova grandi

60 ml brandy/cognac

5 g lievito + 5 g bicarbonato

4 g noce moscata

2 g sale

Trito grossolanamente la frutta secca. Ammorbidisco il burro. Metto in ammollo l'uvetta. Preparo una purea con la polpa dei cachi.

Mescolo in una ciotola gli ingredienti secchi ai quali aggiungo prima il burro, poi le uova, la purea di frutta, il brandy. Non mescolo troppo l'impasto, mi basta che si amalgami, quindi completo con la frutta secca e l'uvetta.

Verso tutto in uno stampo rettangolare ben imburrato e infarinato e faccio cuocere in forno a 175° per circa 1 ora. Non deve cuocere eccessivamente, tenete conto che una volta raffreddata si compatta un po'. La torta rimane appena umida al centro mentre sui bordi ha una piacevole consistenza. Vi piacerà, sicuro. 



venerdì 20 novembre 2020

Filetto di molva salato, come cucinarlo


Chi mi legge da un po' sa che non mi lascio scappare nessuna novità. Non poteva essere diversamente quando ho trovato la confezione di questo pesce salato nel banco del pesce conservato. Ancora prima di informarmi parto d'istinto e acquisto, lasciandomi per dopo di scoprire di che si tratta. 

Il molva molva è un pesce che vive nell'Oceano Atlantico Nord-Orientale e, una volta pescato, viene lavorato nelle isole Faroe. Ha forma allungata e non ho capito, dopo una lunga ricerca per avere un'idea di come consumarlo -perché nella confezione non c'è scritto nulla-, se sia pregiato o meno. A me sembra simile al merluzzo che poi viene messo sotto sale (il baccalà). Ho letto di tutto: che è più pregiato, che lo è meno. Secondo il mio parere sono equiparabili, con l'unica differenza a favore del prezzo, più economico per il molva. Non trovando indicazioni precise l'ho trattato come un filetto di baccalà salato per cui l'ho lasciato a bagno per 48 ore in acqua fresca, cambiandola più volte e poi l'ho lessato in un brodo vegetale aromatico. È una buona fonte di proteine e grassi insaturi come gli Omega3, contiene solo 70 kcal per 100g.

Per quanto riguarda il condimento lascio a voi la scelta. Io l'ho accompagnato con una salsa a base di pomodorini confit e pomodori secchi. Una parte invece l'ho condita con una salsa romesco e ho aggiunto contorni di stagione come zucca al forno e patate bollite. La sua carne è candida e una volta ammollato rende bene, la pelle non mi sembra troppo grassa. Le dosi sono per 3 persone.

Coraggio, abbiamo scavallato la seconda settimana di reclusione e forse qualche spiraglio si comincia a vedere sebbene gli ospedali siano ancora molto in sofferenza e la conta di chi ci lascia per sempre cresca ancora troppo.


-ricetta-

500 g molva salato

1 carota, 1 gambo di sedano, 1 porro, gambi di prezzemolo

sale, olio evo

Metto le verdure pulite in una pentola con acqua fredda e pochissimo sale, porto a ebollizione e faccio insaporire il brodo per 30' a fiamma media, scolo le verdure e metto i filetti di pesce assieme a due cucchiai di olio. Spengo la fiamma, copro e lascio il pesce immerso nel liquido caldo per 15' poi lo sgrondo, elimino la pelle e le spine.

Scaldo un velo d'olio in una padella e ci appoggio i filetti di pesce, aggiungo un mestolino di brodo di cottura e copro, facendolo assorbire pian piano per circa 20', se occorre ne aggiungo altro. Scuoto delicatamente la padella senza smuovere i filetti per non romperli. A cottura ultimata li trasferisco sul piatto e li ricopro con una cucchiaiata abbondante di salsa ai due pomodori.

Il vino che gli ha abbinato mio marito era un uvaggio dell'Alto Adige, il Glimmer di Castel Juval (di Martin Aurich), vendemmia 2018, fruttato e sapido, perfetto per accompagnare la molva.


mercoledì 18 novembre 2020

Caserecce al Lagrein, condite con cipolle e scamorza


Avete presente quelle paste colorate che si trovano nei negozi di delicatessen? Piccole confezioni da 200/250 g di pasta variamente aromatizzata, che non si sa mai come condire? Mi hanno regalato queste caserecce al Lagrein e non avevo idea di come cucinarle. Mi è venuto in aiuto il solito avanzo: due grandi cipolle di Tropea, cotte aperte a metà sulla griglia. Ho aggiunto alcune fettine di scamorza affumicata e un filo di olio. Un piatto succulento e ricco di sapore, molto comfort food per le giornate nebbiose che ci regala questo novembre.

In abbinamento un calice di Lagrein, ovviamente!

250 g di pasta così condita bastano per 4 persone se dopo servirete anche un secondo o un contorno sostanzioso.

-ricetta-

250 g pasta al Lagrein

2 cipolle rosse arrostite/grigliate

1 scamorza affumicata

olio evo

Taglio a metà le cipolle e le passo sulla griglia da entrambi i lati sino a che non sono cotte, le spolverizzo di sale aromatico e erbe aromatiche a piacere: polvere di capperi, origano, timo.

Lesso la pasta al dente, vedrete che perderà colore nell'acqua. La trasferisco in una teglia di ceramica per poterla servire in tavola direttamente da quella. La condisco con le cipolle che ho ridotto a tocchetti e con le fettine di scamorza. Completo con un filo d'olio e metto la teglia in forno a 200° per 15', in modo che i sapori si fondano con la gratinatura.

Porto in tavola ben caldo col formaggio filante.

domenica 15 novembre 2020

Martini cocktail, The Grill House recipe

Quando mio marito ne combina delle sue e, ora che è a casa in stato permanente, succede spesso... per farsi perdonare e riportarmi alla ragione mi prepara un cocktail. Io sono abituata a fare quasi tutto da sola, lui al contrario ha bisogno di supporto continuo. Giorni fa eravamo senza linea adsl da oramai oltre 48 ore e per portarci avanti abbiamo deciso di sostituire il modem che luccicava come una luminaria di Natale. In effetti era andato e per montare quello nuovo, collegandovi stampante ecc. ecc. ha preteso il mio aiuto oltre a quello in linea col tecnico. Abbiamo lavorato nel semibuio -la sua stanza hobby ha luci soffuse che male illuminano il campo di lavoro-, la sua scrivania è una sala giochi per bambinONE, c'è sopra di tutto: ninnoli ricordo di viaggi, pins di tutti i tipi, penne, pennarelli, sassi raccolti ovunque, tagliacarte delle più strane fogge regalatigli dai pazientini nel corso della sua lunga carriera. Ho letteralmente sudato sette magliette per collegare tutti i fili possibili, pretendendo una minima visuale sul campo di lavoro (!) che ha comportato lo spostamento di molte cose per poter lavorare senza rompere niente. Alla fine mi fumava il cervello! Ma ho avuto ragione a imporgli quello che invano gli suggeriva di fare il tecnico al telefono. 

L'ho abbandonato non appena verificato il funzionamento corretto della linea, con la stampante pronta, lasciandolo alla piacevole occupazione di risistemare tutto e sono salita a preparare il pranzo, dopo due ore e mezza spese per lui. Al che me lo vedo salire e iniziare ad armeggiare, il libro sui Martini cocktail di Robert Simonson aperto sul tavolo. Subdolo ruffiano...

La sorpresa è stato questo classico, miscelato secondo la ricetta del The Bar at the Grill del Four Seasons di NYC che usa un vermouth bianco dry più gentile del Martini extra-dry e due tipi di gin.

Va accompagnato da un'oliva, espressamente indicata nel ricettario di Cerignola, che ovviamente c'era ma ho subito mangiato assaggiandolo, così nella foto è rimasta solo la piccola scorzetta di lime.

Il mix di ingredienti andrebbe preparato e raffreddato 24 ore prima. Ovviamente il consorte ha ghiacciato il bicchiere e da tempo ha imparato a tenere alcuni gin e vermouth al fresco.

Prosit!

-ricetta-

30 ml Plymouth gin

30 ml Tanqueray gin

10 ml Noilly Prat dry

10 ml Martini extra-dry

oliva e scorza limone

Nel bicchiere ben freddo si mescolano gli ingredienti e si versa nella coppa ghiacciata, aggiungendo l'oliva e la scorzetta strizzata e fatta cadere nel liquido.


giovedì 12 novembre 2020

Cosce di pecora in umido


Oramai da oltre 30 anni a metà febbraio, più o meno, ci spostiamo in Alto Adige per l'annuale settimana bianca e, come da copione, prima di fare rientro a casa svaligio la locale macelleria di San Cassiano in Alta Badia. Di solito prenoto man mano quello che vedo e con questi due cosciotti successe una cosa curiosa. Li vidi e chiesi alla commessa di mettermeli da parte per il sabato. Lei mi disse che era agnello anche se il loro colore, decisamente scuro, mi fece dubitare molto. Il giorno dopo torno, e trovo Walter piuttosto preoccupato nel confessarmi che l'agnello non era tale ma era la sua mamma pecora. Dove stava il problema? Pur non avendo mai avuto occasione di cucinare carne di pecora -e chi la trova? qui è difficilissimo reperirla!- mi andava più che bene, è una carne che mi è sempre piaciuta le poche e rare volte che ho potuto consumarla al ristorante.

Walter mi diede anche qualche dritta sui tempi di cottura e mi preparò le cosce a fette, in modo che potessi scegliere se cuocerle su una griglia o in pentola, in umido. Prima del nuovo periodo di isolamento che stiamo vivendo, abbiamo incontrato i pochi congiunti della famiglia e le ho cucinate, in umido per l'appunto. È stata una vera sorpresa per molti, la ricetta, riuscitissima, è buona e diversa. Saporita senza essere invasiva, tutto sommato direi delicata e magra. Tutti hanno molto apprezzato persino il midollo contenuto nella sezione di femore che, nonostante le quasi 2 ore di cottura, è rimasto in sede senza disperdersi come fa, a volte, quello degli ossibuchi. Insomma, chi l'avrebbe mai detto che sarei riuscita a conquistare tutti con carne di pecora. Mi sa che prima di partire per la prossima settimana bianca, sempre che ora del febbraio 2021 troveremo condizioni favorevoli e ci facciano andare... chiamerò il macellaio per chiedergli di tenermene da parte altre. Troppo buone, per davvero. Sapeste poi che delizia il risotto che ho fatto due giorni dopo con il sugo rimasto. La foto è stata scattata a metà cottura, come al solito nel caos generale del servizio non ho trovato il tempo di fare quella definitiva.

Una coscia basta per 4 persone, calcolando due fette a testa.

-ricetta-

1 cosciotto di pecora tagliato a fette spesse un dito

2 carote

 2 cipolle

4 spicchi di aglio nero o normale

8 falde di pomodori secchi sott'olio, sgocciolate e tagliate a filetti

finocchietto selvatico

sale della strega/alle erbe

olio evo, burro

100 ml vino bianco

Stendo le bistecche di coscia su un largo piatto e le salo da ambedue i lati, lasciandole marinare per due ore. Affetto le carote a bastoncini e le cipolle, sbucciate, a spicchi.

Scaldo olio e burro in una pentola grande e larga e ci faccio rosolare gli spicchi di aglio nero. Ho usato questo perché ne avevo ancora un po' e perché il suo gusto è meno invasivo e gli spicchi si sciolgono in cottura senza dare fastidio. Se non lo avete usate quello bianco o rosa, avendo cura di eliminare gli spicchi dopo che la carne si è rosolata.

Metto in pentola le fette di carne e le faccio rosolare da ogni lato nel grasso, sfumo col vino bianco ed evaporato l'alcol aggiungo le verdure e le falde di pomodori secchi, il finocchietto selvatico e un mestolino di acqua bollente, copro e regolo la fiamma bassa, facendo cuocere lentamente per due ore. Ogni tanto giro le fette di coscia e aggiungo altra acqua calda, poca alla volta, solo se dovesse asciugare troppo. A me non è capitato, la condensa che si crea sotto il coperchio ricade nella pentola mantenendo la carne umida e bagnata. L'umido comunque implica che rimanga un po' di sughetto.

A cottura ultimata verifico il condimento, aggiustando di sale se occorre. Lascio la carne coperta a riposare per circa un'ora. La scaldo prima di servirla e l'accompagno con contorni di stagione.



martedì 10 novembre 2020

Polvere di peperoni cruschi


Quest'anno ho avuto una doppia fornitura di cruschi. Ben due amici che sono stati in vacanza tra Calabria e Basilicata me ne hanno riportato a casa due file. Nel corso degli anni ho scoperto che, se rimangono a lungo appesi in cucina, potrebbe formarsi un po' di muffa al loro interno anche se sembrano integri, per cui, per evitare di sprecarli, li ho fatti ulteriormente seccare e poi li ho tritati. Così facendo potrò usare la loro profumata e saporita polvere per insaporire sughi, oppure metterla su pizze, pane o bruschette. 

Idea geniale, non trovate? Approfittatene se per caso vi capitasse di avere cruschi a portata di mano.

-ricetta-

peperoni cruschi

Pulisco i peperoni eliminando il picciolo e parte dei semi poi li spezzo con le mani e li faccio seccare ancora un po' mettendoli o in forno caldo a 80°, per un'ora almeno, oppure nel microonde a media potenza, procedendo di 2' alla volta. Occorre andare per gradi per evitare che brucino altrimenti perdono aroma e diventano amari.

Una volta ben seccati li macino nel robot e conservo la polvere in vasetti a chiusura ermetica.

venerdì 6 novembre 2020

Huevos tontos con broccoli

Stavolta ce ne andiamo a spasso dalla Spagna alla Puglia, cosa ne pensate? Per cominciare, buongiorno a tutti, che di questi tempi mi sembra un grande augurio, visti i bollettini quotidiani e i provvedimenti attuati qua e là... Non potendolo in pratica fare di persona, viaggiamo con la fantasia mescolando le cucine semplici e a basso costo della tradizione popolare. Uova, pane raffermo e verdure, in questo caso. Ma solo perché avevo cotto alcuni broccoli che, per un motivo o l'altro adesso che il consorte è quiescente, stavano lì in frigo col rischio di doverli buttare. Li metto nelle uova tontarelle, tanto sono scemotte e non se ne accorgeranno. 😄

Cosa vi occorre? leggete la ricetta qui sotto, le dosi sono per 4

-ricetta-

170 g pane raffermo 

150 g broccoli lessati

50 g formaggio grattugiato

2 uova

sale al pomodoro, pepe

50 + ml latte

olio per friggere


Trito sommariamente il pane avanzato, meglio che non sia troppo secco così rimangono bricioloni masticabili.

Lo metto in una boule col formaggio, il sale e il pepe -se non avete quello al pomodoro usate sale normale- le uova rotte con la forchetta e i broccoli lessati e tritati. Mescolo con le mani prima di diluire col latte. Ne devo aggiungere quel tanto che basta per dare morbidezza all'impasto in modo da poterlo lavorare ricavandone grosse noci, grandi come una prugna. Lascio l'impasto al fresco (secondo la stagione in frigorifero o fuori).

Trascorsa un'ora, finisco di preparare tutte le "uova tonte". Scaldo dell'olio di semi in una padella (arachidi o vinaccioli), la frittura deve essere a metà annegata, non immersa del tutto.

Quando ha raggiunto la giusta temperatura, intorno ai 170°, metto delle polpette a cuocere. Non troppe per non abbassare la temperatura dell'olio ma nemmeno troppo poche. Molto dipende dalla grandezza della padella. Comunque, le faccio dorare in modo uniforme, le scolo su carta da cucina e proseguo a friggere fino a che non le ho finite tutte. Si mangiano calde... ma qui, un topolone grande grande le spazzola anche da fredde.



mercoledì 4 novembre 2020

Sella di coniglio farcita

Di che vi parlo stavolta? Il periodo, lo ammetto, non mi spinge a celiare e sono fortemente tentata di abbandonare il blog per qualche mese. Mi mancano gli incentivi, nonostante la gioia di vedere il consorte finalmente quiescente dopo decenni di lavoro. Sono sollevata dal saperlo al sicuro a casa e non più in pole position sul fronte della lotta a questo maledettissimo virus, a lottare con una normativa in continua evoluzione: soffocante, delirante e a tratti demenziale. Ci eravamo immaginati la sua ritrovata libertà con tanto tempo libero da riempire in modo ben diverso: l'intento era di programmare brevi gite giornaliere nelle zone vicine, a caccia di buoni cibi e vini. Invece questo tragico scenario ci costringe a limitare gli incontri tra amici e persino a centellinare gli spostamenti -tra due giorni vietati del tutto sino a dicembre. Ne consegue che, pur continuando a cucinare con entusiasmo, mi ritrovo spesso a ripescare ricette già fatte e addio fantasia. Quindi, mentre mi ritrovo a ponderare, per oggi eccovi un suggerimento che può sembrare impegnativo: è un piatto che sembra complicato ma non lo è. La difficoltà sta nel disossare la sella del coniglio: iniziate con eliminare cosce e spalle -che cucinerete a parte- e procedete scalcando tutte le ossa del busto. Ottenuta una bella fetta a tratti carnosa e in altre parti, come sul ventre, più sottile, potete procedere col ripieno. Vi ho già spiegato altre volte come fare per disossare il coniglio. In ogni caso adesso siete avvantaggiati dai tutorial su YT, quando circa 40 anni fa mi cimentai per la prima volta avevo rubato la tecnica al macellaio, osservandolo mentre lo preparava davanti a me. Siccome disossato costava una fortuna -soprattutto per le nostre magre finanze di allora!-, la volta dopo mi dissi che dovevo assolutamente riuscirci, e che sarà mai! Mi ci applicai con particolare attenzione e il risultato fu eccellente da subito. Ad ogni modo potete sempre chiedere al macellaio di farlo per voi.

Optate per un contorno a vostra scelta regolandovi con la stagione. Adesso per esempio ci sta benissimo la zucca al forno, a breve inizia il periodo dei carciofi oppure ripiegate sulle classiche patate arrosto. Quanto al vino: il Bandol rosso scelto da mio marito era perfetto. Un vino del sud della Francia ricco di profumi ed elegante.

Le dosi sono per 4

-ricetta-

1 coniglio

200 g macinato di vitello

100 g salsiccia a nastro

1 uovo

2 fettine di pancetta tesa

formaggio grattugiato

sale e pepe

olio evo

100 ml vino bianco

aglio e rosmarino

Una volta ricavata la fetta dal busto del coniglio, la allargo sul piano di lavoro, condisco con sale e macino del pepe.

In una boule mescolo il macinato con la salsiccia spellata e sgranata, il formaggio e l'uovo e un po' di trito di aglio e rosmarino. Stendo la farcia sulla fetta di coniglio e lo arrotolo. Al centro del dorso appoggio le due fettine di pancetta e lego a salame.

Scaldo dell'olio in una pentola assieme a uno spicchio di aglio vestito, quando comincia a prendere colore inizio a rosolare la sella da ogni lato. Sfumo con il vino bianco, faccio evaporare l'alcol e quindi bagno con un mestolino di acqua calda. Porto a cottura su fuoco medio, parzialmente coperto, rigirando il rotolo ogni tanto. Uso due palette per non bucare la carne e sorveglio che non si asciughi troppo.

Ci vorranno in tutto 40'. Lascio intiepidire nella pentola. Poco prima di servirlo elimino i giri di spago, lo riscaldo se occorre e lo affetto a rondelle spesse.

Mentre cuoce mi organizzo per il contorno. La foto mi ha fatto ricordare quando l'ho preparato a inizio estate. Non faceva caldissimo, pertanto mi ero lasciata andare preparando cipolle, pomodori e patate al forno. Si respirava un'aria più leggera e soprattutto si poteva godere della terrazza... Piacevole ricordo di una bella giornata tra amici.




 

domenica 1 novembre 2020

Torte in tazza al cioccolato con mirtilli, lamponi e more

Voglia improvvisa di dolce? A me non capita mai, il consorte, per contro, non finirebbe mai di addentare dolci e biscotti. Non c'è niente di più veloce di una torta in tazza. Mescolato l'impasto, senza troppo darsi da fare, lo si divide tra vari mug e, tempo massimo due minuti, potrete assaporare queste delizie dolci. Grande invenzione per i pigri o gli impazienti. Gli ingredienti li abbiamo -più o meno tutti- già in casa. Uova, zucchero, farina: ditemi voi se mancano nella vostra dispensa... oddio, a ben pensarci conosco qualcuno che non ha mai uova in casa ma sapete com'è con il colesterolo... eh già, siamo ancora qui a penalizzare un alimento completo immolandolo sull'altare dell'ipercolesterolemia.

Usate la farina che preferite, di solito io preferisco la multicereali. Idem per lo zucchero: di canna o bianco. L'olio di semi? arachidi, mais, vinaccioli... uno vale l'altro perché non si scalda molto. Le uova? in commercio ne trovo di sempre più piccine. Nel pollaio di mia nonna, uova di queste pezzatura le facevano deponevano le galline americane. Piccine picciò! Comunque piccole vanno bene. 

Buon giorno di Ognissanti a tutti. Ciao!

Ma veniamo alla ricetta. Vi lascio le dosi per 4 tazze. 

-ricetta-

120 g farina 

100 g zucchero

60 g cacao amaro

4 uova piccole

40 ml olio semi

40 ml latte

10 g lievito

2 g sale

150 g mirtilli, more e lamponi

In una ciotola mescolo con la forchetta le uova con lo zucchero, si devono rompere ed amalgamare senza montare. Poi diluisco il composto con latte e olio ai quali aggiungo la farina setacciata col cacao, il lievito e il sale. Divido il composto ottenuto nei mug/tazze che ho precedentemente imburrato e completo con i frutti di bosco. Affonderanno un pochino nell'impasto: è così che deve essere.

Metto le tazze nel forno a microonde, imposto la temperatura medio-alta tra 750 e 800 watt e il timer a 1,30'. Verifico la cottura e, nel caso, procedo per gradi a colpi di 10". Le torte non devono rassodare completamente altrimenti seccherebbero diventando poco appetibili. Meglio un po' più morbide, dopo qualche minuto di riposo nel forno solidificano. Sono pronte. Una spolverata di zucchero a velo e via coi cucchiai!



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