La necessità aguzza l'ingegno. Chissà in quanti abbiamo in frigorifero avanzi di salmone affumicato.
A volte intere baffe, che sono bellissime ma impegnative da consumare.
E allora eccomi a interpretare un grande classico della cucina anni 80, la pasta col salmone. Solo che stavolta ho voluto insaporirla con tante zeste di agrumi misti: mandarini, arance e lime e un po' del loro succo diluito in pochissima panna e acqua di cottura della pasta, per vestire meglio le penne.
Sono sicura che sarà un piatto apprezzato anche da amici che solitamente non gradiscono il pesce, ho infatti scoperto che in versione affumicata piace più o meno a tutti, quindi mi sento libera di interpretare alla mia maniera le classiche pennette con salmone.
Dosi per 4
-ricetta-
350 g pennette
150 g salmone affumicato e tritato
100 ml panna fresca
1 porro
1 mandarino, 1 lime, 1 arancia
25 g burro
sale, pepe
Pulisco e affetto sottilmente il porro, utilizzando anche un pezzo della parte verde, che mi serve per dare un po' di colore in contrasto al salmone.
Sciolgo il burro in una padella capiente, la stessa che mi servirà per saltare la pasta, e quando sfrigola metto il porro, lo salo e lo faccio appassire dolcemente, aggiungendo eventualmente un filo d'acqua.
Intanto metto a scaldare la pentola con l'acqua salata per cuocere le penne.
Dalla buccia ben lavata degli agrumi ricavo sottilissime zeste, oppure le grattugio con la microplane. Spremo un cucchiaio di succo di ciascuno.
Trito il salmone e lo verso nella padella col porro appassito, aggiungo i succhi degli agrumi e spadello per 3', versando per ultima la panna che faccio solo scaldare senza cuocere.
Scolo le pennette e le verso nella padella, la scuoto per mantecare e rivestire la pasta di condimento, aggiungendo un po' di acqua di cottura e le zeste degli agrumi.
Spengo e porto in tavola con del pepe nero.
Ottimo l'abbinamento con un bianco come lo chardonnay 100% La Bora di Kante, vendemmia 2006, IGT Venezia Giulia, elegante, profumato e sapido. Lui lavora il vino fermentandolo e affinandolo in barrique e poi prosegue il suo affinamento per altri 4 o 5 anni in acciaio, cosa che lo rende molto equilibrato tra le note speziate dovute alla vinificazione in legno e la mineralità insita del vino. Un prodotto non filtrato che in bocca, in una degustazione alla cieca, non rimanda a origini italiane. I vini di Kante sono abbastanza particolari, li amo molto e ringrazio l'amico Max che, in vacanza in loco, ne ha acquistate alcune bottiglie.
L'etichetta davanti è una foto suggestiva che mostra il più famoso molo triestino, l'Audace, sferzato da ondate d'acqua (perché spazzato dalla bora), quindi vi metto la posteriore che descrive almeno un po' il vino, dato che blogger mi impedisce di aggiungere più di 5 foto.
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