sabato 30 novembre 2013

Torta salata al prosciutto cotto e formaggio

Dopo un'infilata di quattro, dicasi 4, giorni di sole, oggi nevica! Troppo lusso avevamo avuto.
Questo non mi esime dallo stare in cucina, anzi, il forno acceso aiuta a scaldare casa. Sto preparando tortine capresi per l'incontro di domani con alcuni compagni di liceo. Invece che fare una grande torta unica le cuocerò in piccoli stampi di silicone, sperando di riuscire a sformarle bene, per ottenere un effetto più elegante.
E quando avrò terminato il dolce, approfitterò del forno già caldo per rifare questa saporita quiche con la quale accogliere il consorte al suo rientro da una conferenza medica.
Cotto e formaggio è il ripieno che preferisco in focaccine e toast.
Perchè non usarli per farcire una quiche? Un ripieno semplicissimo, facile e gustoso.
Nutriente anche, ideale per aprire un pranzo in cui non è previsto il primo piatto.
Al posto del primo avevo cucinato la trippa, povero Max.Ca, quando l'ho portata in tavola è impallidito, perchè della trippa non aveva un bel ricordo avendola mangiata da ragazzo in Sicilia, evidentemente non l'avevano ben spurgata e la ricordava con un sapore forte e disgustoso. Io l'ho cucinata alla milanese coi fagioli bianchi di Spagna, e gli è piaciuta moltissimo.
Perciò una bella fetta di torta salata era l'ideale per aprire le danze, brindando con un calice di bollicine.
Non avevo modo di fare la solita con le zucchine, nè quella col salmone, nè coi formaggi e le noci, nè con altre verdure. Quello che avevo in casa erano prosciutto cotto e avanzi di molti formaggi.
Ricordate di non salare l'appareil, ossia le uova sbattute col latte, visto l'uso di molto formaggio non aggiungo panna e il ripieno è molto saporito di suo.
Utilizzate una buona sfoglia, che si gonfi bene in cottura rimanendo leggera e friabile (alcune purtroppo sono molto pesanti e si inchiodano).
Dosi per 6/8 porzioni

-ricetta-
1 rotolo di pasta sfoglia
100 g prosciutto cotto
100 g taleggio
50 g emmental
50 g formaggio grattugiato
50 g crescenza
2 uova
100 ml latte
pepe nero
Accendo il forno portandolo a 200°.
Intanto stendo la sfoglia in una teglia mantenendo la sua cartaforno e facendola debordare, ne bucherello il fondo con una forchetta.
In una ciotola mescolo due uova con il formaggio grattugiato, una macinata di pepe e il latte.
Stendo sulla sfoglia il prosciutto, frammentando un po' le fette, distribuisco tutti i formaggi a pezzetti e sopra verso il composto di uova e latte.
Rigiro i bordi di pasta formando un bel cordone, come fosse il cornicione della classica pizza napoletana e inforno per circa 30', sino a che non si forma una bella doratura.
Bollicine nel bicchiere, c'è sempre un buon motivo per stappare Champagne, basta avere amici a pranzo.
Di Pierre Moncuit, abbiamo servito il Brut Blanc de Blancs Hugues de Coulmet, uno champagne delicato con una spiccata personalità, uno di quelli che riporteremmo a casse dalle nostre spedizioni in Champagne.

venerdì 29 novembre 2013

Insalata di puntarelle e arance bio all'olio di pistacchio

Continua l'ondata di gelo con giornate soleggiate, mentre al centro-sud sono più sfortunati di noi, quasi tutto è ammantato di neve e sta arrivando Nettuno, i meteorologi insistono ad affibbiare nomi scollegati alle perturbazioni. Che c'entra il dio del mare con piogge intense e bufere?
Comunque, persino le mie gatte desistono dalle loro scorribande mattutine in giardino, escono vogliose di arrampicarsi su qualche tronco per affilarsi le unghie ma lo abbandonano presto e si rifugiano in casa, una si infratta tra la trapunta e il lenzuolo, l'altra si accoccola su un cuscino accanto al termosifone. Una cosa è certa, se in una prossima vita mi reincanassi in gatto, vorrei avere due umani che mi accudiscano come noi ci occupiamo di Nina e Jolie.
Possiamo combattere i possibili malanni procurati dal freddo con le vitamine, qui abbonda la C, anti malattie dell'albero respiratorio per eccellenza. Copiando la ricetta dei finocchi in insalata con le arance, ho cambiato la base vegetale mettendo delle croccanti puntarelle. Bell'idea, è un'insalata fresca che si prepara in un attimo.
Max.Fast, a tavola con noi quando ho servito questo contorno, mi ha raccontato che nei mercati romani vendono un utensile per tagliare le puntarelle in 4 parti. Adesso, che non ti venga in mente, mio caro Massimo, di riportarmi uno di quegli aggeggi quando andrai la prossima volta nella capitale. Io le puntarelle le divido usando uno spelucchino di ceramica. E mi va benissimo farlo così.
Anche se le arance le preparo separando a vivo gli spicchi, le scelgo comunque biologiche così posso grattugiare la loro scorza e conservarla per le ricette dolci.
Come condimento ho scelto l'olio di pistacchi, che ha una dolcezza particolare e un profumo inconfondibile.
Dosi per 6

-ricetta-
2 arance
1 cespo di catalogna spigata, ovvero puntarelle
olio di pistacchio
fleur de sel
pepe
Pulisco bene le puntarelle, separandole, lavandole in molta acqua fresca e tamponandole con un telo.
Prendo una terrina e inizio a tagliarle in 4 parti per la lunghezza.
Ricavo dalle arance degli spicchi nudi lavorando sopra la terrina per recuperare il succo, condisco con l'olio di pistacchi, un pizzicone di fleur de sel e un pochino di pepe.
Porto in tavola dopo che ho lasciato riposare per 15'.

giovedì 28 novembre 2013

Nodini di maiale affumicati in cotoletta, con crauti alle mele e semi di cumino

Gita con brividi ieri, in ogni senso. Giornata serena e soleggiata con temperature sottozero, funestata da un'importante guasto all'auto degli amici, non auguro a nessuno che gli si rompa la turbina del motore mentre l'auto è in corsa sulla tangenziale gremita di altre auto. A parte il rumore assordante, come se si fosse innestato un razzo nel motore, una forte e violenta accelerata senza modo nè di rallentare la corsa nè di fermarsi. E quando ci siamo riusciti un fumo così denso da non vedersi le mani davanti alla faccia, non si capiva se il retro dell'auto fosse anche avvolto dalle fiamme, il timore di essere investiti dalle auto che sopraggiungevano, improvvisamente accecate a loro volta dal denso fumo. E l'attesa spasmodica, nel gelo mattutino, del carro attrezzi sulla corsia di emergenza, sbatacchiati dal flusso d'aria delle macchine che ci sfrecciavano accanto. A quanto ci han detto capita più frequentemente di quel che pensiamo, in ogni caso preferirei non ripetere una simile esperienza. Poteva andar peggio, ci siamo detti, poteva piovere! Tutto ciò non ci ha distratto dalla meta, Castell'Arquato, raggiunta con due ore abbondanti di ritardo sulla tabellina di marcia, dopo che abbiamo recuperato un'altra auto. Ci siamo premiati e consolati prima pranzando con deliziosi salumi locali e un fumante piatto di pisarei e fasò!
Tanto che mi è venuta voglia di cucinarli al più presto, seguendo la ricetta che pubblicai tempo fa, vi interessa? la trovate QUI . Poi nel pomeriggio, benchè satolli, visita in cantina nella giovane azienda di un amico. I piccoli e giovani produttori vanno sostenuti e Andrea Ferri è un ragazzo coraggioso che si è convertito all'enologia e produce vini tipici, semplici ma con carattere, nel rispetto di un'agricoltura consapevole. La sua azienda, La Bertuzza, si trova in frazione Sant'Antonio di Castell'Arquato.

Adesso però parlo di carne, non lo faccio spesso. Questa volta non con la solita ricetta.
Dallo strafamoso macellaio in Val Badia, il mitico Walter Pizzinini, acquisto abitualmente nodini, o costolette, di carrè affumicato che cucino nelle zuppe d'orzo, oppure lessati/stufati e serviti con crauti.
Oggi ho voluto interpretarli diversamente, mi son detta che dopotutto la carne è già un po' prelessata avendo subito l'affumicatura, quindi ho azzardato l'esperimento di impanare i nodini e friggerli, i salutisti estremi possono adagiarli su una placca e cuocerli in forno, ci vorrà un po' più di tempo ma, per l'agognata versione light, si può accettare.
Mi sono domandata che differenza potesse esserci a friggerli in cotoletta ma, solo dopo averci provato, potrò darmi una risposta.
Intanto che la carne riposava immersa nell'uovo, prima dell'impanatura, ho cucinato un barattolo di crauti, insaporendoli con semi di cumino e addolcendoli con una mela a pezzetti, come mi aveva insegnato a suo tempo la cuoca Erika, presso la quale avevo seguito alcuni corsi di cucina ladina.
Quello di ripassare i crauti in padella, in un leggero soffritto di cipolla e con l'aggiunta di una mela, è un validissimo escamotage per renderli meno aggressivi al palato. Per chi non li ama nature, ovviamente.
Purtroppo il mio stomaco non regge molto l'aceto e l'aspro, quindi mi adeguo facilmente agli espedienti che, pur non appiattendoli del tutto, li rendono meno aggressivi.
Dosi per 4

-ricetta-
4 nodini/braciole maiale affumicati
1 scatola da 400 g di crauti
1 mela golden
1 cipolla piccola
2 uova
pane grattugiato
semi di cumino
olio evo
olio di arachidi, per friggere i nodini
pepe nero
Trito la cipolla pulita e la metto a sudare in una padella capiente assieme a un velo d'olio evo, quando è appassita metto la mela sbucciata e ridotta a pezzetti, la lascio rosolare per 5', aggiungo i crauti scolati e sciacquati, bagno con 200 ml di acqua bollente e lascio su fiamma media, mescolando ogni tanto, finchè tutto il liquido non è evaporato. Solo allora aggiungo un cucchiaino di semi di cumino e una macinata di pepe.
Intanto che i crauti si insaporiscono, pulisco i nodini delle parti più dure della cotenna, se c'è, poi li metto a bagno nell'uovo sbattuto, lasciandoli immersi per 10'.
Quindi li passo nel pane grattugiato impanandoli bene.
Scaldo abbondante olio di semi in una padella, quando raggiunge la giusta temperatura immergo i nodini impanati e gli faccio fare una bella crosticina da entrambi i lati prima di estrarli e metterli a scolare su carta da cucina.
Verso nei piatti un po' di crauti e completo col nodino.
Il piatto richiede un vino rosso, rimarrei nella regione scegliendo un Blauburgunder, ovvero il Pinot Nero di Gumphof, del 2010. Ha una lievissima nota di fumo, oltre che il fruttato tipico, che si sposa perfettamente con l'affumicatura della carne.
Marcus Prackwieser produce vini seducenti, interessanti ed estremanente gradevoli. Non ne fa una grande produzione ma, se vi capitano per le mani, potete acquistare a colpo sicuro tutte le sue bottiglie.

mercoledì 27 novembre 2013

Re Panettone torna a Milano

Sabato 30 novembre e domenica 1° dicembre torna a Milano la  golosa manifestazione Re Panettone, alla sua sesta edizione, ospitata nello spazio ex-Ansaldo in via Bergognone 34, angolo via Solari.

Cliccate QUI per trovare tutte le notizie relative.

Mi rivolgo ai milanesi e a tutti quelli che possono raggiungere la città, non perdete l'occasione di assaggiare le eccellenze della pasticceria italiana!
Manca meno di un mese a Natale, è un'ottima occasione per acquistare prodotti di pregio, non il solito panettone...


martedì 26 novembre 2013

Panzerotti superveloci

E' finalmente arrivato il freddo, lo accetto più che volentieri se accompagna giornate limpide e soleggiate come oggi. Domani abbiamo in programma una gita a Castell'Arquato (Pc), in compagnia di amici, e il sole non dovrebbe mancare, evviva!
Adesso però vi racconto di un locale storico della mia città natale.
I puristi e i frequentatori del tempio dei panzerotti a Milano, il mitico forno Luini in essere dal 1888 in via Santa Radegonda, in fondo alla vietta che costeggia il palazzotto della Rinascente progettato da Giò Ponti, inorridiranno.
Ma se si vuole preparare uno snack goloso in poco tempo senza impastare nè far lievitare alcun impasto, ecco che ci vengono in soccorso validi aiuti, e l'orrore per la classicità violata aumenterà nello scoprire che li ho cotti in forno.
Un colpo al cerchio e uno alla salute, i panzerotti per me sono come la pizza, si devono andare a mangiare nei luoghi deputati e solo se fatti bene. In casa riprodurli è lecito ma siccome non verranno mai come quelli cotti in forni a legna o prodotti con sapiente maestria, valgono utili scorciatoie.
E' certo che appena capito dalle parti di piazza Duomo faccio un salto da Luini, ricordando i pellegrinaggi che ci facevamo quando si bigiava al liceo. E posso confermare che i panzerotti sono sempre uguali, nonostante siano passati più di 40 anni dalla mia prima volta. Casomai c'è sempre più gente intorno e fuori dal locale.
Mi auguro che queste sfoglie da farcire della Buitoni rimangano in produzione perchè trovo che siano un validissimo passepartout in cucina.
Una buona mozzarella fatta asciugare a dovere, pomodoro fresco ristretto in padella e circa 15' di cottura per uno snack goloso e salutare.
Le dosi sceglietele voi, i dischi nella confezione sono 16, se non usano tutti, richiudendo bene la busta, si mantengono qualche altro giorno.

-ricetta-
dischi di pasta da farcire
150 g mozzarella
150 g pomodori maturi
basilico
olio evo
sale
Scolo la mozzarella lasciandola in un colino a perdere il liquido di conserva.
Trito col mixer i pomodori poi li metto con un goccio d'olio a freddo in una padella e li faccio asciugare a fiamma media per circa 15/20'. Salo e completo con alcune foglie di basilico spezzettate.
Accendo il forno portandolo a 180°.
Stendo una sfoglia alla volta sul tagliere e la farcisco con un cucchiaio di pomodoro e qualche pezzetto di mozzarella. Richiudo a mezzaluna e premo i bordi con la forchetta, appoggio i panzerotti così composti sulla placca rivestita di cartaforno e quando li ho preparati tutti li inforno per circa 15' o 20'.
Li servo caldi ma non bollenti, per evitare ustioni.
A pizza e panzerotti a me piace abbinare birra.
Oggi vi suggerisco una doppelbock come la Norbertus Kardinal, doppio malto a bassa fermentazione, di colore ambrato e morbida al gusto quel giusto che occorre a contrastrare l'acidità del pomodoro. Pensate che durante la quaresima queste birre ad alta gradazione erano considerate il 'pane liquido' dei monaci, che si alimentavano solo con esse, ma che liquido, perbacco!

lunedì 25 novembre 2013

Risotto al gorgonzola e Sauternes

Niente zuppa oggi, vi auguro ugualmente buon lunedì e buon inizio settimana, le previsioni per qualche giorno sembrano promettere un tempo decente anche se toccheremo il sottozero. Ma viva il sole!
Avevo questo avanzo di vino e mi è venuto in mente di sfruttarlo in un risotto.
Eeh, lo so, forse non tutti avrete a disposizione un po' di Sauternes, a noi ne era avanzato circa un bicchiere da una bottiglia da 750 ml, però potreste ovviare con un po' di Recioto di Soave o un passito di Pantelleria, mancano della nota botritizzata ma hanno la dolcezza necessaria a contrastare l'erborinatura del gorgonzola.
Cosa vuol dire botritizzato? le uve di Semillon e Sauvignon, con a volte l'aggiunta di un po' di Muscadel, con le quali si produce il Sauternes, nella particolare zona del bordolese delle Graves dove vengono coltivate, grazie a un climat particolare vengono attaccate dalle cosidette 'muffe nobili' della Botrytis cinerea, fungo parassita che le avvolge completamente disidratando e concentrando negli acini gli zuccheri, regalando l'inconfondibile profumo.
I vini che si producono con questo sistema si chiamano muffati, sono piuttosto cari ma se ne beve anche una modica quantità, sono perfetti con il foie gras o con formaggi sapidi e erborinati.
La bottiglia, una volta aperta, si conserva ben tappata per lungo tempo senza che il vino si alteri.
Quindi, perchè non usarne un bicchiere per profumare un buon risotto?
Dosi per 4

-ricetta-
320 g riso Baldo, Vialone Nano, Carnaroli
100 g gorgonzola naturale
100 ml Sauternes
1 cipollina
1 cucchiaio di mandorle non pelate
burro e olio evo
Trito la cipolla pulita e la faccio sudare in un velo d'olio, poi butto nella pentola il riso e lo faccio tostare prima di sfumarlo col vino che faccio evaporare mescolando, quindi proseguo la sua cottura aggiungendo o brodo vegetale leggero o acqua calda a mestoli, sino a che non arriva a essere al dente.
Spengo la fiamma, regolo di sale se occorre, aggiungo lo zola privato della crosta (se c'è) e una noce di burro, mescolo bene e copro lasciandolo riposare 5'.
Intanto ricavo dalle mandorle dei filetti che appoggio sulle porzioni di riso nei piatti.

domenica 24 novembre 2013

Mousse di cachi

I cachi sono in piena stagione, se si butta un occhio alle campagne o ai giardini lungo le strade che percorriamo ogni giorno si possono vedere gli schletri delle piante completamente spogli delle foglie ma coi rami carichi di frutti arancioni. Bellissima pianta il cachi, non si ammala mai, non necessita di concimazioni nè di trattamenti antiparassitari. E' la pianta ecologica per eccellenza.
Dopo aver scoperto che quelli così detti vaniglia o cachi-mela si possono condire in insalata, cosa che proverò a fare quanto prima, con quelli tradizionali si può realizzare questo delicato dessert al cucchiaio, da preparare anche con un giorno di anticipo.
Vi metterò le dosi per 6, al massimo se ve ne avanza una coppetta potrete sempre gustarvela il giorno dopo, che magari è pure meglio che dopo un lauto pranzo.
Invece che in fogli metto il peso in grammi della gelatina, perchè a volte ci sono confezioni con fogli più piccoli.
Ancora una domenica di tempo instabile (uff!), fa almeno un po' più freddo, cosa peraltro normale per la stagione, e così viene voglia di piatti dal sapore invernale, però penso sia meglio chiudere il pranzo con qualcosa di fresco.
Non mi resta che augurarvi una buona giornata e buona cucina, casomai voleste sperimentare la ricetta.

-ricetta-
350 g polpa di cachi + 1 cachi intero
90 g zucchero
200 ml panna fresca
10 g gelatina
vaniglia naturale
1 limone
Metto a mollo i fogli di gelatina in acqua fredda e nel frattempo frullo, in una boule capiente, la polpa di cachi con lo zucchero e il succo di limone, profumo con qualche goccia di essenza di vaniglia, o con una punta di cucchiaino se in polvere.
Sciolgo la gelatina strizzata in 30 ml di acqua bollente, la faccio intiepidire poi l'aggiungo alla passata di cachi mescolando molto bene per amalgamarla.
Monto la panna, che dev'essere molto fredda, e l'aggiungo con movimenti delicati alla frutta.
Ripartisco la mousse tra i bicchieri che ho deciso di usare per il servizio, copro con pellicola e metto a solidificare in frigorifero.
Prima di servire guarnisco ogni bicchiere/coppetta con un po' di cachi passato al naturale o con una fettina di cachi mela.

sabato 23 novembre 2013

Vellutata di mozzarella alle mandorle

Alla fine la mia gita a Venezia non è stata funestata nè dalla pioggia nè dall'acqua alta. Anzi, splendeva un caldo sole e la città pullulava di turisti (come d'abitudine).
Assieme alla mia amica Mara abbiamo macinato chilometri su chilometri e alla sera sono ripartita esausta ma felice. Quindi ieri mi sono presa una pausa ristoratrice, ma oggi torno a proporvi un appetizer interessante con cui aprire un pranzo.
Succede che sfogliando una rivista mi innamori di più ricette che, guarda caso, sperimento subito tutte assieme.
Abbinata ai mini muffin di polenta, questa vellutata bianca e delicata era perfetta.
Sempre recuperata tra le pagine di Elle a tavola, in un piccolo trafiletto di un articolo dedicato ai cibi antiage, oramai basta ci sia della frutta secca che tutto diventa antiage.
Per questa ricetta vi consiglio veri bocconcini di bufala, una dozzina di quelli piccoli, frullandoli hanno la giusta morbidezza per diventare una crema fluida.
Ho usato sia mandorle intere, che ho frullato assieme al formaggio, che a lamelle tostate, per la decorazione e il croccante finale.
Niente olio aggiunto, decisamente un'entrée delicata e mediamente calorica, molto fresca, da servire in piccoli bicchieri.
Ottima idea anche per bicchieri ancora più piccoli in caso di un buffet-finger food.
Dosi per 12 (dimezzabili)

-ricetta-
12 bocconcini di mozzarella di bufala, circa 200 g
1 confezione di yogurt greco
40 g mandorle senza pelle
sale, pepe, paprika
2 cucchiai di mandorle a lamelle
Metto nel mixer mandorle, bocconcini e yogurt, frullo tutto sino a ottenere una crema liscia che condisco con sale e pepe.
Divido la vellutata tra i bicchieri e copro con pellicola riponendo in frigorifero sino al momento di portare in tavola.
Tosto le mandorle a lamelle in un padellino senza farle troppo colorire, altrimenti diventano amare.
Prima di servire distribuisco le mandorle sulla vellutata e spolvero con un po' di paprika.

Il vino abbinato era sempre il Catarratto Doc Benedè di Alessandro di Camporeale, già descritto coi muffin di polenta.

giovedì 21 novembre 2013

Piccoli muffin di polenta bianca

Il vantaggio di fare cene di degustazione è che dopo vivo di rendita e ho un sacco di ricette da proporvi, devo solo trovare il momento e il modo di raccontarvele, e vi assicuro che ci vuole forse più tempo che per cucinarle. Potrei sbrigarmela elencando gli ingredienti in modo spiccio e sbrigativo, ma non è da me lasciarvi senza quattro chiacchiere.
Quando lessi il trafiletto di questa ricetta su Elle a tavola rimasi piuttosto scettica riguardo al peso degli ingredienti, i muffin sono una di quelle preparazioni che sembrano, e in effetti un po' lo sono, una sciocchezzuola, ma che hanno una lista di ingredienti infinita. I pesi di questi erano infinitesimali, in effetti credevo di preparare dei muffin di normale formato, mentre mi sono dovuta accontentare di farli molto piccoli, me ne servivano 12 assolutamente, però è stato meglio così, essendo parecchio formaggiosi se fatti più grandi sarebbero risultati stopposetti. Vi consiglio di raddoppiare le dosi, sono talmente buoni che uno tira l'altro.
Al posto della farina istantanea di mais giallo ne avevo solo di bianca, non mi sono persa d'animo e ho usato un uovo a pasta molto gialla che alla fine li ha fatti diventare belli colorati.
Si possono anche preparare negli stampi con un certo anticipo e cuocere circa 15/20' prima di servirli.
Sono deliziosi. Io li ho accostati a una delicata vellutata di mozzarella alle mandorle, che vi spiegherò tra qualche giorno. Stay tuned.
Abbinamento eno-gastromico eccellente con un bianco siciliano, il Catarratto Doc 'Benedè' di Alessandro di Camporeale, vino dai profumi intensi di fiori e frutta, leggermente agrumato e molto persistente, se vogliamo l'unica pecca era di essere troppo giovane, la vendemmia del 2012 merita di riposare almeno un altro paio d'anni in cantina.
-ricetta-
55 g farina di mais per polenta istantanea
20 g farina 00
1 cucchiaino di bicarbonato
60 g formaggio grattugiato
20 g burro
1 uovo
40 ml yogurt
40 ml latte
foglie di salvia
sale, pepe nero
In una ciotola mescolo le farine col bicarbonato, il parmigiano, sale e pepe.
Al composto secco aggiungo il burro fuso, l'uovo, lo yogurt e il latte, mescolo bene e preparo lo stampo da muffin piccoli rivestendo gli alveoli con i pirottini di carta.
Riempio gli alveoli dividendo il composto in 12 parti, sopra ognuno appoggio una fogliolina di salvia.
Se non li cuocio subito li copro con un foglio di pellicola per non farli seccare.
Accendo il forno portandolo a 180°, inserisco la placca e cuocio per circa 15', sino a che non assumono un aspetto gonfio e dorato in superficie.
Li sformo sistemandoli su un piatto da portata.

martedì 19 novembre 2013

Polenta e pioppini

Mannaggia, sono quasi trent'anni che non rimetto piede a Venezia e quel malefico ciclone Cleopatra si fa sentire con l'acqua alta. Per domani sarà defluita o dovrò partire calzata da pescatore? Da quando abito lungo le rive dell'Adda sono molto più sensibile al maltempo, curo i livelli del fiume che spesso incute paura ma che, al contempo, non mi è mai arrivato sino in casa. Poi si vedono le immagini che arrivano dalla Sardegna e si resta ammutoliti. Che tragedia per tutte quelle vite perdute e i numerosi senzatetto. Madre natura si sta proprio ribellando. La trattiamo troppo male.
Possiamo, nel nostro piccolo, contribuire cucinando prodotti quanto più possibile di stagione e a chilometraggio limitato. Domani niente ricetta, sono in vacanza per un giorno.
Che ne dite, ora, di un piatto semplice e di facile esecuzione per contrastare il maltempo?
Il giallo ci ricorda il sole, occultato da una gran massa di cumulonembi e stratocumuli.
La polenta in versione istantanea è tollerata solo per i pigri e per chi rientra tardi dal lavoro e comunque deve/vuole mettersi ai fornelli, quella classica è migliore, ha più sapore, si fa da sola, basta rimestarla ogni tanto. I funghi di trifolano intanto che si cuoce la polenta.
A proposito di funghi, sono un po' stanca di sentire tanti amici lamentarsi dell'abbondante raccolto, soprattutto di pioppini o chiodini che dir si voglia, tanto che gli escono fuori dagli occhi. Ragazzi, sapete bene dove abito, casomai vi stancaste di utilizzarli potete sempre portarmeli, sono disposta a pagarli, ma non fatevi sentir dire che vi escono dagli occhi! Io li compro spesso e senz'altro quelli spontanei che trovate su vecchi ceppi sono migliori di quelli di allevamento.
Comunque per trifolare i pioppini bastano 20'. L'idea mi è venuta perchè a Soave non ho resistito nell'ordinare un piatto di fumante di polenta con funghi e Monte veronese, una vera delizia per il palato, e i funghi erano chiodini.
Dosi per 4

-ricetta-
300 g farina mais
300 g pioppini
100 g formaggio tipo Monte o Asiago stagionato
un ciuffo di prezzemolo
1 scalogno
olio evo
burro
sale

Metto a scaldare circa 1,5 litri di acqua con un pochino di sale e un cucchiaino di burro. Quando inizia a bollire verso la farina e mescolo subito perchè non faccia grumi.
Intanto che la polenta si cuoce, ci vogliono circa 50', grattugio il formaggio e pulisco i funghi eliminando la terra e sciacquandoli velocemente.
Scaldo una noce di burro e 3 cucchiai di olio in un tegame, ci soffriggo lo scalogno tritato poi verso i funghi che faccio saltare a fiamma alta in modo che emettano la loro acqua, poi abbasso la fiamma e li lascio cuocere per circa 10'. Li condisco con un pizzico di sale e col prezzemolo tritato.
Sformo la polenta in una pirofila grande oppure direttamente nei piatti, verso sopra i funghi col loro intingolo e completo col formaggio.

lunedì 18 novembre 2013

Tagliatelle saracene con broccoli e pancetta croccante

Niente zuppa, oggi, però un comfort food non può mancare nell'ennesima giornata uggiosa e piovosa.
Che autunno triste, ancora un mesetto e piomberemo in inverno serbando il ricordo di poche giornate soleggiate di questa stagione che ha un unico pregio, le mitigate temperature.
Sono vagamente preoccupata e infastidita perchè mercoledì ho appuntamento, a Venezia, con la mia amica di Vittoria... e pioverà! Poteva mica splendere un bel sole? del resto è un tale avvenimento, il nostro incontro, che non poteva essere altrimenti.
Le tagliatelle di saraceno altro non sono che i pizzoccheri valtellinesi che ho cotto con cimette di broccoli e qualche dadino di peperone rosso per ravvivare il colore, mantecandoli con formaggio e completando con il tocco salato della pancetta arrotolata croccante.
Chi volesse rimanere totalmente vegetariano ometta il salume, magari aggiungendo una pioggia di semi di zucca tostati, o qualche mandorla a lamelle.
Dosi per 4

-ricetta-
250 g pizzoccheri
300 g cimette di broccoli
100 g formaggio tipo latteria a dadini
8 fettine pancetta arrotolata
1 falda di peperone rosso
1 cipolla piccola
1/2 peperoncino piccante
olio evo
sale, pepe
Metto a scaldare l'acqua per cuocere le tagliatelle aggiungendo i broccoli puliti e divisi a cimette, li lascio bollire, salando leggermente, per 5' prima di versare la pasta.
Nel frattempo soffriggo dolcemente in un velo d'olio la cipolla tritata col peperoncino piccante privato dei semi, aggiungo la falda di peperone a dadini e li faccio saltare per 5', salando poco.
Preparo il formaggio a dadini. Se non avete latteria o casera va bene anche della crescenza non troppo cremosa.
Scolo pasta e broccoli e li trasferisco nella padella col soffritto di cipolla e peperone, salto il tutto prima di versare il formaggio e una macinata di pepe. Mescolo per amalgamare e lascio riposare coperto il tempo che mi occorre per rendere croccanti le fettine di pancetta adagiate sul fondo di una padella rovente. Porziono e porto in tavola.

domenica 17 novembre 2013

Confettura di uva fragola

Mi manca già, e sì che quest'anno ne ho goduto abbondantemente, se solo ne avessi ancora qualche grappolino da assaporare. Invece è finita la sua stagione, mi toccherà aspettare 10 mesi prima della prossima. Sigh! Ciao ciao uva fragola... per fortuna ho la confettura.
Comunemente conosciuta anche come uva americana perchè è a piede franco ossia senza innesto, una varietà molto resistente all'oidio e alla peronospora, ha circa un centinaio di varianti ma un comune denominatore, un intenso profumo e un sapore unico. Ce n'è anche una varietà bianca.
Io la adoro, forse perchè era l'uva che mangiavo da bambina quando andavo in vacanza dalla nonna, evidentemente ne avevano una specie precoce.
Spesso i suoi grappoli sono acinati, ossia non tutti gli acini arrivano a maturazione e presentano piccoli acini verdi mischiati agli altri.
Quella che produce la vite nella cascina dell'amica Assunta è di una varietà molto prolifica con grappoli piuttosto grandi che non presentano acinatura.
Sono andata a raccoglierne una cassettina, è curioso come la frutta in cassetta a occhio non sembra pesare quello che in effetti è.
Mi sembrava una quantità sufficiente a farne una bella pentola, errore, dopo averne pulito oltre due chili me n'è rimasta altrettanta per la tavola, con somma gioia di mio marito e mia.
Per preparare questa confettura occorre fare un lavoro preventivo di pulizia e schiacciamento degli acini che poi vanno fatti bollire per 15' in modo che le bucce rilascino tutti i loro antociani.
Solo dopo questo passaggio si passa la massa al passaverdure e si pesa il ricavato per aggiungere la giusta quantità di zucchero di canna.
Ottima da sola spalmata su pane o fette biscottate, il suo spiccato aroma si sposa anche coi formaggi.

-ricetta-
2,5 kg di uva, circa
750 g zucchero di canna chiaro
cannella in stecca
Lavo in molta acqua i grappoli, sgrondo e tampono l'uva con un telo pulito, poi li schicco e schiaccio gli acini tra pollice e indice lasciandoli cadere nella pentola.
Metto sul fuoco e porto a ebollizione poi mescolo ogni tanto per un quarto d'ora.
Prendo il passaverdura e ci passo l'uva a mestoli per eliminare i vinaccioli e spremere quanto più possibile le vinacce.
Peso la quantità ottenuta, la mia al termine era 2 kg esatti, verso lo zucchero con un pezzetto di stecca di cannella e rimetto sul fuoco facendo bollire mescolando fino a che non addensa (massimo 15').
Intanto ho già preparato i vasetti puliti, invaso la confettura bollente, tappo e capovolgo sino a completo raffreddamento.
Etichetto e metto a riposo in cantina.

sabato 16 novembre 2013

Lasagne vegetariane con radicchio e ricotta

Su dai, bando alla pigrizia, vi propongo un piatto da cucinare oggi per domani, non ci vuole molto tempo per realizzarlo, cuocete una besciamella, intanto che intiepidisce stufate velocemente il radicchio, poi si mescola tutto in una boule con la ricotta, si spalma sulle sfoglie di pasta a strati, componendo la lasagna che è pronta da infornare.
Un'ora in tutto? forse meno.
Per fare una lasagna per 9 persone non mi sembra granchè, alle volte è più complicato pensarlo che farlo. Con la pasta fresca pronta non c'è neppure bisogno di scottare le sfoglie, anzi la lasagna risulta più al dente così.
La besciamella e la ricotta stemperano la nota amara del radicchio e non appesantiscono troppo il risultato finale.
Scegliete, se potete, ricotta di caseificio. Oppure acquistate quella sfusa pressata in grandi cestelli, quelle in vaschetta sono troppo morbide e addizionate di panna, meglio la rusticità di quelle più simili al prodotto fresco.
Vi ho convinto? oggi sarà il nostro primo piatto, inizia una serie di 18 incontri sulle sottozone dei rossi di Bourgogne, che son tantissime. Terra di Pinot noir di gran classe, sarà un piacere scoprire le differenze dello stesso vitigno attraverso tutta la regione.
Non vi occorre una lasagna per 8 persone? dimezzate le dosi.

-ricetta-
500 g radicchio
250 g pasta per lasagne
250 g ricotta fresca
100 g formaggio grattugiato
2 scalogni
olio evo, sale

per la besciamella: 500 ml latte, 40 g burro, 35 g farina, sale, noce moscata
Preparo il roux della besciamella sciogliendo il burro e tostando la farina, ci aggiungo il latte intiepidito mescolando per non fare grumi, porto al bollore e lascio cuocere lentamente, mescolando spesso, per 10'. Salo e macino un po' di noce moscata, spengo e lascio intiepidire.
Intanto pulisco e lavo il radicchio, lo sgrondo e lo taglio a striscioline. Faccio appassire in una grande padella con 3 cucchiai d'olio i due scalogni puliti e tritati prima di aggiungere il radicchio che spolvero con un pizzico di sale, giro e faccio rosolare per 5/6'.
Prendo una grande boule, ci verso besciamella, radicchio e ricotta e amalgamo con una spatola.
Imburro una pirofila grande e rettangolare, stendo due sfoglie appaiate che ne ricoprano il fondo e le spalmo con il composto, spolvero con abbondante formaggio grattugiato, ricopro con altre due sfoglie e ripeto la farcitura e gli strati di pasta. Sull'ultimo spalmo un pochino di burro morbido, appena un velo, e condisco con abbondante formaggio.
Se non le cuocio subito, sigillo la pirofila con pellicola e la ripongo in frigorifero, anche per un giorno.
Scaldo il forno portandolo a 190°, inforno la pirofila e la faccio cuocere 20' in modo che sulla superficie si formi una bella crosticina scura.
Spengo, lascio riposare 10' poi la taglio a tranci e la servo.

Domani vi aggiorno sul vino con cui l'abbiamo abbinata.

venerdì 15 novembre 2013

Empanadas di tonno al pomodoro

Uffi! ma perchè non può piovere senza scrosciare? per l'intera notte ho avuto la sensazione che tutti i rubinetti di casa fossero aperti. Dove sono finite le pioggerelle leggere e silenziose?
Sono piuttosto di malumore a causa di ciò, meteoropatica come sono, anche se sono ben altre le cose degne di lamento. Tiremm innanz e parliamo di cose buone. Buon venerdì e buona fine settimana a tutti!
Vi racconto di queste empanadas, rivisitazione interessante del famoso snack sud-americano solitamente a base di carne.
Forse c'è una lontana parentela coi panzerotti, di sicuro sono arrivate nell'America Latina importate dalla Spagna e dal bacino mediterraneo, dove si cuociono tasche di pasta ripiene di carni o formaggio.
Sono ravioloni ripieni che si possono cuocere al forno oppure friggere. Io ho optato per la prima soluzione, più leggera ma che, soprattutto, mi consentiva di fare altro mentre cuocevano.
Anche quest'idea l'ho rubata a Elle a tavola, era nelle schede che ci sono in fondo alla rivista.
Sempre alla ricerca di uno sfizio che aprisse le danze della degustazione di bianchi siciliani autoctoni in abbinamento con uno spumante metodo classico extra-brut pas dosé, ovviamente Blanc de blancs perchè vinificato con sole uve Grillo da maestri di questo vitigno (i De Bartoli che continuano la sapienza del padre a Marsala), per assaporare il Terzavia abbiamo, di comune accordo con mio marito, optato per le empanadas.
Ottima scelta perchè il vino è superlativo, vendemmia 2009/ sboccatura 2012, probabilmente una delle ultime creazioni di Marco prima della sua prematura dipartita. Se volete assaporare bollicine siciliane fuori dalle solite connotazioni, avventuratevi nell'assaggio di questo capolavoro dal colore giallo dorato, ricco e sapido in bocca, avvolgente e di lunga persistenza.
Per abbreviare i tempi, senza dover impastare anche le sfoglie, ho utilizzato dei meravigliosi dischi di pasta pronti all'uso, l'ultima invenzione di Casa Buitoni, una grande idea secondo me, sono dischi di pasta, nè unti nè troppo spessi, ideali per farciture varie, che si possono sia friggere che cuocere al forno, in confezioni da 16 pezzi. Provateli!
Ho utilizzato scalogni al posto della cipolla perchè un'amica è intollerante e proprio non la sopporta.
Dosi per 16

-ricetta-
1 confezione di dischi di pasta da farcire Buitoni
400 g polpa pomodoro
160 g tonno
2 scalogni
2 uova
1 tuorlo per spennellare
1 cucchiaino di zucchero
olio evo
sale
Metto a rassodare le due uova, poi le raffreddo sotto acqua corrente, le sbuccio e le taglio in 8 spicchi ciascuna.
Pelo gli scalogni, li affetto sottili e li soffriggo in un velo d'olio, lentamente, per 6', poi verso la polpa di pomodoro, lo zucchero e continuo la cottura per 20' per far restringere un po'.
Correggo il sale, ne metto comunque poco perchè il tonno è saporito.
Sbriciolo il tonno, sgocciolato, in una boule, poi lo mescolo al pomodoro.
Stendo un foglio di carta forno sulla placca.
Appoggio un disco di pasta sul tagliere, al centro posiziono un cucchiaio di tonno al pomodoro e uno spicchietto di uovo, richiudo a mezzaluna e sigillo i bordi schiacciandoli con i rebbi di una forchetta.
Appoggio le empanadas sulla placca, le lucido con il tuorlo leggemente sbattuto con un goccio d'acqua e, se non le inforno subito, le ricopro con pellicola.
Porto il forno a 180°, cuocio le empanadas per circa 25', sino a perfetta doratura.
Le servo piuttosto calde ma non bollenti.

giovedì 14 novembre 2013

Risotto al radicchio e vino rosso, con noci e taleggio

Recita un proverbio: giovedì gnocchi. Io invece riso.
Oggi ho aperto una confezione di riso della Camargue, una varietà a chicco piccolo e tondo da agricoltura biologica. Non essendo specificato sulla confezione l'uso migliore, ho azzardato la sua cottura a risotto e non me ne sono pentita.
Preferendo verdure di stagione l'ho cotto con il radicchio di Chioggia e, dal momento che l'insalata avrebbe tinto irrimediabilmente di violetto il piatto finito, l'ho sfumato con vino rosso per esaltarne il colore.
Un po' di taleggio in mantecatura e il croccante di qualche noce spezzettata.
Gradevole, amaricante, leggero. Del resto trovatemi qualcosa con cui non si sposi il riso.
Dosi per 4

-ricetta-
320 g riso da risotti
200 g (2 cespi)  radicchio di Chioggia
80 g taleggio
50 g cipolla
6 noci
80 ml vino rosso
olio evo
sale, pepe
Trito la cipolla e la metto a sudare con un velo d'olio in una casseruola, poi aggiungo il radicchio, sfogliato, lavato e asciugato, e tagliato a listelli sottili. Lo lascio appassire pochi minuti a fiamma vivace poi verso il riso, lo faccio tostare e lo sfumo con il vino rosso. Quando questo è evaporato termino la cottura del riso aggiungendo acqua bollente a mestoli, mano a mano che asciuga.
Alla fine regolo il sale e manteco col taleggio a dadini e con i gherigli di noce tritati non troppo finemente.
Lascio riposare a pentola coperta per 5' poi metto nei piatti e porto in tavola col macinapepe.

martedì 12 novembre 2013

Farfalle alla gricia

Che goduria nella sua semplicità. E' uno di quei condimenti che si prepara velocemente, intanto che la pentola con l'acqua per cuocere la pasta si scalda.
La gricia altro non è che l'amatriciana in bianco, la ricetta originale prima dell'introduzione del pomodoro, quella che usavano i pastori a base di guanciale, pecorino e pepe.
Una bontà assoluta nella sua essenzialità che necessita di ingredienti scelti e di qualità. Se aggiunta a pasta all'uovo delle Marche meglio ancora. In tutta la regione ci sono ottimi pastifici che confezionano paste spettacolari, da Campofilone a Camerino.
La ricetta richiederebbe l'uso di pecorino abruzzese (Amatrice, ora in provincia di Rieti, sino al 1927 era in Abruzzo), passatemi la licenza ma avevo in casa solo quello romano, però del tipo a ridotto tenore di sale. Ce lo siamo fatti andare bene. E abbondate col guanciale.
La pasta all'uovo rende molto, un pacco da mezzo chilo ha soddisfatto 8 commensali.
Io ho preferito far sudare lentamente il guanciale con mezzo cucchiaio di strutto e poi, quando è diventato traslucido, ho continuato la sua cottura sino a che si è colorato senza bruciare.
Nella padella dove ha cotto il guanciale, nel grasso rilasciato, si fa saltare la pasta aggiungendo pecorino poco a poco. Pepe solo alla fine.
Se non volete usare lo strutto sostituitelo con olio evo.
Buon martedì, c'è un'alba magnifica dopo tutto il vento che ha soffiato. Anche noi abbiamo avuto, al centro Italia, il nostro piccolissimo ciclone, niente in confronto alla devastazione nelle Filippine. Questo mondo ha urgente bisogno di aiuto!

-ricetta-
500 g pasta all'uovo corta
200 g guanciale
150 g pecorino mediamente stagionato
30 g strutto
pepe nero
Preparo il guanciale affettato a striscioline e il pecorino grattugiato.
Scaldo in una padella, preferibilmente di ferro (anche un wok), lo strutto e ci rosolo il guanciale sino a renderlo di colore dorato ma non troppo secco. Spengo e tengo in caldo.
Cuocio la pasta in abbondante acqua bollente salata e la scolo al dente versandola direttamente nella padella col guanciale, aggiungendo cucchiaiate di pecorino e mescolando delicatamente.
Una bella macinata di pepe nero e... buon appetito!

Ottimo l'abbinamento con un Chianti Classico di Fontodi, annata 2008, mediamente tannico ed elegante, in grado di sostenere la grassezza del guanciale e il sapido del pecorino.
 

domenica 10 novembre 2013

Torta con la confettura 'inside'

E' un po' di tempo che trovo in giro ricette di torte preparate con la confettura nell'impasto, cosa che mi ha all'inizio molto sorpreso. Però, riflettendoci sopra, tra le mie preferite ovvero quelle che faccio abitualmente inserendo il pilota automatico, c'è una torta semplicissima con la confettura di marroni.
Dopo aver sperimentato varie ricette trovate in giro, che non mi hanno completamente soddisfatto perchè sembravano sempre poco cotte o con poco sapore, mi si è accesa la lampadina e mi son detta che forse potevo sostituire la confettura di marroni con quella di albicocche e provare con le mie dosi supercollaudate.
Il mio intuito non mi ha tradito, il risultato è stato sorprendente e la torta è riuscita benissimo nella sua semplicità, come del resto sono tutti i dolci che amo cucinare di più, prodotti da forno e torte classiche da casa, non fatemi pensare al cake design, meglio che non mi cimenti, non so manco tenere una matita in mano!
Le classiche torte con impasti vari ma cotte in forno e semplicemente decorate sono il mio massimo.
Mi accontento di farle bene, non aspiro a chissà che, preferisco deliziare il palato con semplici ingredienti e sapori genuini.
Onestamente, tutto quello spreco di glasse zuccherine o burrose mi fa orrore. Manco si possono addentare da quanto sono dolci e ricche di grassi e glucidi.
Come promessovi la settimana scorsa, ecco pronta la ricetta per realizzare questa torta da merenda ma pure da fine pasto tra amici.
Se proprio ci tenete potreste completarla con una cucchiaiata di panna montata in Chantilly o di gelato allo stesso gusto della confettura.
Presto mi cimenterò anche con confetture scure... vedremo.
Buona domenica a tutti i buongustai che apprezzano, senza abusarne, il buon cibo.

-ricetta-
200 g confettura di albicocche
100 g farina 00
100 g burro morbido
100 g zucchero
2 uova
2 cucchiai di rum scuro
1 cucchiaino di lievito
sale
In una boule mescolo la confettura col burro morbido e il rum. In un'altra sbatto le uova con lo zucchero, aggiungo la farina setacciata col lievito e una presa di sale. Riunisco i due composti amalgamando con una spatola.
Scaldo il forno portandolo a 180° e verso l'impasto in uno stampo quadrato rivestito di cartaforno oppure imburrato e infarinato.
Cuocio in forno per circa 30' o fino a che non si forma una bella crosticina (mi dimentico sempre di dire che lo sportello del forno non va mai aperto durante la cottura o comunque, se proprio dovete farlo, provateci solo dopo che siano passati almeno 20', che poi la mia amica Gina mi rimprovera di tenermi i segreti... per me sono cose ovvie, sorry!)
La lascio intiepidire poi la sformo su una gratella e la faccio raffreddare del tutto prima di tagliarla a quadrotti ed eventualmente spolverarla di zucchero a velo.

Semplice, delicata e poco dolce.

sabato 9 novembre 2013

Risotto con midollo

Buon sabato! meglio ripeterlo tante volte oggi, vista la giornata uggiosa. Ma com'è che le giornate di sereno non durano più di 48 ore? persino il pesce dura di più prima di guastarsi. Autunno da dimenticare questo, possiamo solo ringraziare le temperature miti che ci faranno risparmiare sulla bolletta del gas.
Ahi ahi com'è dura aggiornare queste pagine. Intendo la difficoltà di trovare sempre qualcosa da dire perchè le idee sulle ricette non mi mancano, recito talmente tante volte a soggetto che dovrei sempre avere la macchina fotografica a disposizione. Naturalmente lei alberga abitualmente in cucina, in mezzo a quel casino galattico che già la ingombra, anzi, mi meraviglio di come non sia ancora caduta per terra o dentro il lavello, ma spesso nei momenti topici, è scarica.
Sapete qual è il problema? che le idee sui post mi vengono in mente quando mi sveglio la notte (col sonno molto leggero e la vescica debole la cosa mi capita mediamente due volte), mentre provo a riaddormentarmi penso a ricette che potrei realizzare e agli annessi e connessi, aneddoti e ricordi che me le richiamano. Dovrei prendere nota all'istante, magari sull'iPad, delle idee che mi vengono, invece mi fido della mia memoria, che inizia a perdere qualche colpetto, e la mattina le belle costruzioni verbali che ho composto sono solo vaghi ricordi. Forse dovrei usare Siri e dettare. Chissà cosa ne penserebbero le gatte o mio marito, sentendomi...
Ecco qua, queste righe che ho appena scritto sopra sono il tipico esempio di ''ispirazione del momento''.
Ho iniziato il post senza uno straccio di idea e ho scritto mezza pagina. La ricetta però è molto succulenta, non amo in modo particolare andare a scavare nell'osso a caccia di midollo, ma il sapore che disperde nel sugo, quello sì mi piace. Il vero risotto alla milanese non può non avere del midollo in cottura, oltre allo zafferano. Ma questo non è alla milanese, caso mai alla ossobuchese.
Giorni fa ho cotto dei meravigliosi ossibuchi, accompagnandoli a un riso brown americano, una varietà che mi ha regalato un'amica di ritorno da un viaggio negli States.
Erano così buoni e invitanti che li ho serviti senza fotografare il piatto finale, stupida me!
Non li avevo completati con la classica gremolata di buccia di limone e prezzemolo, perciò il loro fondo di cottura era morbido e dolciastro, infarcito di parti di midollo perse durante la cottura dagli ossi, che erano belli grandi.
Ripulendo la padella con un leccapentole, l'ho raccolto in una ciotola pregustando di riutilizzarlo per un risotto.
In mantecatura solo certosa e un'idea di salsa verde. Non aggiungo grassi nel soffritto di cipolla nè burro in mantecatura, meglio la neutralità della certosa.
Et voilà l'ennesimo piatto riciclato, ma che bontà!
Qualora vi abbia ingolosito vi consiglio, la prossima volta che cuocerete degli ossibuchi, di abbondare volutamente col brodo che si restringerà e concentrerà sapore e midollo nel fondo. Quello che avanza travasatelo in un contenitore e conservatelo per questo capolavoro!
Dosi per 4

-ricetta-
320 g riso Vialone nano
150 g fondo di cottura degli ossibuchi
80 g certosa
1 cipolla piccola
1 cucchiaio di salsa verde
brodo leggero
Trito la cipolla e la faccio sudare con un goccio d'acqua nella pentola da risotto, quando diventa trasparente aggiungo il riso, lo tosto e poi lo cuocio aggiungendo brodo leggero e caldo a mestoli, man mano che asciuga. Dopo 10' metto il sugo degli ossibuchi e continuo la cottura mescolando spesso.
Al termine spengo la fiamma lasciando il riso morbido, manteco con la certosa e con la salsa verde, copro e lascio riposare per 5'.

venerdì 8 novembre 2013

Stoccafisso alla livornese

Che ricettona, un classicone! Insomma, chi mi legge sa che non mi stanco mai di baccalà, stoccafisso e merluzzo. Pertanto quando faccio la spesa, a meno che non mi aggiri tra i corridoi con una benda sugli occhi, è difficile che possa resistere al richiamo di questi pesci, diversamente conservati.
Se poi, colmo della sfortuna, mi casca l'occhio su carnosi filettoni di stoccafisso essiccato già bagnato... embè, cosa volete che vi dica, la mano scatta in automatico, non occorre neanche che le sinapsi comandino, e la vaschetta finisce nel carrello. Una volta a casa si tratta di decidere come cucinarlo, magari non nei soliti modi.
Ecco che mi torna utile il tomo della Grande enciclopedia illustrata della gastronomia, una specie di Bibbia con prefazione di Carlin Petrini, dove ci sono quasi tutte le ricette italiane, alcune con dovizia di particolari altre accennate, dove posso sfogliare in un attimo quello che altrimenti dovrei scartabellare in rete per ore, alla ricerca della ricetta giusta.
Tra le tante elencate la scelta è caduta sulla ricetta tipica livornese anche perchè, per un fortunato caso, avevo un bicchiere di Vin Santo avanzato, forse non lo sapete ma questi vini si mantengono alla perfezione anche se aperti da settimane. Per non cadere in tentazione lascio le bottiglie in un cassoncino esterno, lontane dagli occhi, lontane dal bicchiere. Caso fortunato che mi ha consentito di terminare la cottura della pietanza con l'aroma spiccato che caratterizza questo vino pregiato.
Normalmente si calcolano circa 700 g di pesce già bagnato per 4 persone, 400 g se secco, se si ha la pazienza di lasciarlo in ammollo anche una settimana, cambiando spesso l'acqua.
Il peso della verdura si intende al netto degli scarti.
La pentola ideale sarebbe di coccio, al limite usate un'antiaderente così il pesce non attacca e non si frantuma.

-ricetta-
700 g stoccafisso bagnato e pulito
700 g cipolle affettate
700 g pomodori ramati maturi, spellati e tagliati a tocchi
700 g patate, spellate e a pezzi
100 ml olio evo
100 ml Vin Santo
1/2 limone, la buccia grattugiata
1/2 peperoncino piccante
sale
Nel tegame metto, assieme all'olio, le cipolle, i pomodori, il peperoncino e una presa di sale, faccio rosolare su fiamma vivace per 15' scuotendo e mescolando, poi aggiungo lo stoccafisso pulito e tagliato a tocchi adagiandolo sulle verdure, gratto la buccia del limone e faccio cuocere per 30' parzialmente coperto e a fiamma media. Quindi aggiungo le patate e proseguo la cottura per altri 40', o sino a che il pesce non è tenero, scuotendo il tegame per non frantumarlo troppo.
Il sugo a questo punto dovrebbe essersi addensato, è il momento di versare il vin santo, lascio cuocere per altri 10' poi spengo e lascio riposare a tegame coperto almeno 15'.

giovedì 7 novembre 2013

Tostini alla caprese

Altra giornata di sole, non ci farà male? Che fortuna, dico io, oggi devo correre come una pazza per Milano, meglio così.
Quindi ecco una ricettina veloce, più o meno quello che mi concederò come spuntino a mezzogiorno.
Quanti di noi hanno panini avanzati in dispensa? Io per esempio, uso e riuso tutto quello che non viene finito in tavola, acquisto spesso le mantovane di pasta dura perchè invecchiando la mollica si infittisce ma non diventano mai un sasso e, tagliate sottili, si possono mangiare tranquillamente.
Proprio perchè la pasta è piuttosto compatta di frequente le taglio a fettine spesse un dito, poi le farcisco con fiordilatte e pomodoro, le scaldo su una griglia e preparo dei tostini veloci, buoni ed economici, con vero pane non con fette conservate con alcoli, che hanno sempre quel retrogusto un po' così.
Una validissima soluzione se arrivano amici all'improvviso e occorre qualcosa da spizzicare con un buon bicchiere di vino.
Fate attenzione ad asciugare bene il fiordilatte dal latticello e spalmate le fette di pane con un velo sottilissimo di senape per dare sapore e impermeabilizzare il pane.
I pomodori meglio che siano del tipo cuore di bue, che ha pochi semi e poco succo.
Per arrostirli va benissimo anche una padella antiaderente, girateli delicatamente con una paletta e quando sono dorati appoggiateli su un vassoio e tagliateli a metà, infilzandoli poi con uno stecchino.
1 mantovana, 1 fiordilatte e 1 pomodoro sono sufficienti per 4 tostini.
Tempo totale: massimo 10'.

-ricetta-
panini 'mantovane' avanzati
pomodori
fiordilatte
basilico
senape
Affetto i panini ricavandone fette regolari spesse 1,5 cm, le appaio due a due e le spalmo con un velo di senape solo da un lato.
Taglio a fettine mozzarella e pomodori, lascio eventualmente questi ultimi a scolare su un piatto inclinato.
Metto due fettine di fiordilatte su una fetta di pane, le sormonto con due rondelle di pomodoro e una foglia di basilico, chiudo con un'altra fetta di pane.
Compongo così quanti toast mi occorrono. Scaldo una padella antiaderente per abbrustolire i tostini da entrambi i lati, li sposto su un vassoio e li divido in due con un coltello seghettato, poi li fermo con uno stecchino e li servo ben caldi.

Toh, strano! per caso avevamo una bottiglia di Champagne in frigorifero, uguale a una stappata all'Elba, il prodotto base di François Secondé, brut Clavier, l'emblema di quello che i francesi considerano champagne à l'apéritif. Fresco, fruttato, ma non banale.

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