giovedì 8 dicembre 2011

Porri di Cervere in minestra di trippe e ceci

Sabato 19 novembre siamo stati in gita nel Roero, storica zona del Piemonte tra astigiano e cuneese, il fiume Tanaro funge da confine tra questo e le Langhe.
Terra di grandi vini e grandissimi prodotti del territorio, le sue Rocche dominano tra il paesaggio collinare, deve il suo nome alla famiglia dei Roero, possessori di un'antica casana astigiana, che lo colonizzò dopo il Medioevo.
I centri di principale interesse sono Canale e Bra, famosi per la produzione di formaggi e salumi e, spostato un poco più a sud-ovest c'è Cervere, che non è nel Roero, ma i cui prodotti arrivano sino ai mercati langaroli e del Roero.
Ovviamente ho fatto incetta di pregiate leccornie presso i formaggiai di Canale e ho anche acquistato, da un macellaio che già l'anno passato mi colpì per la qualità delle carni in vendita, la famosa 'salsiccia di Bra', un insaccato a base di carni magre di bovino e grasso di maiale che pertanto si può o meglio si DEVE consumare cruda. Per i curiosi...leggete qui http://www.salsicciadibra.it/storia.asp
Ma non solo di salsiccia erano piene le sporte quando sono uscita dal negozio, c'erano anche ottimi salami prodotti localmente da un amico del macellaio, e un gran pezzo si scaramella da bollito, nonchè grigie trippe da abbinare ai porri di Cervere, un bel mazzo dei quali avevo acquistato da un verduraio sulla piazza.
In questo periodo a Cervere, comune della valle Stura famoso per la coltivazione di questi porri fuori dal comune, c'è la fiera dedicata a questo prodotto.
Si tratta di porri lunghi anche fino a 60 cm, sottili e tenerissimi, venduti in grossi mazzi, un prodotto a marchio PAT (produzioni agricole tradizionali), coltivati in terreni limacciosi, ricchi di sabbia fine e calcare, che gli conferiscono un gusto unico, dolce e leggero perchè poveri di cellulosa e lignina, molto digeribili. Se ben conservati si mantengono anche per un mese.
Purtroppo la produzione rimane quasi tutta in loco, i ristoranti nel periodo della raccolta li consumano in abbondanza e i turisti fanno il resto. Ciò non toglie che, se vi capita di vedere mazzi di porri piccoli lunghi e stretti, col cartellino della zona di provenienza, accaparrateveli subito.
Anni fa (ecco che tornano i miei ricordi eno-gastronomici, ma quanti ne ho??) a Dogliani, in occasione della visita a un amico produttore di Dolcetto DOC ma anche di altri pregiati vini, durante il week end di Ognissanti, incappammo nella Fiera dei Santi dove sotto i portici del mercato servono la Cisrà, una minestra di ceci, verdure, trippa e porri cerveresi.
Ho pensato di cucinarli ripetendo quella ricetta che avevo apprezzato in modo particolare.
Una versione in bianco della trippa, davvero unica.
Ovviamente questi porri rendono al meglio anche preparati al gratin dopo averli sbollentati, tagliati a tocchi, conditi con emmental e prosciutto, messi in una pirofila con fiocchetti di burro e poca panna, sale e pepe. Squisitissimi!
Oppure nel classico risotto, che risulterà profumato ma leggero perchè è una varietà molto digeribile, mantecato al Bra duro.
O in pasticcio con la salsiccia di Bra, stufati e quindi messi in una pirofila con tocchetti di salsiccia, una besciamella fatta col loro brodo di cottura e del Bra stagionato grattugiato. Fate gratinare in forno, poi mi direte.
Sulla trippa tornerò in altra occasione, mi sono già dilungata troppo, è un cibo rustico spesso dimenticato e sottovalutato, come succede per quasi tutte le parti del quinto quarto.

-ricetta-
lo stesso peso di trippa, patate e porri privati del verde, per 6 persone 600 g di ognuno
250 g ceci secchi
carota, sedano, rapa, cavolo
salvia e rosmarino
sale, pepe e olio evo

Prima di tutto metto in ammollo i ceci, anche 24 ore prima.
Preparo un trito con una carota, due gambi di sedano, qualche foglia di cavolo, la cipolla, le erbe aromatiche e metto il tutto a soffriggere in una grande pentola con olio evo, quindi aggiungo i porri a rondelle e appena sono appassiti unisco la trippa tagliata a filetti sottili, lascio che si insaporisca bene poi unisco anche  i ceci scolati e le patate pelate e tagliate a tocchetti, copro con acqua abbondante e faccio cuocere, parzialmente coperto, per circa 3 ore, se dovesse asciugare troppo aggiungo brodo caldo.
Dopo un'ora di riposo regolo di sale, macino un po' di pepe e servo in scodelle, come da tradizione.
Volendo si può aggiungere uno spicchio di zucca, sceglietela giustamente saporita.
Riscaldata, questa zuppa è ancora più buona.

L'abbinamento scelto dal consorte, apparentemente ardito, si è rivelato vincente. Un Amarone della Valpolicella Classico del 2000, spettacolare la corrispondenza delle note dolci dell'uno e dell'altra. Gli amici che hanno condiviso con noi l'hanno giustamente apprezzato.

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