giovedì 30 marzo 2017

Risotto asparagi, piselli, tonno e quel che c'è

Cosa sarebbe quel che c'è? Un altro avanzo, cosa sennò?... le teste tentacolate di tre calamari, le cui sacche ho usato per farne tagliatelle.
Tritate nel risotto, e inserite durante gli ultimi cinque minuti, danno il giusto punto di masticabilità e salinità saporita oltre al tonno in scatola.
Un risotto adatto ai mesi di maggio/giugno, quando si trovano asparagi e piselli freschi. Profuma di erbaceo, di dolce, di primavera.
Quando l'amico Alvaro ci onora della sua presenza, e magari siamo noi tre soli a dividerci una buona bottiglia e un piatto abbinato... so che col riso vado sul sicuro. Lui, come noi del resto, ne andiamo ghiotti. E mi piace abbinare, accostare, sperimentare, purché non sia mai una volta uguale alla precedente. Adoro stupire e, al contempo, sperimentare.
Dosi per 4

-ricetta-
320 g riso Vialone nano, Maratelli, Rosa Marchetti
150 g asparagi puliti
150 g piselli sgranati
100 g tentacoli calamari
100 g tonno sott'olio sgocciolato
1 cipollotto di Tropea
bottarga grattugiata
brodo vegetale o acqua bollente
olio evo
sale, pepe
Dopo che ho pulito e pesato gli asparagi li taglio a rondelline.
Trito i tentacoli dei calamari.
Faccio appassire il cipollotto tritato in un velo d'olio, quindi aggiungo piselli e asparagi, li salo e bagno con un mestolino di brodo. Quando iniziano a diventare teneri verso il riso, lo faccio tostare e poi ne proseguo la cottura aggiungendo brodo vegetale (fatto da me) o anche solo acqua bollente, nel qual caso una volta portato il riso a cottura dovrò regolare di sale.
A cinque minuti dalla fine aggiungo i tentacoli tritati. Alla fine invece metto il tonno sbriciolato e manteco con poco olio evo.
Dopo aver fatto riposare il risotto per 5' lo divido tra i piatti e sopra spolvero un po' di bottarga macinata ed eventualmente del pepe nero di mulinello.
Se li ho conservati, posso decorare con i germogli apicali verdi del cipollotto.
L'abbinamento? Un metodo classico dell'Alto Adige, il Comitissa di Lorenz Martini.
Una bolla per sgrassare e domare la bottarga, sebbene non in eccesso.




martedì 28 marzo 2017

Filetti di salmone in oliocottura

Per il pranzo di santo Stefano avevo promesso alla mia amica veterinaria di occuparmi della portata di pesce.
-E quanto hai intenzione di aspettare a pubblicare la ricetta, Jo?-
Già, domanda pertinente. Peccato che non trovassi più il foglietto volante dove mi ero scritta i tempi di cottura. Risistemando per l'ennesima volta il mare di carta che circola in cucina, infilata ovunque mi capiti con l'idea del 'tanto mi ricordo dove l'ho messa...' mi è finalmente caduto in mano.
E allora vi racconto come si fa questa cottura, detta anche 'confit', inventata in Francia molti anni orsono per cuocere la carne nel suo grasso (già ve l'ho raccontata con la ricetta delle cosce d'anatra confit), validissima sostituta del sous-vide.
Cuocere cibi in un grasso non vuol dire fargli assorbire unto, il grasso mantiene la temperatura molto più dell'acqua e i cibi affogati in esso (poché) cuociono lentamente e nel caso del salmone l'albumina contenuta non affiora come in una cottura ad alta temperatura, formando le caratteristiche strisce bianche.
La consistenza della carne rimane burrosa, il colore viene esaltato e il sapore... che ve lo dico a fare!
Delicato e intenso. Ci sono diversi stadi di gradimento, il salmone cotto così va trattato come un sashimi, non arrivando la temperatura a 75°, e pertanto va abbattuto nel congelatore per 24 ore prima della cottura.
Se poi proprio non si ama una cottura così delicata si può alzare appena appena la temperatura e modificare un poco la consistenza del filetto. Senza che questo appaia comunque troppo cotto o stoppaccioso (come avviene di frequente con questo tipo di pesce). E così ho fatto io in questo mio primo esperimento, non conoscendo i gusti di tutti i commensali ne ho fatto metà e metà.
Naturalmente si può scegliere di aromatizzare l'olio, rigorosamente extra-vergine, con bacche di ginepro o timo. Oppure si possono marinare i filetti per 30' con erbe e buccia di limone prima di cuocerli.
L'importante è scegliere salmone di ottima qualità, tenete conto che cuocerlo così vuol dire non perderne nemmeno un grammo. Non ci sono riduzioni di materia in questo modo.
Calcolate circa mezzo litro di olio per 250 g di pesce, che deve rimanere completamente sommerso.
Usate una casseruola di ghisa, se possibile, o una in spesso alluminio pressofuso. E dotatevi di un termometro a immersione, è infatti indispensabile controllare la temperatura di inizio e fine cottura.

-ricetta-
filetti di salmone senza pelle e lische
olio evo q.b.
buccia di limone bio
sale, zucchero
bacche di ginepro/timo
Condisco i filetti di salmone con un pizzico di sale e zucchero e la buccia di limone grattugiata.
Copro con pellicola e metto in frigorifero per 30'.
Poi li sciacquo e li tampono per asciugarli con carta da cucina.
Scaldo l'olio nella casseruola e lo porto a 80°. Se voglio metto un paio di bacche di ginepro e un rametto di timo.
Spengo e immergo il pesce, che deve rimanere tutto coperto. Inserisco la sonda del termometro nella pentola e sorveglio la temperatura sino a che scende a 50°, se lo voglio leggermente più cotto lo lascio alcuni minuti prima di levarlo, oppure aspetto che scenda a 45° e lo tolgo subito.
A questo punto tolgo il pesce dall'olio e lo trasferisco su un vassoio.
Come potete vedere dalla foto quello sulla destra è il più cotto. Ha un diverso colore e una consistenza differente.
Servo con un'insalata oppure con una crema di verdure tipo broccoli, o cavolo viola marinato.





domenica 26 marzo 2017

Dolce (gateau) di semola


Si è conclusa ieri sera, sotto una pioggerella fine la lunghissima giornata del Papa a Milano e hinterland. Ma povero... aveva un programma così fitto che continuo a chiedermi come abbia potuto arrivare a sera senza cedimenti. La mia città natale è stata caotica il giusto. Andava a momenti.
Comunque tutto si è concluso per il meglio anche a Roma, e di questi tempi c'è da gioirne.
Stamattina mi serve un triplo caffè per lenire la mancanza di un riposo adeguato dopo il furto dell'ora legale e la levataccia per cucinare.
Siamo in Quaresima, pensiamo a dolci semplici e leggeri dopo lo sfarzo dei fritti per Carnevale.
Un dessert semplice tipico della cucina francese, da servire a fine pasto -se proprio non se ne può fare a meno come qualcuno di mia strettissima conoscenza- con un bicchierino di rum.
La ricetta, classicissima, l'ho presa pari pari dalla rivista Cuisine et vins de France che, proprio come la nostra più famosa e longeva rivista italiana di cucina, non sbaglia un colpo.
Non aspettatevi chissà che cosa sopraffina. È l'ennesimo dolce da forno che vi vado a proporre.
Occorre preparare sul fondo dello stampo un caramello.
Essendo a base di latte e semolino, con uvetta bagnata nel rum, è in parte simile a tanti dolci del centro Italia, in sostanza poco diverso da un budino.
È anche un'ottima alternativa ai biscotti per la colazione.
Dosi per 8

-ricetta-
125 g semola fine
1 l latte
75 g zucchero
75 g uvetta
50 ml rum scuro
10 zollette di zucchero
3 uova
mandorle a lamelle
Metto a bagno l'uvetta nel rum.
Preparo il caramello facendo fondere le zollette di zucchero in una casseruola, quando è biondo lo verso in uno stampo foderando fondo e pareti. Distribuisco sul fondo una manciata di mandorle a lamelle.
Separo i tuorli dagli albumi e monto a neve questi ultimi.
Scaldo il latte con lo zucchero in una pentola, appena inizia a bollire verso la semola e la mescolo per 10' sino a che si gonfia.
Fuori dal fuoco aggiungo i tuorli uno alla volta mescolando bene per farli amalgamare.
Poi verso l'uvetta scolata e per ultimi incorporo gli albumi a neve.
Verso tutto nello stampo col caramello e metto a cuocere per 30' circa in forno già caldo a 180°.
Lascio riposare una decina di minuti prima di sformare il dolce capovolgendolo su un piatto.



sabato 25 marzo 2017

Choshu don- pancetta di maiale alla giapponese

Giornata importante per Milano e Monza, oggi. Papa Francesco ha un fitto programma avanti e indietro dalle due città e chi ne soffre è la gente comune, che meglio avrebbe fatto ad andarsene via per l'intero weekend. Una città impraticabile...  e Roma non sta messa meglio con la commemorazione dell'Europa Unita. Quindi... auguri per un sabato di passione ai milanesi e ai romani (e a tutto l'hinterland che soffrirà gli stessi disagi).
Intanto io sono qui e vi porto in Oriente con una ricetta che arriva da lontano, dal Giappone ma anche da tutto il sud-est asiatico.
Ho visto una foto veramente invitante di quella cucinata dalla mia amica coreana Soo Yun e sono andata subito a cercare notizie. Naturalmente richiede una cottura rispettosa e lunga, perciò ho usato la slow-cooker.
Alla pancetta ho aggiunto un codino di maiale, avevo acquistato entrambi in Francia, dove è molto facile trovare pezzi sottovuoto di carne già parzialmente salata.
Poi ho fatto un mix delle ricette lette e visionate su YouTube ed ecco cosa ne è uscito.
Un piatto succulento e ricco di sapore, da servire con riso in bianco, magari di quello giapponese un po' colloso, che assorba la marinata ristretta.
Quello che avanza della marinata tenetelo, conservata in frigorifero gelifica e si può usare per fare un risotto dal sapore orientale, il consorte ha gradito il riciclo. Ma, del resto, sono ben poche le ricette per le quali mio marito storce il naso.

-ricetta-
600 g pancia fresca di maiale in un solo blocco
1 codino o un piedino
1 cipolla
60 g zenzero fresco
3 spicchi di aglio
15 g zucchero di canna scuro
50 ml sakè
50 ml salsa di soya
Faccio sigillare il padella il pezzo di pancia senza aggiungere grasso, e ugualmente procedo allo stesso modo con il codino o il piedino.
Trasferisco la carne rosolata nella slow-cooker unta e aggiungo la cipolla pelata e fatta a spicchietti, l'aglio sbucciato e tritato grossolanamente, lo zenzero pelato e a fettine.
In una ciotola preparo la marinata col sakè e la soya, aggiungo lo zucchero di canna scuro e verso tutto sulla carne.
Non salo perché c'è già la salsa di soya.
Imposto la cottura su low e calcolo 8 ore.
Al termine scolo la carne e la affetto, filtro il liquido che è rimasto ed eventualmente posso passare in un piccolo cutter quel che resta di cipolla e zenzero.
Verso la salsa sulla pancia e servo con riso bianco o patate bollite.


giovedì 23 marzo 2017

Panini 'pasqualini', carciofi e uova di quaglia

Insomma... dicevano che avrebbe dovuto piovere molto e invece ha tempestato furiosamente per al massimo un'ora e mezza ieri pomeriggio, sorprendendo un sacco di gente che passeggiava tranquilla lungo le sponde del fiume, secco come non mai. Ma che caspita sta succedendo al clima?
Vive lo stesso caos che viviamo noi. Le immagini da Londra non sono per nulla rassicuranti. Hai voglia a sorvegliare, riprendere, monitorare! Il mio angolo rifugio resta comunque la cucina.
Avevo nel frigorifero il solito panetto di pasta integrale per pizza rustica, che non uso mai prima di otto giorni. Come spesso vi ho già detto, lascio la pasta a maturare in frigorifero per giorni, così i lieviti vengono digeriti e la pasta una volta cotta rimane più leggera e digeribile senza perdere morbidezza.
Basta solo avere l'accortezza di toglierla dal frigorifero qualche ora prima di utilizzarla, maneggiarla su un piano infarinato e lasciarla riposare sotto una boule, al riparo da correnti.
Nel mentre c'è tutto il tempo per preparare i carciofi da mettere nel ripieno.
Dosi per 4 panini che possono essere divisi a metà, perché sono molto sostanziosi e decisamente abbondanti come antipasto. Quindi per 8 persone.

-ricetta-
400 g pasta di pane integrale
4 carciofi mammole o romaneschi
4 uova di quaglia
50 g formaggio casera o latteria
4 fettine di formaggio fondente
semi di papavero
olio evo
sale
Estraggo la pasta ore prima, elimino i bordi che nel frattempo sono un po' induriti e scuriti e la lavoro sul piano leggermente infarinato per renderla morbida.
La copro con una boule e la lascio riposare qualche ora perché riacquisti la temperatura ambiente.
Intanto pulisco i carciofi, li sfoglio, elimino i gambi (che posso riciclare per aromatizzare un risotto), taglio le cime delle foglie ed elimino la barba al cuore.
Li metto in una ciotola in vetro con un goccio d'acqua e un pizzico di sale, copro con la campana e li faccio cuocere 5' nel microonde a media potenza. Poi li scolo e li metto ad asciugare a testa in giù su un canovaccio.
Intanto cuocio le uova di quaglia, uso lo stampo da mini muffin e calcolo 5' in forno a 150/160.
Quindi divido la pasta in 4 parti, la stendo in un quadrato sul quale appoggio una sottiletta, il cuore di carciofo al centro del quale metto un dado di latteria e sopra accomodo un uovo di quaglia.
Richiudo a pacchetto sigillando bene i bordi. Preparo anche gli altri 3 panini allo stesso modo.
Rivesto una placca con cartaforno, la ungo con un filo d'olio e ci metto i panini distanziati.
Li ungo in superficie e li spolvero di semi di papavero.
Faccio cuocere a 190° con una ciotolina d'acqua sul fondo per circa 25/30'.
Devono colorare un pochino e il pane deve cuocere senza seccare troppo.
Li porto in tavola divisi a metà quando sono ancora tiepidi.


martedì 21 marzo 2017

Cavolo viola brasato

Tutti i cavoli, che fanno parte della famiglia delle brassicacee, si sa che fanno benissimo alla salute.
Hanno infinite proprietà, sono ricchi di minerali: fosforo e ferro, calcio, magnesio, manganese, fino allo zinco e numerose vitamine del gruppo B, A e C e non è poi vero che non siano digeribili.
Ce ne sono di vari tipi e colori, e si possono consumare sia crudi che cotti.
Solo chi usa farmaci anti-coagulanti cumarinici deve consumarli con moderazione per via del contenuto in vitamina K, antagonista della molecola.
Brasati con un po' di cipolla o porro e sfumati con aceto sono un perfetto contorno per carne o pesce. O uova e formaggio.
Le varietà a noi più familiari sono: cavolfiore- che può essere di vari colori: bianco, verde, viola, arancione, giallo-, cavolo verza, cavolo cappuccio- bianco e rosso-, cavolo cinese o pak/bok choy, cavolo nero, verde cimoso o romanesco, broccolo, cavolini di Bruxelles, e ultimamente si riesce a trovare anche quello riccio, nuova frontiera dell'healthy food mondiale.

-ricetta-
1 cavolo cappuccio viola
1 scalogno
2 spicchi di aglio confit
60 ml vino rosso
30 ml aceto ai lamponi/o di arance rosse
2 cucchiai di zucchero
semi di cumino
olio evo
sale
Affetto sottile il cappuccio, lo lavo bene e lo asciugo.
Scaldo una noce di burro e l'olio nel wok assieme allo scalogno tritato e all'aglio, che schiaccio con una forchetta, li faccio sudare per qualche minuto poi aggiungo il cavolo, salo e faccio saltare a fiamma alta per 3'.
Bagno col vino e con altrettanta acqua, verso l'aceto, mescolo e spolvero con lo zucchero e un po' di semi di cumino. Regolatevi secondo il vostro gusto.
Continuo la cottura, mescolando ogni tanto, a fiamma media, sino a che i liquidi non sono quasi del tutto evaporati, per almeno 6'. Se il cavolo dovesse asciugare troppo e non essere ancora cotto pur rimanendo un po' croccante, aggiungo un goccio di acqua e proseguo per qualche minuto ancora.



domenica 19 marzo 2017

Torta di pere e cacao con fioretto di mais

Ogni tanto, in modo del tutto casuale, qualche dolce privo di glutine lo faccio anch'io.
In questo caso ho messo fecola di patate e fioretto di mais al posto della 00 e della manitoba come era scritto nella ricetta.
In più è una torta senza burro, per chi avesse necessità di limitarlo al massimo nella sua dieta. Al suo posto ricotta e latte.
Ho cotto la torta in uno stampo leggermente più largo del normale così da potervi distribuire le fettine dell'unica pera Angelys che avevo a disposizione. Una varietà burrosa e dolce in contrasto col cacao amaro.
Ennesimo dolce facile, o fin troppo semplice, della domenica, di quelli che devo nascondere al consorte perché sennò, fettina dopo fettina, la finisce prima dell'ora del tè.
Sì che lo so... il dolce della tradizione per la festa del papà sarebbero le zeppole di San Giuseppe, con le quali però non mi cimento da decenni. Riproverò a farle e quando succederà ve le racconterò.
Buon lavoro a chi cucina e buona festa del papà!

-ricetta-
150 g fioretto di mais
50 g fecola
2 uova
150 g ricotta
150 g zucchero
75 ml latte
20 g cacao amaro
8 g lievito
1 pera grande
poco cioccolato fondente
sale
burro per lo stampo
Mescolo gli ingredienti secchi ai quali aggiungo un pizzico di sale.
Poi rompo le uova e le sbatto leggermente col latte.
Aggiungo alle farine la ricotta setacciata e gli ingredienti liquidi.
Mescolo per amalgamare e verso tutto in uno stampo da 24 cm ben imburrato.
Sopra metto la pera sbucciata e tagliata a spicchietti, e cospargo con qualche scaglietta di cioccolato.
Faccio cuocere in forno caldo a 180° per circa 30'.


sabato 18 marzo 2017

Stinchi di maiale alla birra nella slow-cooker

La carne degli stinchi di maiale necessita di lunghe cotture per diventare burrosa al punto da staccarsi dalle ossa.
Cotti nella birra acquisiscono un sapore al contempo deciso e delicato, molto anche dipende dal tipo di birra che sceglierete. Io di solito ne uso di chiare ma con un certo carattere. Non propriamente delle lager, che trovo troppo leggere e amare.
Se avete la pentola magica potete scegliere tra le due possibilità di cottura: high per 4 ore oppure low per 8.
Io preferisco la seconda, a mio avviso meno calore allungato nel tempo aiuta a concentrare meglio i sapori e i succhi.
Prima di metterli nella pentola vanno scottati in padella sino a che si forma una bella crosticina dorata. Per aromatizzare meglio cipolle e porri e un bel mazzetto aromatico avvolto in una garza.
Nulla vieta di cuocere assieme alla carne delle patate, a tocchi o a spicchi.
Naturalmente il brodo alla birra che avanzerà dopo la cottura può essere concentrato e usato per nuove cotture di carni o sughi, basta farlo bollire a fuoco vivace sino a che non diventa la metà di volume. Poi va messo al freddo e vedrete che si formerà una gelatina densa (con tutto il collagene contenuto negli stinchi!).
Dosi per 6

-ricetta-
3 stinchi di maiale
2 cipolle
1 porro
500 ml birra a media gradazione (5/7°)
brodo
rosmarino, timo e salvia
sale, pepe
Faccio rosolare in padella gli stinchi, li giro più volte finché prendono un bel colore dorato.
Nel frattempo sbuccio le cipolle e le taglio a spicchi e lavo bene il porro, quindi lo faccio a tocchi.
Preparo il mazzetto guarnito.
Trasferisco gli stinchi nella slow-cooker, metto cipolle e porri, aggiungo il mazzetto aromatico e verso la birra.
Salo e macino del pepe, quindi aggiungo anche un filo di brodo, gli stinchi devono cuocere in abbastanza liquido ma non tanto da ricoprirli.
Imposto la temperatura e i tempi di cottura e a questo punto me ne posso anche dimenticare.
Una volta terminata la cottura gli stinchi sono pronti da portare in tavola.
Quanto al sugo, posso frullare il fondo di cipolle e porri con un po' del liquido avanzato e servirlo assieme alla carne.

Il resto lo filtro, lo faccio ridurre sul fuoco e lo conservo al freddo sinché gelifica. Poi ne faccio porzioni per conservarlo in freezer come se fossero dadi.
Nulla a che vedere con quelli confezionati. Ne basta un pezzetto per esaltare un ragù, il brodo di un risotto, oppure arricchire un arrosto.




giovedì 16 marzo 2017

Irish stew

Una ricetta molto comfort food. Adattissima alle giornate fredde che non sono ancora terminate e in onore di St. Patrick, la cui festa ricorre domani.
Uno stufato di agnello all'irlandese, con tante patate e bocconi tenerissimi di agnello.
Oddio, loro usano anche pecora o montone ma qui dove li trovo? Grazie tante che trovo carne di agnello senza problemi.
La ricetta è un giusto mix di quanto trovato in rete, dalla BBC Food a vari siti originali.
La carne diventa un burro, morbida e succulenta. Non esagerate col brodo, lo stufato deve rimanere bagnato ma non troppo liquido, con parte delle patate disfate ad addensarlo.
Dosi per 6

-ricetta-
1 kg di carne agnello del collo, spalla, coste
600 g patate farinose
500 g patate a pasta gialla
400 g cipolle
1 carota
prezzemolo, timo
sale, pepe
per il brodo: ossa agnello, sedano, cipolla, carota, alloro, timo, prezzemolo


Disosso le parti di agnello e ne faccio bocconcini.
Il giorno prima preparo per tempo il brodo con le ossa e le verdure a tocchi. Aggiungo 3 litri di acqua, gli odori e una manciatina di sale e faccio sobbollire per qualche ora. Siccome uso la slow-cooker la imposto su low per 8 ore.
Poi filtro tutto e metto a ridurre la parte liquida in una pentola, facendo bollire sino a ottenere 1,3 litri.
Metto da parte.
Taglio la carota a tocchetti, le cipolle a spicchietti.
Pulisco i due tipi di patate tenendoli separati. Le taglio a tocchi e le sbianchisco per qualche minuto in acqua bollente salata.
Metto la carne con cipolle, carota e patate farinose nella slow, imposto 4 ore high, aggiungo del timo e gambi di prezzemolo. Verso 500 ml di brodo concentrato, salo e macino un po' di pepe, copro e lascio cuocere lentamente.
Dopo 2 ore e mezza aggiungo anche le patate non farinose e termino la cottura.
Se uso un sistema di cottura tradizionale calcolo comunque non meno di 3 ore.
Faccio riposare lo stufato e prima di portarlo in tavola aggiungo del prezzemolo tritato fresco.
Il saporito brodo avanzato lo posso usare per cuocere un risotto o altre patate e verdure in genere.

martedì 14 marzo 2017

Avocado snack, con bacon e spezie

Siete alla ricerca di uno snack alternativo, qualcosa da addentare sorbendo un cocktail oppure un antipasto fuori dal comune? Questo per giunta non ha stagione. Va sempre bene.
Preparate questi spicchi di avocado avvolti da bacon o pancetta tesa, spolverateli di spezie a piacere, paprika, cumino, curcuma o zenzero, anche mescolati assieme, e passateli velocemente sotto il grill rovente.
Una piacevole scoperta. Una prelibatezza che si prepara in 10' e che sorprenderà i vostri ospiti.
A seconda del tipo di avocado potete ricavarne da 8 a 12 spicchi, dipende se sono di quelli a buccia scura e rugosa oppure di quelli verdi e lisci.
Personalmente preferisco i primi, anche se sono più piccoli maturano più lentamente e non hanno quasi mai macchie scure. La buccia coriacea evidentemente li protegge meglio dalle tastate che certe persone, veri e propri incivili, vi affondano per capire se siano più o meno maturi. Quando vedo di questa gente rovinare così frutta e verdura li prenderei a male parole. Non occorre tastarne malamente decine, che inevitabilmente recheranno il segno dei polpastrelli (e da lì inizierà la degenerazione marcescente), per acquistarne uno. Ma purtroppo la moda del servirsi da soli ha portato anche a questo.
Non fate troppo caso alle mie lamentele... da quando ho promesso di non prendermela più col maltempo su qualcosa dovrò pur sfogare il malumore. :D

-ricetta-
1 avocado
1 lime
spezie a piacere in polvere
bacon a fettine

domenica 12 marzo 2017

Torta all'arancia glassata al cioccolato

Una torta casalinga con una copertura golosa e fondente.
Cosa desiderare di più?
Arancia e cioccolato sono un connubio perfetto.
Le dosi sono quelle della classica quattro quarti, ossia stesso peso degli ingredienti principali: farina- burro- zucchero- uova. Sono più che certa che ricette simili se ne trovino a dozzine anche nelle nostre pubblicazioni, ma mi trovo bene con quelle francesi di Cuisine e mets, sono quasi tutte semplici e giuste nelle dosi.
Dosi per 8

-ricetta-
225 g farina 00
225 g burro morbido
225 g zucchero
4 uova
1 bustina di lievito
2 cucchiai di latte
1 arancia bio
sale

per la copertura:
200 g cioccolato fondente
100 ml panna
Scaldo il forno a 180°.
Sbatto con le fruste, sino a rendere il composto bianco e gonfio, il burro con lo zucchero. A questo punto, sempre usando le fruste, aggiungo un uovo alla volta, poi la farina mescolata al lievito e un pizzico di sale.
Incorporo anche la buccia grattugiata dell'arancia, il latte e il succo spremuto della stessa arancia.
Verso il composto in uno stampo rotondo da 26 cm ben imburrato e infarinato e faccio cuocere in forno per 35/40', verificate la cottura con uno stecchino se non vi fidate dell'olfatto, del tatto o della vista.
Lascio che la torta si intiepidisca poi la sformo su una gratella per farla raffreddare del tutto.
Poi la trasferisco su un'alzata e fondo il cioccolato assieme alla panna, anche usando il microonde per 30" alla volta, sino a che ottengo una massa lucida e fluida.
Verso la glassa sul dolce e la faccio rapprendere prima di servirlo.
La riuscita è perfetta, degna di un dolce di pasticceria.


sabato 11 marzo 2017

Plumcake salato alla greca

Con olive, feta e pomodori non potevo che fare un parallelo con la Grecia.
Un plum salato, adatto dall'antipasto alla merenda, con l'aperitivo o per un picnic.
Facile da assemblare e che, una volta cotto, si mantiene per un paio di giorni.
Prendendo spunto dalla ricetta ricavata da Cuisine et vins de France ho modificato le dosi della farina, solo 200 g per tutti gli ingredienti indicati mi sono sembrati davvero pochini, così come ho ridotto la quantità delle olive.
Oramai ho acquisito abbastanza esperienza per valutare le proporzioni in una massa di farina, lievito uova e liquidi vari.
Se non avete a disposizione pomodorini confit, io ne faccio almeno una placca a settimana cuocendoli la sera, usatene di maturi e non troppo grandi, tipo i camoni sardi. Oppure utilizzate quelli secchi conservati sott'olio, riducendoli a pezzetti.
E naturalmente, ma forse questo dipende dal termostato del mio forno, ho allungato i tempi di cottura.
Golosi di salati fatevi sotto.

-ricetta-
300 g farina per pizza
200 g feta
100 g olive denocciolate
10 pomodorini confit/4 sardi/8 secchi sott'olio
3 uova
1 bustina di lievito
100 ml olio evo
100 ml panna
sale, pepe
Mescolo la farina col lievito e le uova.
Sbatto dolcemente prima di incorporare l'olio e la panna.
Riduco a cubetti sia la feta che i pomodorini, taglio le olive a rondelle se sono di quelle nere piuttosto grandi o a metà se sono taggiasche.
Aggiungo tutto all'impasto, regolo di sale e pepe e verso nello stampo da plumcake precedentemente imburrato.
Faccio cuocere a 180° per i primi 15', poi abbasso la temperatura a 160° e proseguo per ancora 40' circa.
Verificate la cottura infilando il classico stecchino che deve uscire quasi asciutto. Ho scritto quasi perché con gli ingredienti umidi contenuti potrebbe dare l'impressione di essere un filo bagnato e quindi poco cotto.
Lo faccio intiepidire per 15' poi lo tolgo dallo stampo e lo trasferisco su una gratella a raffreddare.
Lo servo, ovviamente, a fette.



giovedì 9 marzo 2017

Focaccia alla pugliese

Confesso che è una delle mie focacce preferite. In qualche forno milanese la fanno benissimo, e mi viene da salivare al solo vederla in vetrina: bella, grande e tonda, cosparsa di origano e qualche pomodorino qua e là.
Se però a casa mi ritrovo con una bella ciotolina di pomodori confit, la voglia di provare a farla da me sola è più che naturale.
Per sicurezza ho preso la ricetta dal sito delle farine del Molino Spadoni, uso abbastanza spesso i loro prodotti e mi trovo bene.
Le dosi sono per una focaccia molto grande, tant'è vero che la prossima volta le ridurrò, anche tenuto conto del fatto che ho prolungato la lievitazione per molte più ore rispetto a quelle indicate, sempre per il mio solito motivo: più ore lievita più gli zuccheri del lievito vengono 'digeriti' e le focacce o pizze diventano molto più leggere.
Quando metto mano ai lievitati non mi pongo limiti di tempo. Impasto la mattina per la sera o la sera per il giorno dopo.

-ricetta-
300 g semola di grano duro
300 g farina forte
100 g patata lessa
300 ml acqua tiepida
1 bustina di lievito di birra secco (7 g)
80 ml olio evo
4 g sale
pomodorini
origano
Mescolo le farine col lievito, l'olio e la patata schiacciata. Aggiungo poco alla volta l'acqua e il sale. Impasto a lungo e poi formo una palla che lascio lievitare coperta per almeno 4 ore.
Stendo la pasta con le dita in una grande teglia rotonda oppure in una rettangolare, ben oliata. Oppure la divido in due panetti e ne faccio due.
Lascio nuovamente lievitare per 2 ore minimo. Anche se i tempi si allungano non importa. La focaccia risulterà molto soffice ma croccante se mangiata ancora tiepida.
Poi distribuisco i pomodorini, spolvero di origano e aggiungo dell'olio a filo (io metto anche pezzetti di alici sott'olio).
Faccio cuocere in forno a 220° per circa 20' poi riduco a 200° sino al termine della cottura (in genere altri 10'). Verificate in ogni caso... ogni forno è diverso.
Il risultato è una focaccia leggera, alveolata e molto digeribile.
Se ne volete fare una sola di formato normale, potete tranquillamente dimezzare queste dosi.

martedì 7 marzo 2017

Cotechino e crema di fagioli di Spagna

Avete presente quando in un buon ristorante, dopo che vi siete accomodati e avete ordinato le bevande, se non addirittura le portate, vedete giungere il cameriere con una minuscola pirofila, bicchierino o simili offrendovi il 'benvenuto dello chef'?
Ecco, questo potrebbe essere uno di quelli.
Una soffice crema di fagioli di Spagna, in alternativa ceci o cannellini, dov'è adagiato un pezzetto fumante di cotechino. Mmmm! Buono!
Allo scopo ho dovuto dedicare due ripiani del mio 'armadio degli accessori', stipati di cocottine, pirofile mignon, ciotoline e bicchierini. Sono però indispensabili quando si hanno molti ospiti a tavola e occorre tempo per assemblare le portate oppure decidere la sequenza dei vini.
Chi arriva, oltre ad essere bene accolto da sorrisi, baci e abbracci, ha bisogno di qualcosa da mettere sotto i denti mentre gli viene esposto il tema del convivio -e vi ricordo che ho un consorte predisposto alla docenza, il quale inizia a parlare e difficilmente la fa corta-. A questo punto è indispensabile qualcosa che possa alleviare le papille salivanti.
Naturalmente i fagioli erano avanzati da quelli preparati per una trippa.
Poco male. Mantenuti al freddo si conservano senza problemi per almeno due giorni.
Altrimenti, come spesso suggerisco se non avete tempo, ci sono quelli pronti in scatola. Ci si arrangia coi tempi e le possibilità che si hanno. Se poi non avranno la stessa qualità di quelli extra-cicci che mi procura mia cognata al mercato di Genova... e vabbè. Fate come se...
Dosi per 12

-ricetta-
200 g fagioli di Spagna lessati
1 cotechino piccolo o parte di esso, 300 g
poco brodo

Se ho i fagioli cotti da me li ho conservati con una parte del loro brodo di cottura, che mi servirà per dare umidità quando li frullo.
Se invece sono in scatola vanno sciacquati molto bene e poi riscaldati nel microonde assieme a un mestolo di brodo vegetale (fatto in casa... non ve dico manco più).
Verso i fagioli nel bicchiere della frusta a immersione assieme a un po' del loro brodo, tanto quanto me ne serve perché la purea non diventi un blocco di cemento, e li frullo sino ad ottenere una crema fine e piuttosto morbida. Questo posso farlo anche con qualche ora di anticipo.
Scaldo il cotechino, che è già cotto (io ho usato un mezzo avanzo), e lo riduco a pezzetti.
Prendo ciotoline carine e piccole, giusto la quantità di due cucchiaini, verso un cucchiaio di purea di fagioli e sopra accomodo il cotechino.
Le passo per 5' in forno caldissimo e porto in tavola.
Bon Appétit!


domenica 5 marzo 2017

Mele essiccate

Siccome è la prima domenica di Quaresima, almeno ci provo a proporvi qualcosa di non opulento.
E non l'ho fatto con l'intento di risparmiare sui costi, ma solo perché avevo mele piuttosto vecchiotte, avete presente quando sono lì da un po' di tempo e iniziano a raggrinzirsi?
Non avevo voglia di fare una torta, né mi sarebbero bastate dato che erano solo due.
Per cui mi ha stuzzicato l'idea di farle a fettine sottili e metterle nel microonde. Hai visto mai che riesco a farmi gli snack croccanti di mela da sola? Non che rendano molto, eh? Anzi... una volta disidratate il loro peso si riduce di almeno dieci volte, se non di più.
Però so con che cosa le ho fatte, le mele erano biologiche.
Come si fanno? Semplice. Occorrono una mandolina, un levatorsoli, un piatto largo che possa andare in microonde e tanta, ma tanta, pazienza.
Sì, avete ragione. Perché non usare un essiccatore? Perché è uno strumento molto ingombrante e non saprei proprio dove metterlo. E anche con quello ci vogliono ore e ore e se ne possono fare poche alla volta.
La mia era solo voglia di provare e sperimentare un metodo casalingo con uno strumento già in mio possesso. Ho già ingombrato la cucina, e volentieri, con la slow-cooker, che mi sta dando grandi soddisfazioni. Ieri sera ho sperimentato uno spezzatino da sballo, eppure ho usato tagli di carne poveri. I pezzetti di carne erano un burro.

-ricetta-
mele (anche vecchiotte)
Lavo e asciugo le mele ed elimino il torsolo. Poi le affetto con la mandolina, mantenendo la buccia, facendo fettine molto sottili non più alte di 2 mm di spessore. Non fatele tutte assieme altrimenti si ossidano.
Stendo gli anelli su un piatto senza che si sovrappongano troppo e li passo nel forno a microonde a più riprese, a potenza media, 600/700 W, per 5' alla volta.
Ogni tanto le rigiro per farle asciugare nel modo più uniforme possibile, e sto molto attenta a non bruciarle.
Le stendo mano a mano su un vassoio a raffreddare. Una volta secche le metto in buste di polietilene, la carta lucida, dove si manterranno per qualche giorno. Ma finiscono subito...

sabato 4 marzo 2017

Mattonella di cardi e brie in sfoglia

Avevo avanzato alcuni pezzi di cardo cotto al pomodoro.
Non volendo riproporlo come contorno, mi è venuta l'idea di fare un bel plumcake salato, sovrapponendo uno strato di cardi e uno di brie in un guscio di pasta sfoglia.
Idea vincente per un abbondante secondo vegetariano per 4 commensali oppure per un gran antipasto per molte persone.
L'unico procedimento un po' lungo è la cottura dei cardi, che vanno puliti e tagliati a tocchetti, poi sbianchiti in acqua bollente salata e addizionata di farina.
Una volta teneri si ripassano in un sughetto di polpa di pomodoro ristretto partendo da cipolla soffritta.
Però tenete conto che è una cosa che potete fare prima.
Accostare brie e cardi è un'idea gustosa.
Buon sabato grasso agli ambrosiani, che concludono il Carnevale già in Quaresima.
Poveri bambini, non è giusto... ha fatto bel tempo sino a giovedì e oggi, che anche qui al paesello c'è la sfilata dei carri, piove! Ho letto che a Lecco hanno disdetto la festa.
Comunque ieri ho avuto una delle mie giornate campali: non ho potuto più rimandare oltre e ho preparato una montagna di chiacchiere. Chissà com'è successo, forse il fatto di aver disdetto la settimana bianca mi ha fuorviato e, a dire il vero, ho avuto altre mille cose da fare. Fatto sta che mi sono ritrovata con l'acqua alla gola per rispettare la tradizione. Spesse volte ho preparato i tortelli, ma per le chiacchiere è come se avessi avuto un momento di 'afasia'. Magari dovrei abituarmi a farne massimo mezzo chilo di farina alla volta, poi però mi dico che già che sono in ballo tanto vale farne almeno il doppio e finisce che il lavoro triplica... ahhahhh povera me, devo mettermi in mente che ormai ho una certa (come dicono a Roma)!
Se volete la mia ricetta infallibile, cercatela digitando chiacchiere nell'apposita finestrella.
Ciao golosi!

-ricetta-
1 rotolo di pasta sfoglia rettangolare
mezzo cespo di cardi
2 uova
150 g brie
polpa di pomodoro
cipolla pastorizzata
latte
sale
Pulisco e taglio a segmenti regolari i cardi, quindi li faccio bollire in una pentola con abbondante acqua bollente assieme a due cucchiai di farina e un pizzicone di sale, che li manterrà bianchi.
Quando sono teneri li scolo.
Nel frattempo ho preparato una salsa di pomodoro facendo soffriggere delicatamente due cucchiai di cipolla tritata in un velo d'olio. Aggiungo polpa di pomodoro, fresca o conservata, salo e faccio restringere per 20'.
Aggiungo i cardi alla salsa e li lascio insaporire per 10' a fiamma bassa. Regolo di sale.
Taglio a fettine regolari lo spicchio di brie.
Rivesto uno stampo rettangolare da plumcake con la sfoglia, lasciando la sua carta sul fondo.
Bucherello la pasta con la forchetta e procedo facendo uno strato di cardi allineati.
Ricopro con le fettine di brie.
In una ciotola sbatto le due uova con un pizzico di sale e pepe assieme a 100 ml di latte.
Verso nello stampo e ripiego la pasta debordante sul ripieno sigillando i bordi.
Spennello la superficie con un po' di burro sciolto (o latte se preferite), spolvero con qualcosa a piacere (può essere terra di olive, polvere di capperi, paprika) e faccio cuocere in forno a 190° per circa 40'. Sorveglio la cottura in ogni caso.
Lascio intiepidire e sformo il plum salato su una gratella sino a che raffredda, poi elimino la carta e servo la mattonella a fette spesse.

giovedì 2 marzo 2017

Cren o rafano in conserva

Nonna, perché da lassù non mi hai avvisato di quanto avrei pianto? Eppure sono sicura di non averti mai visto lacrimare tutte le volte che ti ho osservata grattugiare queste radici, che estirpavi con gran fatica dall'orto dietro casa.
Quando l'ho trovato in commercio mi sono subito messa in moto per metterlo in vasetto come facevi tu, per poi portarlo in tavola con la gallina lessa. E noi bambini che ci mettevamo il naso arricciandolo e iniziando subito a lacrimare.
Credo veramente di non aver mai pianto così calde lacrime in vita mia. Una pungenza fuori dal comune. Ma perché non tritarlo nel robot? Sono convinta che sia troppo duro e rovinerebbe le lame, ci vuole proprio una grattugia a fori molto piccoli, anche perché lo si mette in conserva da crudo assieme ad aceto bianco, sale e un filo d'olio.
Chissà come sarà una volta che scoperchierò il vasetto? Per adesso riposa in frigorifero, mi ricordo che deve avere il tempo per macerare e insaporirsi.
Rafano è il suo nome italiano mentre cren è usato in Veneto e Friuli. In ogni caso le radici che ho trovato venivano dall'Austria.
Io l'ho lasciato al naturale ma mia mamma mi ha ricordato che nonna metteva anche un po' di pane e a volte uno spicchio di mela, per addolcire un po' la salsa.

-ricetta-
radici di rafano o cren
aceto bianco
olio evo
sale in fiocchi
Sbuccio la radice di cren, la mia pesava circa 300 g.
Prendo una grattugia molto tagliente e lo grattugio, vi consiglio caldamente di proteggervi gli occhi con una mascherina, ideali quelle che si usano per nuotare che isolano gli occhi ermeticamente. E magari di farlo all'aperto, perché anche respirare gli effluvi piccanti col naso non è il caso.
Una volta macinato tutto lo condisco con un pizzicone di fleur de sel e un filo d'olio. Metto anche l'aceto sino a formare una salsa cremosa e verso la conserva in piccoli vasetti che conservo ben tappati in frigorifero, per diversi mesi. Tenete comunque conto che ha bisogno di un certo tempo perché i sapori si possano amalgamare.


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