martedì 31 gennaio 2012

Sfilatino di sfoglia con cotto, mozzarella e Auricchio

Chi frequenta queste pagine più assiduamente si sarà domandato che fine abbia fatto!
E' presto detto, il consorte ha dovuto riprendere l'attività lavorativa e io ho mi sono fatta in 12, autista, assistente, infermiera, segretaria, coordinatrice, accompagnatrice, badante, moglie devota, cuoca e amica.
Sono solo 10? Niente altro?? effettivamente ci sarebbero anche santa e martire... embè 48 ore sono bastate, rieccomi a casa a coccolare la pelosina mentre scendono fiocchi leggeri.
Per coronare la mia serata 'lonely' mi sono regalata questo sfizio.
Una cosuccia veloce ma molto comfort food che si prepara in un attimo, ideale se arrivassero ospiti improvvisi.
Un rotolo di pasta sfoglia, un fiordilatte, alcune fettine di Auricchio dolce e prosciutto cotto, il tutto assemblato e cotto in forno.
Una bollicina di Franciacorta, così la bottiglia mi rimane, ben tappata, per qualche giorno e poi... a nanna.

-ricetta-
1 rotolo di sfoglia rettangolare
1 fiordilatte o una mozzarella di bufala ben asciugata
100 g cotto
8 fettine di Auricchio dolce
paprika forte e uovo

Srotolo la pasta e la rivesto con le fettine di provolone, poi sopra ci stendo il prosciutto cotto che ricopro di fettine di fiordilatte.
Una spolverata di pepe, un'idea di origano e arrotolo.


Formo uno sfilatino che incido appena con dei tagli, spalmo un tuorlo d'uovo sbattuto aiutandomi con un pennellino e spolvero di paprika.




Trasferisco il rotolo con la sua cartaforno su una teglia e inforno a 200° per circa 25'.
Dopodichè accendo il grill e lo faccio colorire bene.
Servo appena intiepidito a tranci.

domenica 29 gennaio 2012

Maialino al forno con patate

D'inverno si ammazza il maiale ed è anche la stagione migliore per cucinarlo al forno.
Il macellaio aveva un quarto di maialino e due gambetti perfetti per questa ricetta.
Il tutto si cuoce quasi da solo nel forno, con aromi e poco altro, per la prima mezz'ora ad alta temperatura, poi a fuoco lentissimo per qualche ora.
Fa-ci-lis-si-mo!
Un bel po' di patate cotte insieme o una fresca insalata di cavolo cinese e... un grande vino rosso per brindare, il Barolo Fossati Docg 2000 di Boglietti, considerato un 'modernista'.

-ricetta-
2 kg di carne
rosmarino, salvia, timo, mirto
sale, pepe
100 g miele
3 cucchiai di aceto
olio evo, senape forte, capuliato
50 ml vino bianco
1 kg di patate

Preparo una marinata con gli odori, il miele, sale, pepe, 100 ml di vino, l'aceto, un cucchiaio di capuliato e un cucchiaino di senape forte.
Metto la carne a pezzi in una grande teglia, spargo qua e là qualche pomodorino datterino e verso la marinata lasciando insaporire per tutta la notte al fresco.


Porto il forno a 200°, inforno la teglia e cuocio per 30', rigirando i pezzi dopo 15', quindi abbasso la temperatura a 120° e continuo la cottura per altre 4 ore, smuovendo i pezzi ogni mezz'ora.
La carne cuocendo lentamente diventerà burrosa e la cotenna farà una crosticina dorata.





Se voglio aggiungere le patate come contorno, dopo averle pelate e tagliate a tocchi le metto a cuocere in una wok con un filo di olio evo caldo, appena iniziano a rosolare aggiungo 2 mestolini del fondo di cottura della carne e una spolverata di salamoia bolognese, le rigiro di tanto sino a che non sono perfettamente colorite. Sembreranno arrostite in forno, ma ci saranno voluti solo 20'.

Confettura di Ca-Ki

Appena vedo le mie scorte di confetture assottigliarsi mi prende il panico, mi assale la paura di rimanere senza, caso mai dovessi regalarne qualche vasetto ai nostri ospiti, viziati nel tempo dai miei dolci omaggi.
Con le ultime feste lo stipo dove le conservo si è quasi svuotato, ma per fortuna in questa stagione non mancano tipi di frutta coi quali fare confetture.
Sistemando e abbeverando le piante in giardino che, con queste bellissime giornate calde e ventose, patiscono la sete e desidererebbero tanto un po' di neve, ho scoperto una cassa di cachi che avevo messo al riparo e al fresco in attesa della maturazione ora perfettamente avvenuta.
Ho ancora una cassa di kiwi, e quando mai li finirò?? per cui ho deciso di fare un misto cachi-kiwi, un connubio dolce/aspro, dove comunque ha prevalso il dolce dei cachi...
Quando preparate le confetture ricordate di usare una pentola molto grande, e non usate mai più di 2 kg di frutta per volta, è la misura giusta per non far danni e mescolare senza bisogno di bicipiti da palestrati.
Se stamani non avessi la pentola grande avrei sommerso la cucina di schiuma...vai a capire perchè a volte capita e a volte no, sta di fatto che la schiuma prodotta era davvero inquietante, sembrava blob, dovevo allontanare la pentola dal fuoco per farla ridurre e poi alla ripresa del calore forte risaliva, ma alla fine l'ho domata!
Oggi niente sacchettino con bucce e semi, ho messo direttamente un quarto di renetta affettata sottile insieme all'altra frutta e verso fine cottura mezzo limone spremuto, per correggere l'acidità.
Sarà ottima nelle crostate o su crêpes stile palačinke.

-ricetta-
1 kg di polpa di cachi pulita
1 kg di kiwi pelati
1/2 limone spremuto
1/4 di mela
1 kg di zucchero
1/2 baccello di vaniglia

Pulisco i cachi e li strizzo tra le mani per dividerli. Taglio a pezzetti i kiwi. Taglio a fettine sottili la mela con la buccia.
Prendo la pentola e ci metto frutta e zucchero, scaldo lentamente per far sciogliere lo zucchero poi alzo la fiamma e inizio a farla bollire, metto i semini ricavati dalla stecca di vaniglia e controllo la schiuma che si forma, mescolando in continuazione per non farla debordare.
A 2' dalla fine cottura verso il succo di limone.
In circa 20' la confettura è pronta, comunque fate sempre la prova del piattino, anche se io ormai mi regolo con le gocce che cadono dal cucchiaio di legno, ma è questione di esperienza.
Naturalmente prima di iniziare il tutto mi sono preparata i vasetti puliti e asciutti e il mestolino.
Invaso quando è bollente, tappo e capovolgo i vasetti.
Dopo 15' li rigiro e li lascio raffreddare completamente prima di riporli in dispensa.

sabato 28 gennaio 2012

Riso e prezzemolo

Ris e erborin in lombardo.
Una minestra semplice, che ha il suo punto di forza nel brodo, che dev'essere di quello buono, fatto con carne. Stavolta l'ho fatto semplicissimo senza contaminazioni siciliane.
Un piatto di riso in brodo è proprio quello che ci vuole in una serata fredda e piovigginosa come questa, una pietanza leggera che serve per bilanciare le abbondanti libagioni di ieri sera.
Un bel ciuffo di prezzemolo e una noce di burro al termine della cottura e, a chi piace, tanto formaggio grattugiato.
La versione meneghina è composta solo da riso cotto nel brodo e guarnito di prezzemolo alla fine, ma ci sono alcune varianti che accettano l'aggiunta di una patata e anche di un porro.
Forse non sapete che un cucchiaio di prezzemolo apporta i 2/3 del fabbisogno giornaliero di vit.C, quanto mai utile nella stagione fredda per contrastare le malattie da raffreddamento. Ha inoltre numerose proprietà salutari rivelandosi utile in caso di anemia, di stati di affaticamento e stanchezza. Purchè non si ecceda, perchè a grandi dosi può risultare nocivo, ma qualsiasi cosa in grandi dosi nuoce.

Un'amica mi ha riferito ieri che una sua collega, leggendo qua e là nel blog, le ha fatto notare che uso 'quel tal' tonno, 'quel tal' sale, quella farina di mais ecc. ebbene, è vero che a volte gli ingredienti che indico non sono facili da reperire, il mio messaggio però vuole porre l'accento sulla scelta delle materie prime, è normale che chi non ha un marito pescatore nè va in vacanza fuori stagione non potrà mai avere a disposizione tonnetti o sgombri appena pescati, però può aguzzare la vista e guardare sul banco del pesce se ci fossero per caso catture diverse dai soliti pesci di allevamento, oppure scegliere una polenta di qualità, senza accontentarsi di quella maggiormante distribuita, per esempio.
Scegliere cibi qualitativamente migliori non sempre vuol dire spendere di più, un pizzico di sale di quello buono insaporisce di più e ne basta di meno.
Gli esempi potrebbero essere tanti, il focus è imparare a fare bene la spesa, leggere le etichette guardando le composizioni di ciò che c'è dentro in quello che acquistiamo, e lasciarsi tentare dalla curiosità per prodotti 'diversi' quando si viaggia, riportando a casa delle 'cartoline alimentari'.

-ricetta-
200 g riso
1 litro di brodo
1 ciuffo di prezzemolo
burro e parmigiano

Metto a scaldare il brodo, quando bolle verso il riso e lo faccio cuocere senza che si disfi.
Nel frattempo lavo, asciugo e trito il prezzemolo e lo metto nella minestra solo alla fine per non disperdere aroma, vitamine e colore, aggiungendo anche una noce di burro.
Verso nelle fondine e porto in tavola col formaggio grattugiato.

Bocconcini di sfoglia, wurstel e senape

Altro amuse-bouche da abbinare al Verdicchio Riserva marchigiano.
Quando si è una dozzina a tavola gli 'stuzzichini' abbinati al vino (seppur pochissimo), diviso tra i dodici commensali, vanno via come neve al sole (questa è perlopiù la mia esperienza).
Perciò spesso li raddoppio, gli stuzzichini! non il vino.
Ho scelto di abbinare alle piadine questi salatini homemade, composti da un wurstel (leggero) di pollo, sporcato di senape e avvolto da un velo di sfoglia.
Facilissimo, saporitissimo, velocissimo (perchè acquistare quelli pronti?)

-ricetta-
1 rotolo di pasta sfoglia rettangolare
1 confezione di 3 wurstel di pollo grandi
senape di Digione
1 uovo
semi di sesamo e papavero

Primo: scaldo i wurstel, o in acqua bollente o nel microonde.
Srotolo la pasta sfoglia, la divido in 3 pezzi, spalmo ognuno di senape forte, metto al centro il wurstel tagliato in 8 parti e arrotolo.
Sbatto l'uovo con pochissima acqua e spennello i rotolini. Spargo su ognuno un po' di semi di sesamo o di papavero, poi li taglio in bocconcini, li appoggio sulla placca rivestita da cartaforno e metto a cuocere a 200° per 20' circa.
Li lascio raffreddare e li servo.

Tranci di piadina alla crema di peperoni e caprino

Cosa abbinare a un calice di Verdicchio di Matelica DOC Riserva 2001 di La Monacesca?
Vino importante, interessante, una delle migliori espressioni di Verdicchio mai assaggiate...
Sicuramente una base 'panosa' accompagnata da un forte aroma vegetale, quello dei peperoni gialli più la lieve acidità del caprino.
E' sempre un'impresa abbinare un piatto a un vino, o viceversa, del resto è il compito richiesto a un sommelier, quello dell'abbinamento cibo-vino.
Io ci provo, ogni volta che mio marito mi porta su dalla cantina le bottiglie destinate alla serata di degustazione inizia il lavoro di scelta, che non è sempre facile, soprattutto perchè devo fare un gran lavoro di memoria sulle bottiglie assaggiate e ricordarmi le note caratteristiche di ciascun vino. 
E chiedo sempre la sua collaborazione.
Ci provo è chiaro, molte volte ci azzecco, poche altre un po' meno, anche se quelle volte che l'abbinamento non è esaltante mi appello alla legge di Gualtiero (Marchesi) che una volta disse che i suoi piatti preferiva venissero degustati con un bicchiere di acqua, perchè un piatto è una cosa, il vino abbinato un'altra.
Se gli ospiti sembrano non gradire troppo l'accostamento, raccomando loro di mangiare bevendo acqua e gustare il vino tout court. Fortuna che succede rarissimamente! Pfui!!!
Comunque, tornando all'argomento, secondo me, l'abbinamento con tranci di piada ecc. ecc. ci sta...

-ricetta-
per 12 persone
4 piadine sfogliate all'olio evo
2 peperoni gialli
1 cipolla 
olio evo
2 caprini di capra
150 g prosciutto cotto a fette
sale, pepe

Inizio dai peperoni, li privo del torsolo, di semi e filamenti e li taglio a tocchetti.
Sbuccio e affetto la cipolla che metto a sudare in una padella con un velo di olio evo prima di aggiungere i peperoni e farli saltare a fiamma vivace, poi aggiungo un mestolino di acqua, salo e porto a cottura, ci vorranno massimo 15'.
Spengo, lascio intiepidire poi li frullo a crema. Al composto aggiungo i caprini e frullo ancora.
Scaldo le piadine in una padella (così le arrotolerò meglio) poi le spalmo di crema di peperoni e copro con fette di cotto. Spolvero di pepe e arrotolo stretto.
Procedo allo stesso modo per tutte le piadine.
Avvolgo ciascun rotolo in carta stagnola poi, 10' prima di servire, li scaldo in forno molto caldo, quindi li scarto e li taglio in 4 tranci ciascuno eliminando le punte (mezze vuote che do da assaggiare al consorte o al primo che passa dalla cucina).
Dispongo i tranci in un piatto da portata e servo in tavola.



E' avanzata crema al peperone, so già come recuperarla, la utilizzerò come condimento per pasta o riso, completando con una salsiccia mantovana sgranata e rosolata (ma forse è meglio se ve lo spiego con la ricetta).

Rillettes di petto d'anatra

Stavolta sono partita dal vino, il Gewurtztraminer Kolbenhof 2002 di Hofstätter, pensando ai suoi sapori e al suo profumo intenso e inconfondibile (mio marito lo definisce il vino per non vedenti, nel senso che lo si riconosce appena ci si mette il naso) ho subito realizzato che queste rillettes sarebbero state l'abbinamento ideale.
Ma in dispensa non ne avevo più, quando sono in giro per la Francia ne faccio scorta, ma gli ospiti si susseguono con tale frequenza qui da noi che le scorte non sono mai sufficienti.
Non mi sono persa d'animo e sul sito francese 'notre famille.com' ho trovato la ricetta come quella che intedevo io, semplice, a base di solo petto e grasso d'anatra, di quello per mia fortuna ho sempre la scorta, utilizzandolo spesso al posto dello strutto, che i cuginetti vendono in comodi boccali come questo in foto.


E' meglio prepararle con anche due giorni di anticipo, tanto poi si conservano qualche giorno in frigorifero.
Nulla di difficile, solo i tempi di cottura sono lunghi.
Avevo già scritto quest'estate sulle 'rillettes', un patè sfilacciato da spalmare su fettine di pane tostato o su crackers all'acqua, quando avevo fatto quelle ai due salmoni.
Il grasso in cui cuoce la carne la rende morbida e succulenta, delicata e saporita allo stesso tempo.

-ricetta-
2 petti d'anatra con la loro pelle
1 fetta di pancetta fresca di maiale
3 cucchiai colmi di grasso d'anatra
2 scalogni puliti e tritati
1 cucchiaino di 4 épices
timo, pepe nero, sale grosso

Uso una cocotte in ghisa, conduce meglio il calore per cotture prolungate a fiamma bassissima, ma va bene anche una pentola di acciaio a fondo spesso, o in alluminio pressofuso.
Sul fondo della pentola metto il grasso con gli scalogni, un rametto di timo sfogliato, un po' di pepe macinato grosso (o pestato nel mortaio), le 4 spezie (mix di cannella, zenzero, noce moscata e chiodi di garofano) e una presa di sale grosso. Sopra ci accomodo i petti a pezzi, privati della pelle ma non del grasso che c'è sotto e la pancetta anch'essa a trancetti . La pelle l'accomodo sopra e aggiungo acqua sino a metà altezza.
Metto sul fuoco e porto a ebollizione poi lascio sobbollire coperto a fuoco bassissimo per almeno 3 ore.
E' quello che i francesi chiamano 'confit', cuocere carne e grasso sino a quasi fondere entrambi.
Scolo la carne, elimino la pelle, con due forchette la sfilaccio e raccolgo un po' del fondo di cottura mischiato al grasso, mescolandolo agli sfilacci nella giusta misura per non renderli troppo grassi, ma facilmente spalmabili.
Posso anche aiutarmi con un robot, usandolo a intermittenza per pochi secondi.
Metto il tutto in un barattolo di vetro, ricopro con un cucchiaio di grasso sciolto e chiudo col coperchio, riponendolo in frigorifero per almeno 12 ore.
Per servirle le porto a temperatura ambiente e le spalmo su crackers.

Già che ho fatto tutto il lavoro ne ho preparate un po' di più e ne ho invasato una parte in barattoli più piccoli, poi sterilizzati per conservarli a lungo, coprendo le rillettes di uno strato di grasso sciolto.

venerdì 27 gennaio 2012

Pasta e fasoi

Delle mie parziali origini venete avrete letto.
E' inverno, fa un bel freddo soprattutto la mattina, e mi piace cambiare, al posto del solito primo una minestra, ogni tanto, ci vuole.
Pasta e fagioli alla veneta era uno dei piatti preferiti da mio padre, (beh, a ben guardare gliene piacevano così tanti da riempire un'enciclopedia) purchè fosse densa e piena di cotiche.
Cercherò di ripetere l'impossibile, ovvero di farla come la facevano nonna e zia, una coppia improbabile in cucina, suocera e nuora che si beccavano continuamente.
Mi ricordo a memoria le varie fasi perchè tante volte ho aiutato la nonna a sgranare i fagioli appena raccolti dall'orto, poi raschiavo le carote e toglievo i fili al sedano. Una cuoca in erba in ginocchio sulla sedia per arrivare al piano del tavolo, era destino.
Per questa versione, conoscendo alla perfezione i gusti dei miei commensali, ho eliminato le cotiche perchè non le mangerebbero mai e per insaporire ho usato un battuto di lardo e rosmarino, alla maniera del Cecchini. Unica piccola concessione a palati non avvezzi a certe raffinatezze.
Quasi tutte le regioni italiane hanno una loro versione di questa zuppa, anche se il Veneto vanta una lunga tradizione tramandata per questo piatto, a Venezia e ai suoi mercanti va il merito di aver introdotto i fagioli in Italia (importati nella penisola iberica dalle Americhe, appena scoperte da Cristoforo Colombo).
Vi consiglio di utilizzare i pregiati borlotti di Lamon, una IGP che porta il nome del comune del bellunese dove li coltivano. Sono molto saporiti e hanno la buccia sottile.
Nella foto noterete alcuni fagioli dell'occhio, purtroppo avevo in dispensa solo 500 g di Lamon, ma la zuppa è per 12 persone per cui ho aggiunto quelli per decorare, lasciandoli interi.
E come da tradizione, per la pasta solo spaghetti grossi, meglio ancora i 'bigoli', spezzati con le mani.
E' un piatto abbastanza robusto che ben si sposa con un Bardolino o una Ripassa, ma che non disdegna abbinamenti con bianchi importanti, infatti la scelta è caduta su un doppio abbinamento, Stamas Collio Rosso Doc e Stamas Collio Bianco Doc di Terpin.

-ricetta-
per 4 persone
250 g fagioli borlotti di Lamon, messi a bagno per una notte
200 g pasta
150 g cipolla (una grande)
1 gambo di sedano
100 g carota
1 spicchio di aglio
1 rametto di rosmarino
100 g cotiche, lavate, raschiate e sbollentate
oppure 50 g lardo battuto a coltello con qualche ago di rosmarino
olio evo, sale, pepe, formaggio grattugiato, pane a fettine

In una grande pentola, se è di coccio meglio, metto un giro di olio evo e il battuto di lardo e li faccio scaldare, poi ci metto a rosolare tutte le verdure tritate per circa 10' a fuoco dolce.
Aggiungo quindi i fagioli scolati e sciacquati e le cotenne (se le uso) già sbianchite, copro con 2,5 litri di acqua fredda, alzo la fiamma e porto a bollore, poi copro e lascio appena sobbollire per 3 o 4 ore circa, aggiungendo un po' di sale a metà cottura.
Se le ho messe tolgo le cotiche, le taglio a striscioline e le tengo in caldo.
Tolgo con un mestolo forato una parte dei fagioli, passo col minipimer il resto, rimetto i fagioli interi e un rametto di rosmarino, che lascio intero a insaporire per 20' prima di toglierlo e regolare di sale.
Butto nel passato la pasta spezzata, la cuocio al dente, poi servo in ciotoline di coccio con pepe macinato fresco, un filo di olio evo, abbondante formaggio grattugiato (personalmente la preferisco liscia) ed eventualmente qualche cotica.


Polenta pasticciata con formaggella di capra stagionata di Artavaggio

Noi del nord non a caso siamo chiamati polentoni, conosco persone che abitano la sponda bergamasca qui di fronte che ne consumano quasi ogni giorno, l'inverno.
Artavaggio è famosa per i suoi Piani in provincia di Lecco, situati tra 1600 e 1900 m s.l.m., che si raggiungono da Moggio con una comoda funivia.
Frequentata meta sciistica dai lombardi negli anni '60, quando ancora nevicava tanto, ora ridotta a piste per principianti date le scarsissime precipitazioni nevose degli ultimi anni.
Ma Artavaggio non è famosa solo per la mini stazione invernale, poichè una grande azienda produttrice di formaggi denomina così alcuni suoi prodotti a base di latte di capra, stagionati in grotte della zona.
La formaggella che ho usato per il pasticcio è cremosa e abbastanza grassa, ha uno spiccato accento di latte caprino senza eccedere.
Col calore del forno si scioglierà tra le fette di polenta regalando untuosità al piatto.
Un buon calice di rosso in abbinamento, spostandoci appena sopra la Valsassina rimarrei in Valtellina con un Inferno Superiore prodotto nei terrazzamenti di Poggiridenti.
La polenta pronta che intendo io è quella avanzata da un piatto precedentemente fatto, ovvio! (come per il riso al salto, cerco sempre di cuocere della polenta in più sapendo già che potrò riutilizzarla).
Nulla vieta di usarne di già confezionata tranne il gusto, decisamente migliore in quella fatta in casa, la scelta di farine macinate a pietra fa la differenza per sapore e consistenza ed inoltre, da quando ho scoperto che posso farla con poco sforzo in un paiolo antiaderente, è tutto molto più semplice e ho pensionato il vecchio paiolo con pala elettrica, bello sì ma di rame, con tutto quel che ne consegue per pulirlo.

-ricetta-
polenta già pronta, circa 600 g
formaggella di capra, circa 300 g
burro e formaggio grattugiato

Taglio a fettine la polenta, imburro una pirofila profonda e comincio col fare un letto di polenta.
Copro con fettine di formaggella, spolvero di formaggio grattugiato e rifaccio uno strato di polenta che condirò come il precedente, sino a terminare con l'ultimo strato che condirò solo con formaggio grattugiato e burro a fiocchetti.
Scaldo il forno a 170° e inforno la pirofila, facendola cuocere per circa 25'/30'.
Lascio riposare 5' e poi servo.

giovedì 26 gennaio 2012

Mini penne con carciofi e buzzonaglia di sgombro

Una ricetta saporita, senza la minima ombra di dubbio.
Un piatto unico e sostanzioso.
Un recupero, ancora.
Volevo cuocere un risotto, alla fine ho optato per le piccolissime pennette risottate.
Ma cos'è la buzzonaglia? normalmente sono gli scarti di carne che si trovano accanto alla lisca centrale del tonno più ritagli di ventresca e altri pezzi che si butterebbero ma, considerato che il tonno viene definito il maiale del mare, come avviene per il suino di cui non si butta via nulla, anche gli scarti del tonno vengono recuperati in un prodotto raro quanto buonissimo.


L'ho già scritto a settembre, il 2011 è stato un anno magrissimo per la pesca ma comunque qualcosa ha pur sempre riportato a casa, il consorte.
Quei pochi sgombridi che aveva catturato li ho cotti per servirli ad amici che se li aspettano, e pure da questi, anche se in misura minore, si ricava della buzzonaglia, però oggi mi sono resa conto che sino allo scorso anno era riservata al mio micione bellissimo, lui che solo a sentire l'odore del pesce in cottura non usciva più dalla cucina in attesa del prelibato piattino.
Ma non è più con noi, ahimè, e così mi sono ritrovata con la ciotolina di scarti, edibilissimi, che mi avanzava. Quando pulisco i filetti per conservarli sott'olio li rifilo per bene, togliendo i filettini sanguinolenti e le sbavature della pancia, una buzzonaglia per l'appunto.
E' un lavoro di pazienza, lo so, a volte in cucina ce ne vuole tanta!
Io l'ho potuto fare perchè avevo 6 sgombri da sfilettare, voi potete tranquillamente lessarne in un court bouillon solo due o anche uno ma grande, e sfilettarlo tutto, polpa dei filetti compresa, scartando solo lisca centrale, pelle e lischette piccole.
Ho abbinato i carciofi, sono di stagione e li mangerei in ogni modo.
Abbinamento azzardato con un rosso? neanche tanto, un Südtiroler Lagrein, fruttato e vellutato, ha tenuto la tannicità del carciofo e bilanciato il gran sapore del piatto, in fondo anche il cacciucco si mangia bevendo vino rosso.

-ricetta-
300 g pennette
2 carciofi
sgombri, circa 400 g
1 cipolla piccola
2 pomodori secchi, peperoncino
olio evo, sale
1/2 spicchio di aglio

Sventro gli sgombri, li eviscero e li cuocio in un brodo vegetale fatto con 1 carota, 1 cipolla, 1 gambo di sedano, alcune gambi di prezzemolo, uno spicchio di limone, bolliti in acqua salata per mezz'ora.
Quando sono cotti li lascio intiepidire, poi li spello e li spolpo, ricavando i filetti e tenendo le parti intrise di sangue lungo la lisca centrale, eliminando tutte le lische più piccole. Conservo anche la parte più grassina della ventresca, il tutto sminuzzato con le mani.
Pulisco, spunto e affetto sottili i carciofi.
In una casseruola, coperta da un giro di olio evo a filo, faccio sudare la cipolla tritata, con un pizzico di peperoncino e i due pomodori secchi tritati fini con l'aglio, prima di unire i carciofi facendoli rosolare salandoli leggermente. Quando sono a metà cottura verso le pennette, le mescolo per rivestirle di condimento e per tostarle un po', poi continuo a cuocerle versando acqua calda a mestolini.
Dopo 5' metto la buzzonaglia e finisco di cuocere.
Impiatto lasciando la pasta un po' umida per non seccare troppo il pesce.
Il sapore finale ricorda vagamente quello della pasta con le sarde, dopotutto sempre di pesce azzurro si tratta.

martedì 24 gennaio 2012

Millefoglie di polenta, cotechino e zabaione al balsamico

Un'entrée degna di un grande Chateau de Bordeaux, Grand Cru Classé Pessac Leognan 2005 di Chateau Carbonnieux.
Ma potrebbe essere un'idea per variare il solito cotechino e lenticchie del prossimo veglione di fine anno, sempre che il 21/12/2012 il calendario maya venga smentito.
La serata era tutta centrata su questi grandi e famosi vini, per lo più rossi, che richiedono abbinamenti adeguati, il freddo intenso di questo periodo aiuta nella scelta di portate goduriose, che compensano con grassezza e untuosità la necessità di supportare vini complessi.
L'abbinamento polenta e cotechino sarebbe fin troppo semplice, ma la correzione con lo zabaione salato profumato con aceto tradizionale di Modena impreziosisce il tutto.
L'aceto balsamico tradizionale di Modena costa un botto ma, se avete occasione di visitare un'acetaia in zona, sovente trovate prodotti di alto livello che il consorzio ABTM non ha ritenuto idonei (per leggere imperfezioni) all'etichettaggio DOP e conseguente imbottigliamento nella classica ampolla da 100 cc disegnata da Giugiaro, che sono ugualmente ottimi e che i produttori vendono a prezzi accessibili, aceti molto invecchiati nei tipici vaselli, come quelli Dop.
Per non disperdere i profumi e gli umori userò delle pirofiline monoporzione.
Anche per questa ricetta posso preparare tutto prima, montando all'ultimo momento solo lo zabaione per non fargli perdere fragranza.
Quindi, anche il giorno prima, farò la polenta e cuocerò il cotechino che riscalderò al momento.
Calcolate 2 fettine di cotechino e 2 di polenta per ciascun commensale.
Con gli ingredienti principali pronti, l'assemblaggio di questo piatto richiede massimo un quarto d'ora.

-ricetta-
per 12 persone
2 cotechini
polenta già cotta fatta con 300 g farina
6 tuorli
25 g zucchero
10 g sale
2 cucchiai di aceto balsamico tradizionale
1 bicchierino di brandy
50 ml vino bianco
pepe nero

Affetto a dischetti la polenta, scaldo il cotechino e lo faccio a fettine, poi ungo leggermente le pirofiline e ci metto le fette alternate. Metto in forno caldo a 150° intanto che preparo lo zabaione.
Sbatto nella bastardella per il bagnomaria con una frusta a filo i tuorli con zucchero e sale.
Su calore moderatissimo, con una frusta elettrica, continuo a sbattere aggiungendo piano il liquore, il vino e l'aceto balsamico sino a quando è ben gonfio, poi lo distribuisco nelle varie pirofile e porto subito in tavola, con un pizzico di pepe appena macinato.

lunedì 23 gennaio 2012

Spaghetti di kamut, radicchio e quenelle di caprino e rucola

Ummmmmm, come mi piacciono gli spaghetti di kamut da agricoltura biologica della Jolly Sgambaro.
Sono talmente buoni che li mangerei anche sconditi, peccato che il consorte non sia dello stesso avviso.
Per cui dopo una sbirciatina d'obbligo alla dispensa ho trovato radicchio tardivo, rucola e caprini.
Il tardivo lo uso per il sugo, la rucola sbollentata e frullata la mescolo ai caprini per fare le quenelles di accompagnamento. L'amarognolo del radicchio si mescolerà con la verde freschezza di rucola e caprini.
Con questi ingredienti ecco un altro piatto unico, da rinforzare al massimo con altre verdure o frutta.
Non vorrei mai che il consorte si imbolsisca ulteriormente data la forzata immobilità, che porta con sè piccoli momenti di depressione facilmente risolvibili con un buon piatto caldo, tanto tra un mese dovrà soffrire comunque in palestra.
Mentre si scalda l'acqua e cuoce la pasta il sugo sarà pronto. Veloce e leggero.
Le dosi sono, al solito, per 4 persone.

-ricetta-
320 g spaghetti
2 cespi di radicchio tardivo
100 g rucola
1 cipolla piccola
2 caprini
olio evo, sale, pepe

Metto a scaldare l'acqua per la pasta.
Prendo una padella abbastanza grande, ci metto a soffriggere piano la cipolla tritata con un filo di olio, poi aggiungo il radicchio tagliato a pezzetti e lo faccio appassire 3'. Condisco con sale e un pochino di pepe.
Sbollento la rucola per 5' poi la scolo, la strizzo leggermente e la frullo a crema.
In una ciotola maneggio i caprini con la rucola.
Scolo la pasta al dente e la faccio saltare nella padella col radicchio, eventualmente aggiungendo un po' di acqua di cottura per amalgamare.
Metto nei piatti, formo le quenelles di formaggio aiutandomi con 2 cucchiai e ne appoggio due sugli spaghetti, da stemperare nella pasta.
Servo immediatamente.


domenica 22 gennaio 2012

Cassolette di lumache al Roquefort



Questa ricetta me l'ha data M.me Dauvergne, con il marito allevatrice di lumache in Champagne, l'unico posto dove mi rifornisco di queste appetitose leccornie, scoperto (par hasard) una dozzina di anni fa.
Il loro allevamento è al centro di un crocicchio di vie nel cuore della Champagne, un posticino isolato e tranquillo dove, oltre alla coltivazione degli ortaggi con cui cibare i molluschi, hanno un piccolo moderno e pulitissimo laboratorio per la lavorazione delle lumache.
Le vendono in boccali di vetro conservate in un leggero brodo vegetale. Squisitissime!
Beh, devono piacere ovviamente, mio marito ne va matto e ad agosto, prenotando la visita, siamo riusciti a farne nuovamente scorta, poichè come dice M.me, non esiste vacanza per chi si dedica all'elicicoltura.
L'abbinamento con il Roquefort, saporito e salato formaggio di pecora prodotto nella Francia centrale, mi sembrava ardito invece è risultato eccellente, soprattutto dato l'abbinamento con Il Sauternes Grand Cru Classé 1996 di Chateau Filhot, con spiccatissimo profumo di zafferano, non troppo dolce, anzi, con una buona acidità finale.
Non abbinate mai un Sauternes con dei dolci, preferite sempre un abbinamento salato, con formaggi erborinati o con il classico foie gras.
Le lumache così cucinate sono deliziosamente succulente ma servendole con un Sauternes o, se preferite rimanere in Italia, con un Muffato della Sala (uno dei migliori botritizzati italiani prodotto da Antinori in Umbria), meglio proporle a fine pasto, l'intensità del vino potrebbe inficiare le successive degustazioni saturando le papille.
Grattugiate due fette di pane raffermo o di pane a cassetta, non utilizzate il pangrattato troppo sottile, meglio che ci siano briciole irregolari.
Calcolate minimo 6 lumache a testa, di solito si vendono a dozzine.

-ricetta-
4 dozzine di lumache
150 g Roquefort
4 cucchiai di panna
1 noce di burro
pepe nero
pane grattugiato fresco

Scolo le lumache dal liquido di conservazione.
Le faccio scaldare in una noce di burro per 5', poi aggiungo la crema di latte e metà del Roquefort sbriciolato che scaldo appena senza far bollire troppo.
Prendo dei piccoli contenitori che possano andare in forno e ci accomodo le lumache e un po' del saporito sughetto, sopra metto qualche altra scaglietta di Roquefort e spolvero di pangrattato, quindi faccio gratinare qualche minuto sotto il grill.

Sugo di carne alla toscana

Inizialmente volevo rifare quello che l'Artusi definisce alla Romagnola o brodo scuro, ma poi mi serviva prepararne uno ultra saporito, anche con l'ausilio di fegatini e così ho spulciato tra le ricette della mamma, quelle che si scambiava con le persone che conosceva in giro per l'Italia durante le vacanze, e quelle che le faceva fare papà.
Tra tutte queste mi ricordavo di un saporito sugo che condiva i pici che cucinavano in un ristorante vicino a Chianciano, dove mio padre andava per le cure termali, che conteneva anche fegatelli e salsiccia.
Ovviamente come per tutte le ricette di sughi ognuno conserva scritte quelle di famiglia o che ci si scambia tra amici, o quella che all'ennesimo tentativo ci è piaciuta di più.
Vi consiglio di imparare a prendere nota su un taccuino dei vari passaggi quando in cucina andate fuori dalle righe delle ricette, così che sarà più facile ripeterle una seconda volta, non fidatevi della memoria.
La carne occorrente dev'essere magra ma non pregiatissima, in Toscana usano aggiungere le cosiddette 'parature', ma dove le vado a cercare qui?? Perciò ho scelto un pezzo di noce.
Ho tentato di ricostruire quello che, per anni, è stato un must di papà in cucina.
Bisogna cuocerlo a lungo ma alla fine il risultato ripaga la lunga sorveglianza, meglio prepararlo il giorno prima, poi lo si può conservare anche per una settimana in frigorifero o congelare.
Apparentemente è laborioso, ma bisogna ricordare che nei secoli passati le donne potevano stare a lungo intorno al focolare e sorvegliare le lunghe cotture, purtroppo oggi questo tempo ci manca, ma organizzandosi e preparando i vari ingredienti in tempi diversi, si può fare.
L'esigenza è scaturita dal dover condire adeguatamente delle pappardelle da abbinare allo Chateau Cantenac Brown, Margaux Grand Cru Classé 2005, un velluto con tannini finissimi e grandi profumi, nella regione i vini bianchi sono soprattutto Sauternes, ma la degustazione prevedeva ben sei vini rossi per cui, per fare un fondo adeguato, ne abbiamo abbinato uno ad un piatto asciutto di carboidrati.
Ma potrebbe andare ugualmente bene l'accostamento con un Sangiovese o con un SuperTuscan, taglio bordolese appunto.

-ricetta-
1 cipolla grande rossa
2 gambi di sedano con qualche foglia
1 carota, 1 spicchio aglio
150 ml olio evo
20 g burro
800 g magro di manzo
1 salsiccia di maiale
8 fegatini di pollo o di coniglio
300 g polpa pomodoro
odori per il mazzetto guarnito
vino rosso, 1 l di brodo di carne (anche di ossi)
pepe in grani

Mi preparo tutto quel che occorre, il brodo con i soliti odori più qualche osso e un pezzetto di biancostato (anche il giorno prima, quel che avanza usatelo per un risotto), la carne e le verdure tritate a coltello, la salsiccia spellata, i fegatini puliti e lavati e tritati grossolanamente anche loro sempre a mano con un coltello pesante, meglio ancora con due.



Prendo una pentola adatta e ci metto l'olio e il burro, poi le verdure, il mazzetto guarnito e qualche grano di pepe e faccio rosolare a lungo senza che bruci, per 10' e oltre.
Poi aggiungo la carne e la salsiccia, devono arrostirsi per bene a fiamma vivace e risultare asciutte prima di aggiungere i fegatini e dopo che anche loro sono rosolati sfumo col bicchiere di vino.
Assorbito anche lui è il momento del pomodoro e di un mestolo di brodo.
Copro e lascio sobbollire molto lentamente per 3 o 4 ore, il tutto si deve amalgamare e insaporire a puntino. Se asciugasse troppo aggiungo poco brodo alla volta. Elimino il mazzetto guarnito e spengo.
Lascio riposare tutta una notte al fresco.
Eccellente per condire pappardelle all'uovo, ma pure qualsiasi altro formato di pasta un po' importante, i pici, gnocchi freschi.

Le Potage Parmentier



La prima serata di degustazione per alcuni soci del nostro club di questo 2012 è iniziata all'insegna della bandiera francese, abbiamo stappato 7 grandi vini di Bordeaux.
Pertanto i piatti in abbinamento, per quanto mi è possibile, ho cercato di sceglierli francesi.
Ha aperto le danze questa calda crema vegetale dal sapore delicato di porri e patate per accompagnare uno dei pochi vini bianchi di questa regione famosissima per i suoi nobili rossi, ci sono alcune grandi maison che scelgono di produrre anche un bianco secco a base di Sauvignon e Semillon, le stesse uve del rinomato Sauternes.
Antoine Augustin Parmentier (1737-1813) era un farmacista e agronomo arruolato nell'esercito francese durante la Guerra dei sette anni, quando fu fatto prigioniero in Germania e lì ebbe modo di studiare caratteristiche, pregi e doti della patata.
In quel tempo il tubero proveniente dal sud America, che era già stato introdotto in Europa dalla metà del 1500, non era ancora riuscito a entrare nei favori del popolo che lo riteneva nocivo per la salute, come molte delle cose che crescevano sotto terra, vedi le carote.
In effetti qualcosa di nocivo le patate, specie se conservate alla luce diretta, lo contengono, è la solanina, un alcaloide che provoca intossicazioni con forti dolori addominali che non viene degradato dalla cottura,  si inattiva a circa 240 gradi. Basta però conservarle al buio ed eliminare eventuali parti verdi e i germogli per evitare fastidi.
Parmentier con uno studio sulle alternative al pane durante le carestie le sdoganò e insegnò agli europei come cibarsene, inventando tante ricette che portano il suo nome.
Risultate utilissime in periodi di carestia, ricche di amidi e zuccheri nonchè di minerali e vitamine, furono quasi l'unico cibo disponibile, economico e saziante, dei poveri di mezza Europa.
Tuttora se ne consumano in abbondanza ovunque, fritte, bollite, al forno, in fiocchi.
Il potage di cui vi posto la ricetta è una crema a base di patate e porri, dalla consistenza vellutata, ottimo apripasto o zuppa sia invernale che estiva se la servite a temperatura ambiente.
A completarla basta un goccio di panna e un ciuffo di erba cipollina tritata. E non fatevi paranoie per la panna, senza non é una Parmentier, quella nota leggermente untuosa è proprio ciò che differenzia il potage da un normale passato di verdura, e poi non ce ne vuole molta, giusto quel che serve a legare.
Se proprio non potete sopportare la panna usate un po' di ricotta morbida.
Ricordo che ogni cena nei ristoranti del Club Med veniva aperta da un potage sempre diverso e benchè fosse estate era ben gradito. Da allora mi sono innamorata di queste cremine calde, facili facili da preparare, suvvia resistete alla tentazione di acquistare quelle pronte liofilizzate o in barattolo e fate una Parmentier, va bene pure se la cuocete in pentola a pressione, e poi sbizzarritevi e alla base di patate aggiungeteci altre verdure come zucca, zucchine, piselli, broccoli, cavolfiori, pomodori, asparagi.
Il brodo buono ce l'avevo pronto poichè ho cotto la carne per il secondo, perciò ero già a buon punto.
E' stata un'entrée leggera per lo Chateau La Louvière, Grand Vin de Graves 2007, ancora freschissimo e agrumato, del resto i vini di Bordeaux non a caso sono considerati 'vins de garde', ossia possono riposare a lungo in cantina, e ieri sera ne abbiamo avuto la prova, nessuno, nonostante alcuni avessero superato i 10 anni, era stanco o vetusto.

-ricetta-
per 12 scodelle
4 porri
4 patate medie farinose
sale, pepe
erba cipollina
100 ml panna
crostini

Pulisco i porri lavandoli bene e spuntando la parte verde più coriacea, poi li affetto sottili.
Pelo le patate, le lavo e le taglio a tocchetti.
Metto tutto in una pentola e verso un litro di acqua o leggero brodo di carne, aggiungo un pizzico di sale e copro.
Lascio cuocere per 25' circa, o fino a che le verdure sono tenere, poi frullo a crema col minipimer nella stessa pentola, quindi verso la panna, riscaldo appena senza far bollire, giusto una macinata di pepe e metto nelle ciotoline guarnendo con alcuni steli di erba cipollina sforbiciati finemente e crostini piccolissimi.

Cake di grano saraceno con banane, noci e zenzero candito


E' giusta l'ora della colazione, stamattina mi sono alzata con la voglia di fare il 'banana bread', l'ho assaggiato a New York e ne conservo un buon ricordo.
Però voglio usare anche farina di grano saraceno e un po' di fecola.
Ho rimaneggiato la ricetta di un libricino americano inserito tra le istruzioni degli stampi per dolci, i primi in silicone che ho acquistato tanto tempo fa a Washington, convertendo le dosi di cups in etti, benchè abbia acquistato pure i misuratori in cup.
Ho diminuito anche la dose di zucchero perchè gli americani fanno dolci troppo zuccherati per i miei gusti.
Le banane devono essere stramature, con la buccia ormai scura come quelle che uso per il gelato, solo così svilupperanno tutto il loro sapore.
Qualche dadino di zenzero candito smorzerà il dolce della banana.
Alcune noci tritate grossolanamente scrocchieranno sotto i denti.
Con queste dosi ne vengono due di cakes, per stampi da plum di medie dimensioni, è un dolce che si mantiene bene anche per una settimana.

N.B.
non troppo soddisfatta dell'esperimento ho provato a fare il cake con tutta farina di saraceno e la fecola indicata....mi è piaciuto decisamente di più. .Per cui correggo le dosi secondo le ultime prove

-ricetta-
3 banane stramature
200 g burro morbido
250 g zucchero
250 g farina grano saraceno
50 g farina 00
75 g fecola
4 uova
1/2 cucchiaino di sale
2 cucchiaini di lievito
un pizzico di estratto di vaniglia
1/2 cucchiaino di cannella in polvere
10 noci, 5 pezzetti di zenzero candito (facoltativo)

Non occorre il mixer per fare questa torta, bastano una ciotola e una spatola.
Si comincia con gli ingredienti morbidi e umidi, sbatto il burro con lo zucchero, poi aggiungo le banane ridotte in poltiglia con una forchetta, la vaniglia e le uova leggermente sbattute.
Mescolo per amalgamare gli ingredienti prima di aggiungere le farine setacciate, il sale e il lievito, poi le noci sgusciate e tritate, la cannella e lo zenzero ridotto a cubetti piccoli.
Ancora una mescolata per inglobare tutto e verso il composto dividendolo nei due stampi imburrati e infarinati (se uso quelli in silicone non occorre fare questa operazione).
Faccio cuocere in forno già portato a 180° per circa 45' o più, dipende dal forno, comunque la prova stecchino vale sempre.
Ottimo a colazione, inzuppato nel caffè lungo e liscio all'americana, o all'ora del the.

venerdì 20 gennaio 2012

Ziti risottati con carciofi e salsiccia Napoli

Solitamente si abbinano carciofi e speck, ma nel frigorifero avevo una salsiccia Napoli e ho deciso di utilizzare quella.
Una pasta risottata, per farla vanno bene tanti formati corti anche spessi, calcolando che i tempi di cottura si allungano rispetto alla normale lessatura.
Il brodo non è un problema, avrete capito che detesto tutti quelli già pronti, solidi o in polvere, dato che farselo e conservarlo è solo questione di abitudine, e ogni volta che me ne avanza lo travaso in bottiglie di pet e lo congelo.
E' stagione di carciofi, amo particolarmente quelli spinosi sardi, buoni e saporiti, solo un tantino antipatici da pulire, una spina finisce sempre per conficcarsi in qualche polpastrello, chissà come mai!
Calcolate poca pasta per persona, ne bastano 70 g, perchè il condimento è già completo e saziante di suo.
Non aggiungete sale, basteranno il brodo (che sarà poco salato), la salsiccia e il formaggio a insaporire tutto, tenendo conto che risottando la pasta i sapori si concentrano perchè gli amidi rimangono nel sughetto.
Data la composizione di carboidrati, verdure e proteine si può considerare un piatto unico, il pasto è completo, basta aggiungere della frutta.

-ricetta-
280 g pasta corta
3 carciofi
1 scalogno
100 g salsiccia Napoli
prezzemolo tritato
formaggio grattugiato
olio evo, brodo, vino bianco

Pulisco i carciofi e li spunto, poi li affetto sottili.
Trito lo scalogno e lo metto ad appassire in un filo di olio evo in una casseruola dove cucinerò la pasta, poi aggiungo i carciofi, li lascio stufare circa 10' dopo averli sfumati con 50 ml di vino bianco, nel frattempo pelo e affetto a rondelle e poi a mezzelune il salame da unire ai carciofi.
Faccio rosolare il tutto poi butto la pasta, la giro facendola rivestire di condimento, poi poco a poco allungo con il brodo caldo a mestoli.
Porto a cottura lasciando la pasta al dente, spolvero di prezzemolo e lascio coperto a fuoco spento per 5'.
Servo grattugiando nei singoli piatti del padano stagionato.


giovedì 19 gennaio 2012

Arance e finocchi affettati, ai semi di papavero


Non è poi questa gran cosa, e nemmeno una novità questo contorno.
Ma se avete la fortuna di trovare arance bio naturali e non trattate, pensate a questo fresco abbinamento da servire con una cotoletta, ad esempio, ci aiuterà a sgrassare la bocca e per giunta non si deve cuocere niente, a parte la tostatura dei semi di papavero.
Le arance se naturali e non trattate possiamo benissimo consumarle con buccia e albedo, è molto piacevole il contrasto dolce-amaro e facilitano la digestione.
Poi vabbè, se non trovate l'aceto di pomodoro Mutti (credo sia l'unica ditta che lo produce) che è poco acido e ricorda al naso il profumo dei pomodori secchi, usatene uno a vostro piacere, di mele, rosso, balsamico, aromatizzato.
Io lo uso da anni quando ho bisogno di una nota piacevolmente acidula ma che non domini.
Inoltre ho salato utilizzando il delicato sale Blu di Persia in chicchi abbastanza grossi, di facile reperimento nei supermercati.
Non prendetemi per pazza, chi mi conosce un po' sa della mia passione per i vari tipi di sale, di pepe, di olio extravergine, di aceto, di spezie, di riso, di formati di pasta, di zucchero, di burro e chi più ne ha più ne metta.

-ricetta-
2 finocchi
2 arance
semi di papavero
aceto di pomodoro
olio evo
sale

Utilizzando la mandolina affetto sottilissimi, come una chiffonade, i finocchi puliti.
Con un coltello di ceramica (la sua lama taglia moltissimo) affetto a rondelle il più sottili possibile le arance, preferibilmente di quelle succosissime e a buccia sottile.
Prendo un largo piatto e dispongo al centro le fettucce sottili di finocchi e tutto intorno le fettine di arancia, metto qualche granello di sale solo sui finocchi, uno spruzzo di aceto e un filino di ottimo olio evo.
In un padellino faccio tostare un cucchiaio di semi di papavero e poi li distribuisco sulle arance.
Decoro con qualche barbina dei finocchi e servo.
Niente vino con questo contorno, troppi profumi tra finocchi e arance, meglio una birra o della buona acqua fresca.

mercoledì 18 gennaio 2012

Merluzzo con sedano, olive e mini San Marzano

Continuando nella voglia di leggerezza e di piatti semplici e veloci da preparare, cosa c'è di più facile che cucinare filetti di merluzzo con qualche sapore mediterraneo?
Una spiccata nota di sedano, a chi piace, mischiata a olive nere, capperi, pomodori caramellati e menta, quella fresca del mio orto che con le gelate è seccata ma non ha perso il suo intenso profumo.
Il tutto sarà pronto in un quarto d'ora al massimo.
L'unica attenzione richiesta è la delicatezza nel maneggiarlo per non romperlo.
Il merluzzo è un pesce molto versatile, avrei potuto farlo impastellato ma così addio ai buoni propositi di cucinare leggero, per quanto possibile, dopo le trascorse abbuffate.
Le olive di Kalamata mi sono appena arrivate insieme all'olio della mia amica greca, adesso si trovano facilmente anche nei supermercati, ma andranno benissimo anche di altro tipo. Certo quelle originali sono carnose, tenere e con un profumo unico dovuto al metodo di conservazione, in olio evo ma al tempo stesso leggermente marinate in aceto.

-ricetta-
1 filetto di merluzzo per persona
1 scalogno
3 gambi di sedano bianco
200 g pomodori San Marzano mignon
olive nere
1 cucchiaio di capperi
olio evo, sale, pepe, menta, zucchero

Affetto sottili i gambi del sedano dopo che li ho ben lavati e trito lo scalogno.
Metto a bagno i capperi per togliere il sale in eccesso. Affetto a metà i pomodorini.
Prendo una larga padella e in olio evo faccio rosolare senza colorire lo scalogno, poi aggiungo il sedano e lo lascio stufare per 5' prima di mettere le olive e i capperi e subito dopo i filetti di merluzzo tagliati in 2 o 3 pezzi.
Lascio cuocere scuotendo appena la padella e li rigiro dopo circa 5'.
Dopo altri 5' saranno pronti.
Non metto sale, gli odori bastano e avanzano.
Nel frattempo in un'altra padella che faccio scaldare bene e sul cui fondo avrò sparso un cucchiaio di sale e uno di zucchero, metto i mezzi pomodorini a testa in giù e li faccio caramellare a fuoco vivissimo senza toccarli.
Quando vedo che cambiano leggermente colore schiarendo e iniziano a raggrinzirsi sono pronti.
Spengo, li irroro con un filino di olio e li spolvero con qualche fogliolina di menta sbriciolata.
Compongo il piatto con il filetto, il sugo e i pomodori eventualmente aggiungendo una macinata di pepe.
Se per caso aveste della polenta avanzata da far abbrustolire a fette, meglio ancora.


martedì 17 gennaio 2012

Pizzoccheri, carciofi e pepite di fiordilatte

Un primo piatto a tutta fibra.
I pizzoccheri di grano saraceno, i carciofi stufati e ... vabbè, concedetemi una leccornia, un fiordilatte fatto a dadini poi impanati e fritti, che ricordano vagamente gli 'sciatt', le frittelle di saraceno ripiene con un dadino di formaggio che in Valtellina servono su un letto di cicorino tagliato finissimo condito con aceto e olio.
Farò anche quelli un giorno di questi, oggi mi sono accontentata di aggiungere un po' di croccante alla pasta.
Decisamente un piatto unico, almeno per me che quando combino pasta e verdure e giusto un po' di formaggio mi sazio subito, non troppo calorico, con tante fibre utili al maritino che è immobilizzato.
Le dosi sono per 4 persone.

-ricetta-
300 g pizzoccheri
1 scalogno grande
4 carciofi
1 fiordilatte
1 uovo
prezzemolo tritato
pangrattato, olio evo, sale e pepe, birra scura

Pelo e affetto lo scalogno, lo metto a sudare in una padella con olio evo.
Pulisco i carciofi delle foglie più esterne e li spunto, poi li taglio a spicchietti.
Li faccio rosolare insieme allo scalogno, metto un pizzico di sale, sfumo con un dito di birra e lascio che cuociano sino a diventare teneri. Li spolvero di prezzemolo tritato.
Metto a cuocere la pasta e intanto preparo le pepite di fiordilatte, che avrò ben asciugato e passato prima in farina, poi nell'uovo sbattuto e infine nel pangrattato.
Per non far perdere formaggio durante la frittura li ripasso nell'uovo e ancora una volta nel pangrattato, poi li friggo pochi alla volta in olio evo e li metto a scolare su carta da cucina.
Una volta che i pizzoccheri sono cotti li scolo con un colino, li metto nella padella coi carciofi e con un goccio di acqua di cottura, spadello per amalgamare i sapori e servo completando con le pepite calde.
Un pizzico di pepe macinato se piace, e un Veltliner dell'Alto Adige per brindare, o la stessa birra scura di frumento che ho usato per i carciofi.



lunedì 16 gennaio 2012

Risotto con crema di cime di rapa

Ho il marito forzatamente a casa per almeno due settimane, si è infortunato alla spalla sciando, per cui mi tocca coccolarlo per quel che posso con buoni cibi e assistenza pratica.
Siccome mangia normalmente chili di verdura, per non fargli la solita cima lessata e condita olio e sale, se la uso in un risotto, mi son detta, l'apprezzerà di più.
L'ho sbollentata in acqua bollente con mezza cipolla e ho conservato il brodo da aggiungere man mano al risotto.
Aggiusto il sapore con qualche rocchetto di salsiccia, rosolata a pentola vuota e rovente, e manteco con un cucchiaio di ricotta forte, quella squanta, tipico prodotto della Puglia fatta con siero di formaggio di pecora ri-cotto e lavorato a crema, ha un tipico gusto piccante e si conserva per lungo tempo in barattoli di vetro.
Cosa sarebbero delle orecchiette al sugo di pomodoro senza di lei? non credo che la sua marcata nota saporita rovinerà il mio risotto.

-ricetta-
320 g riso
1 mazzo di cime di rapa
150 g salsiccia
1/2 cipolla
1 scalogno
olio evo, brodo vegetale
ricotta forte

Pulisco le cime eliminando i gambi più duri e le lesso al dente in acqua bollente salata insieme a mezza cipolla.
Le scolo e le tuffo in acqua gelata per mantenere il colore vivo, poi metà le conservo da condire come contorno e l'altra la frullo col minipimer per ottenere una verdissima crema.
Tolgo la pelle alla salsiccia e la taglio a rondelline, scaldo la pentola dove cuocerò il risotto e ci rosolo i rocchetti senza grassi, quindi li dispongo su un piatto in attesa, al caldo.
Trito lo scalogno e lo faccio sudare in un velo d'olio evo quindi butto il riso. Lo faccio insaporire e tostare poi inizio ad aggiungere il brodo a mestoli insieme a cucchiaiate di crema, mescolando con attenzione perchè la crema tende ad attaccare. Tutto si colorerà di un bel verde intenso.
Quando è quasi cotto e non completamente asciutto lo completo con la ricotta, ne basta veramente pochissima per mantecare e lascio coperto e a fuoco spento per 5'.
Servo con alcuni rocchetti di salsiccia nei singoli piatti.
Sale quasi niente, il brodo di cottura della cima è già leggermente salato, la ricotta forte è saporitissima e la salsiccia compenserà il resto.

domenica 15 gennaio 2012

Fonduta di cioccolato su composta di pere e grissini

Cioccolato amaro e pere, un connubio molto amato e declinato in infiniti modi.
Tutto come sempre nasce dalle disponibilità della mia dispensa, ovvero 4 pere kaiser che stavano per diventare troppo mature.
Si possono cuocere con la buccia perchè non è troppo spessa e senza l'aggiunta di zucchero.
Se però si è allergici alle pere (penso alla mia amica Ester), mele, uva leggermente brasata a chicco intero, ananas passato a fette su una padella rovente, albicocche se di stagione, fragole, saranno valide alternative purchè scottate senza l'aggiunta di zucchero.
Il cioccolato non manca mai tra le mie scorte, troppe volte mi aiuta a risolvere dessert improvvisati... al nostro amico reduce dalla sciata odierna andrebbe bene pure da solo, but 'I know my chicken' come ama ripetere proprio lui, e se quella dolcezza di cui non è mai stanco è abbinato a qualcosa di più coinvolgente, meglio!
Perciò il viaggio, dal parcheggio del Corvatsch a Sankt Moritz a qui, varrà l'attesa.
E' una facilissima e veloce preparazione cui ho aggiunto dei grissini leggermente salati in superficie, per compensare la marcata dolcezza.
Mangio pochissimo cioccolato, mi piace accompagnarlo con pane se non addirittura con un pezzetto di focaccia, infatti adoro quello al sale dolce di Cervia, che però devo andarmi a cercare appositamente.
Il sale sopra ai grissini crea un piacevole contrasto e la loro consistenza regalerà un po' di crunch al tutto.
La fondutina mi raccomando che sia calda, non come in un frequentato ristorante milanese dove la settimana scorsa ce l'hanno servita in tavola gelata per accompagnare pezzi di frutta e pandoro, per di più maltagliati tanto che sembravano pezzi sbocconcellati! (sempre più spesso mi domando cosa passa per la testa dei gestori di certi locali).  :((

-ricetta-
4 pere kaiser
mezzo limone spremuto
acqua
200 g cioccolato fondente
grissini

Riduco a pezzetti le pere, dopo averle lavate mantenendo la buccia.
Le metto in un pentolino con un bicchiere d'acqua e il succo di limone.
Porto a ebollizione e faccio cuocere sino a che il liquido non è quasi tutto riassorbito.
Spezzetto il cioccolato e lo faccio fondere a bagnomaria su fuoco dolcissimo.
Suddivido la frutta in coppette individuali e sopra ci sbriciolo un paio di grissini, poi ricopro col cioccolato fuso caldissimo e porto in tavola.
Se si è tutti adulti a tavola, al cioccolato fuso aggiungo un bicchierino di rum per profumare.


Confettura 'verde C'

Sono circondata da amici che hanno piante di kiwi nei loro giardini e che pertanto me ne regalano in abbondanza.
Questi frutti che si sono talmente bene acclimatati in Italia tanto che siamo il maggior produttore mondiale, maturano d'inverno, alcuni dei miei amici ne producono di brutti ma buoni, altri hanno un aspetto seducente ma sono asprissimi quanto ricchissimi di vit C.
Con quelli che mi sono rimasti nella cassa perchè troppo acidi per essere consumati crudi (nonostante li abbia messi vicino alle mele che con le emissioni di etilene ne favoriscono la maturazione), e che per renderli appena edibili bisogna seppellirli di zucchero e ciononostante la mimica facciale è tale da far concorrenza a Marcel Marceau, ne faccio una confettura, aggiungendo qualche pezzo di altra frutta per correggere la troppa acidità, dal momento che lo zucchero che metto nelle mie confetture è sempre il minimo necessario.
Non sopporto quelle troppo dolci, tutte uguali per sapore e colore, che se non leggi l'etichetta non sai con che frutta sono fatte e che rendono la crostata un insieme poltaceo dolce e stucchevole.
C'è già la frolla che è dolce e burrosa, quindi la confettura che la farcisce deve essere giustamente asprigna.
Oggi sperimento l'aggiunta di ananas, che darà consistenza e una banana stramatura (di quelle ormai immangiabili con la buccia tutta nera ma ancora bianche all'interno) che aggiungerà collosità e un po' di dolcezza.
Non taglio mai la frutta a pezzi troppo piccoli, nè la frullo, mi piace sentirne i pezzi una volta spalmata sul pane, non sopporto le confetture che sembrano composte.
E mi piace che rimangano il più possibile del loro colore naturale, perciò cerco di cuocerle lo stretto necessario, ricorrendo all'aiuto della pectina, sia quella in busta che quella naturale, che preparo facendo un bouquet garni, mettendo in una garza bucce e semi di mela e di limone.
Molto spesso aggiungo una nota di zenzero, nella confettura di fragole non manca mai, ma anche in questa mi è piaciuta la nota finale stuzzicante.
Capovolgendo i vasetti appena riempiti questi si sterilizzano automaticamente e comunque, come spesso succede alle confetture fatte in casa, una piccola bolla di muffa in superficie può capitare di trovarla quando si aprono, più che altro generata dall'umidità all'interno durante il raffreddamento, ma basta eliminarla con l'aiuto di un cucchiaino e conservare il vasetto, una volta aperto, in frigorifero.
Con 2 kg abbondanti di frutta riempio circa 7/8 vasetti classici.

-ricetta-
2, 5 kg kiwi
1 spicchio di ananas
1 banana stramatura
1 pezzo di radice di zenzero
1 kg di zucchero
la buccia di una mela e di un limone, coi loro semi

Pelo e affetto i kiwi, lo stesso faccio con la banana e con il pezzo di ananas.
Così...


Mi preparo il sacchettino (mia mamma me ne ha cucito uno apposito con una retina) con la buccia di una mela e di un limone e i loro semi.
Preparo i barattoli ben puliti, sterilizzati e asciugati su un vassoio, coi loro coperchi a disposizione e un mestolino.
Metto nella grande pentola che uso per le confetture la frutta e il sacchettino, poi aggiungo lo zucchero e porto a ebollizione.
A questo punto a fiamma vivace faccio cuocere il tutto, mescolando per far riassorbire pian piano la schiuma che si forma, aggiungo lo zenzero grattugiato e poi quando alla prova del piattino il composto si compatta raffreddandosi, ci vorranno massimo 15', spengo.
Col mestolino invaso subito la confettura, attenzione che le ustioni da zuccheri bollenti sono sempre in agguato, magari usate uno di quegli imbuti a bocca larga fatti apposta che si appoggiano sui vasetti, e la tappo, girando subito i vasetti e tenendoli capovolti un quarto d'ora.
Poi li raddrizzo e li etichetto provvisoriamente, perchè la mia cantina subisce a volte periodi di elevata umidità essendo interrata e a pochi metri dal fiume.
Dopo aver perso centinaia di etichette negli anni, ho scoperto che è meglio che metta il mio marchio sulle mie produzioni solo al momento di regalarle.
Credo che gli amici che verranno in settimana bianca con noi a febbraio rimarranno soddisfatti di questa produzione.
Come tutte le confetture prodotte in casa qualche settimana di assestamento può solo giovare e alla nostra partenza manca meno di un mese...

sabato 14 gennaio 2012

Rigatoni con maccarello affumicato e verdure fritte



C'è sempre qualche socio del nostro club eno-gastronomico che se ne va in giro per il mondo e ci riporta immancabilmente qualche specialità dal paese visitato.
Oggi è la volta del Portogallo, infatti dalla Conserveira de Lisboa arrivano questi filettini di sgombro affumicati e conservati sott'olio d'oliva. Il maccarello è una variante della famiglia degli sgombridi.
Sono piccolissimi, compatti e profumati, li abbinerò a una melanzana e a una zucchina che ho fritto in un velo d'olio evo per farne il condimento dei rigatoni.
Chiaramente si possono sostituire con un filetto di trota affumicata, o magari delle aringhe, più delicata la prima, sapore molto forte per le seconde.
Personalmente scoprii la Conserveira durante un breve soggiorno a Lisbona, del resto non è difficile da trovare essendo situata nel cuore della città, nella Baixa, il negozio conserva l'atmosfera e gli arredi degli anni '30, periodo in cui fu fondato.
Lì trattano e inscatolano a mano moltissimi tipi di pesce tipo tonno, sardine, calamari, sgombri, acciughe, baccalà.
Le scatolette sono poi incartate con carta da pacchi disegnata, insomma il colpo d'occhio è molto suggestivo, e i prodotti sono eccellenti.
Ovviamente consiglio a tutti gli amici in viaggio in quella bella città di farci un salto e loro puntuali rinnovano le mie scorte.
Uso ancora il capuliato invece del peperoncino, che vi devo dire?? finchè ce l'ho ne approfitto.
Calcolate massimo 70/80 g di pasta a persona, perchè il sugo è già bello ricco ed evitate di salarlo che gli aromi e l'affumicato saranno più che sufficienti ad insaporire il tutto.

-ricetta-
320 g rigatoni
1 scatoletta di sgombri affumicati, ben sgocciolati
1 melanzana, 1 zucchina
peperoncino in pasta
2 spicchi di aglio
olio evo, prezzemolo, pepe, limone, vino bianco



Taglio le verdure a fetta di salame e le friggo in pochissimo olio ben caldo, le scolo su carta da cucina e le tengo da parte.
Sbuccio l'aglio e infilzo gli spicchi in uno stecchino, così dopo la rosolatura li potrò eliminare più facilmente.
Scaldo una padella grande, ci metto un cucchiaino di peperoncino tipo sambal oelek o capuliato, oppure peperoncino fresco o secco privato dei semi, lo stecchino con l'aglio e un filo d'olio.
Scaldo il tutto in modo che l'olio prenda sapore poi elimino l'aglio e aggiungo i filettini di sgombro, lasciandoli insaporire prima di mettere le verdure.
Lascio rosolare per 5' dopo che ho sfumato con un dito di vino bianco, quindi tengo da parte mentre si cuociono i rigatoni che scolerò al dente nella padella col sugo facendoli saltare con un goccio di acqua di cottura.
Al termine aggiungerò il prezzemolo tritato, un cucchiaio di succo di limone e una macinata di pepe nero.

Con questi sapori intensi la scelta di un abbinamento apparentemente ardito, il Tenuta Testarossa di Pasetti, un Montepulciano d'Abruzzo annata 2002, ancora integro e pieno, con retrogusto di mandorla e profumi di sottobosco e liquirizia, con una lieve nota affumicata.

la Ribollita

Buone le zuppe! questa poi è divina, occorre approfittare ora per farla, che si riesce a trovare il cavolo nero, senza il quale non esiste ribollita.
Il nome spiega la natura di questo piatto tradizionale toscano di chiare origini contadine, questa zuppa infatti veniva preparata in grandi quantità e poi riscaldata per giorni, stratificandola nella pentola con tanto pane raffermo, fette di 'sciocco' oppure di pane nero cotto a legna.
Rimane di una consistenza compatta, per nulla brodosa.
Anche qui la mia prima volta è stata tantissimi anni fa dai Latini a Firenze, ero lì per una fiera e una sera, a cena in quel caratteristico posto in cui purtroppo non ho mai più rimesso piede ma che so esserci ancora, feci la sua scoperta.
Anni dopo Giovanna, un'amica di Pistoia, ce la preparò e mi feci dare la ricetta che mi disse essere tramandata nella sua famiglia da oltre un secolo.
Altri amici, che a dicembre sono stati in gita ad Arezzo e provincia, mi hanno gentilmente riportato i fagioli dell'occhio, per cui oggi ho deciso di continuare la serie di minestre di verdura disintossicanti con questa.


Ieri sera ho messo a bagno i fagioli, stamattina presto li ho cotti e poi ho preparato la zuppa che servirò in cocci individuali, che trovo più belli.
Le dosi non sono eccessive, nel senso che non siamo più abituati a rimangiare un giorno dopo l'altro le stesse cose, per cui con questa pentola credo che che ne ricaverò 4/6 porzioni.

-ricetta-
250 g cannellini o fagioli dell'occhio
1 mazzo grande di cavolo nero
1/2 cavolo verza
1 scatola di pelati
2 carote
2 gambi di sedano
1 cipolla
1 patata
1/2 porro
prezzemolo, timo, aglio, sale, pepe, olio evo

Dopo l'ammollo di 12 ore cuocio in abbondante acqua i fagioli con una foglia di alloro e uno scalogno, li salo poco solo alla fine.
Comincio a pulire e tagliare le verdure a pezzetti, prendo una pentola capace e nel fondo metto un giro di olio che inizio a scaldare prima di aggiungere porro, cipolla, prezzemolo e sedano tritati.
Lascio che si insaporiscano bene per almeno 10', mescolando spesso, poi metto il timo sfogliando i rametti, tutte le altre verdure e i pelati, regolo con un po' di sale e metto il brodo dei fagioli, se non fosse abbastanza aggiungo un po' di acqua calda per arrivare a coprire tutte le verdure.
Lascio cuocere piano per un'ora prima di aggiungere metà dei fagioli passati col minipimer e proseguo la cottura per un'altra ora almeno, se non di più.
(solo per Giorgia, perchè conosco fin troppo bene certe mie amiche... puoi usare la pentola a pressione, 40' di cottura dal fischio e poi, dopo aver unito i fagioli, altri 20')
La zuppa a questo punto è pronta, ma per servirla occorrono ancora un paio di passaggi.
Si prende una grande pentola, meglio se di coccio, o tanti piccoli contenitori monoporzione e si fa uno strato di fette di pane che si coprono con la zuppa e qualche fagiolo intero, altro strato di pane, altra zuppa sino a terminare con la zuppa e altri fagioli.
Si copre e ci si dimentica di lei per mezza giornata tenendola al fresco, poi la si mette su fuoco basso o in forno a 180° e, senza mescolarla, la si fa ribollire.
Si porta quindi in tavola con un bel giro di olio, toscano Dop ovviamente, e una macinata di pepe.
Se piace, e a me gusta mucho, si affetta sopra un velo di cipolla a crudo prima di scaldarla.
In foto i coccetti prima della ribollitura.


giovedì 12 gennaio 2012

Fregola risottata al radicchio tardivo

Mi piace un sacco mischiare i prodotti di varie regioni.
Avrei potuto condire la fregola cotta a risotto con dei carciofi, ma sarebbe stato troppo ovvio anche se in perfetto abbinamento regionale.
Invece ho voluto mischiarla con influenze tipicamente nordico continentali, utilizzando il tardivo di Treviso, lo speck dell'Alto Adige e il quartirolo stagionato lombardo.
Una nota amara, una affumicata e una vagamente di grotta (quella di stagionatura del formaggio) su una base croccante e piuttosto neutra come quella della fregola.
Ne è uscito un mix esplosivo, molto particolare e gradevole per alternare il solito, si fa per dire, risotto.
La fregola l'ho parzialmente sbollentata in acqua pochissimo salata, questo per non farla gonfiare troppo e per non far appassire eccessivamente il radicchio, che se non lo trovate potete usare quello precoce o quello di Chioggia.
In abbinamento un Gewurtztraminer dell'A.A., con la sua nota aromatica a equilibrare quelle del piatto.

-ricetta-
300 g fregola
2 cespi di radicchio tardivo
1 scalogno grande
2 fettine di speck
30 g quartirolo stagionato o taleggio
olio evo, sale e pepe

Faccio lessare per 5' la fregola, poi la scolo e tengo l'acqua di cottura.
Prendo la pentola per risotti, ci metto un filo di olio e lo scalogno pelato e tritato con lo speck ridotto a finissime striscioline, lascio che appassiscano poi metto il radicchio che ho lavato e tagliato a pezzetti.
Mescolo bene e faccio rosolare poi aggiungo la fregola che in altri 5' dovrebbe essere pronta, unendo a mestolini un po' di acqua di cottura quando si asciuga troppo.
Spengo, manteco col formaggio a dadini e assaggio se va bene di sale, il tutto è reso saporito da formaggio e speck, per cui io non ne ho aggiunto.
Una spolverata di pepe nel piatto e ...


martedì 10 gennaio 2012

Zuppa di verdure (ubriaca) con lenticchie

Parola d'ordine in questi giorni: disintossicarsi!
Troppe proteine animali, troppi grassi, troppi zuccheri ingurgitati per oltre due settimane.
Non ci resta che rimetterci in riga, diminuendo drasticamente i cibi iper calorici, buttandoci su legumi e carboidrati semplici che ci aiutano a far lavorare meglio il nostro fegato.
Fortuna che ci sono un'infinità di zuppe e minestre che possiamo preparare, è solo questione di gusti.
Mi piacciono molto tutti i legumi, ma ho avanzato delle lenticchie da cuocere perciò ho scelto loro per questa zuppetta di verdure, l'ho chiamata ubriaca perchè, 'come disen a Milàn', ha un colore da 'trasu di ciuc', occorre forse che vi faccia la traduzione di questo modo di dire? in un blog di cucina mi sembra molto inappropriato parlare di vomito!
Mi riferisco al colore violaceo della zuppa nel piatto, dato purtroppo dall'uso della carota nera...
Per insaporire il tutto, appena un po' di più, ho usato una fettina di chorizo nel soffritto, ma si può fare anche senza, oppure usate giusto 20 g di pancetta affumicata.
E per qualche giorno sono aboliti gli alcoolici, solo tanta acqua, tisane e infusi caldi.

-ricetta-
200 g lenticchie
1 porro
1 carota
1 ciuffo di sedano con le sue foglie
1 zucchina, 1 patata
1 fettina di chorizo
olio evo, acqua, sale e pepe, salvia

Affetto sottile il porro e lo metto ad appassire in una casseruola con un filo di olio evo e il chorizo spezzettato.

Appena è ammorbidito aggiungo le lenticchie precedentemente ammollate e le giro con un cucchiaio di legno per farle insaporire.
Metto acqua calda sino a coprire abbondantemente il tutto e lascio cuocere, dipende dalla qualità delle lenticchie, se sono quelle piccole che non necessitano nemmeno di ammollo cuoceranno in 30', altrimenti si prosegue la cottura sino a che sono tenere. Quando sono a metà cottura aggiungo le altre verdure tagliate a dadini e altra acqua bollente se il tutto fosse troppo asciutto.


Porto a cottura e correggo di sale solo alla fine, unendo qualche foglia di salvia a filetti.
Servo con pepe macinato fresco e un giro di olio evo.
Niente formaggio, la nota affumicata del chorizo aiuta da se, al massimo se gradite una nota croccante spezzettate nel piatto un paio di grissini.

lunedì 9 gennaio 2012

la Sangría



Il mio primo incontro ravvicinato con la sangría si perde nella notte dei tempi (miei!).
Eravamo in un Club Med alla fine dei '70 e sulla spiaggia, dopo una piccola regata di catamarani, i G.O. la servirono riempiendo i bicchieri da un grosso secchio di zinco su cui galleggiavano fette di arancia e pesche.
Poi mi ricapitò più di una volta di riassaggiarla, in originale, durante i nostri viaggi in Spagna, dove sembra essere nata, dalla parola sangue ne deriva il nome, è una bevanda sempre gradita, soprattutto se si deve preparare un beverone-aperitivo per molte persone, decidendo se farla più o meno alcolica a seconda dell'occasione e comunque è una scelta che delego a mio marito e alla sua passione per i cocktails, devo ammettere che azzecca sempre la giusta misura.
Per la frutta ci si regola secondo la stagione.
Non avendo ora pesche a disposizione le ho vicariate con delle fragole, ma il loro aroma l'ho inserito aggiungendo un bel bicchierino di liquore di 'Pêche de vigne' oltre al Brandy, questo si spagnolo, un Torres.
E' in ogni caso un aperitivo leggero che piace a tutti e che regala una piacevole atmosfera, particolarmente adatto a una festa di giovani.
Vi metto una dose media, che basta per 12/15 persone.
Il vino da utilizzare? in commercio esiste già un preparato vinoso corretto di zucchero per farla, non è male ma vi consiglio di prendere un vino rosso abbastanza corposo ma fruttato, ideale sarebbe una Garnacha della Rioja, mi rendo conto che è difficile da reperire, quindi scegliete una Bonarda ferma dell'Oltrepò piacentino, un Gutturnio, un Sangiovese o un Montepulciano d'Abruzzo, non di gran pregio ma nemmeno troppo scadenti, dopotutto li dobbiamo bere e io seguo sempre la massima di Goethe, il quale sosteneva che "la vita è troppo breve per bere vino scadente".
Stessa filosofia sulla scelta di un vino decente la seguo per il vin brulé, che troppo spesso nelle baite alpine viene fatto con vini che, ahimé, mettono un'acidità di stomaco da paura, e pensare che avrebbero tanta buona Schiava o St. Magdalener a disposizione...

-ricetta-
2 bottiglie di vino rosso
1 limone non trattato al difenile
1 lime
2 arance naturali, non trattate
1 mela annurca
100 g fragole
2 bicchierini di Brandy
1 bicchierino di liquore alla pesca
5 cucchiai di zucchero
1 stecca di cannella
2 chiodi di garofano
350 ml acqua tonica
ghiaccio

La sangría va preparata con anticipo, la sera per la mattina e viceversa, la frutta e le spezie devono avere il tempo di insaporire il vino.
Perciò affetto le arance, il lime e il limone a spicchietti, tolgo il torsolo alla mela e la faccio a fettine, lavo e pulisco bene le fragole poi le taglio a metà.
In un recipiente abbastanza grande, che sia una brocca o una grande boule, io ho una pentola smaltata blu che viene dal Messico che mi consente di preparare sino a 5 l di aperitivo, metto tutta la frutta poi verso il vino, i liquori, lo zucchero e le spezie.
Mescolo bene, copro sigillando con pellicola e lascio al fresco, fuori in questa stagione, o in frigorifero se d'estate.
Trascorse almeno 8 ore la rimescolo bene, aggiungo la tonica e tanti cubetti di ghiaccio e la servo con un mestolino, mettendo qualche pezzetto di frutta in ogni bicchiere.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...